E’ morta Judith Malina, anima del Living Theatre. Un ricordo.
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Oggi è un giorno triste per il Teatro perché è morta una delle sue anime più belle e rappresentative, Judith Malina, fondatrice con Julian Beck del Living Theatre.

Il suo lavoro ha inciso profondamente nella mia vita di studiosa, l’ho seguita in molte occasioni, sono stata con lei a Rocchetta Ligure per intervistarla, ho catalogato i materiali video dell’archivio italiano, ho discusso diverse tesi su di loro e infine ho scritto un libro Frankenstein del Living theatre con una introduzione di Judith. Ho organizzato convegni, incontri, presentazioni e la segui per molte tappe del suo tour quando fu pubblicato THEANDRIC su Julin Beck dalla casa editrice Socrates di Fabrizio Pozzilli.

Come omaggio vorrei riprendere un mio articolo di quando venne alla Spezia. Lei e Hanon Reznikov lessero alcuni brani dal loro storico spettacolo ANTIGONE e poi lei lesse alcune poesie dal suo libro LOVE AND POLITICS: mi fece una dedica che ho nel cuore:

For Anna Maria
who has understood so much
of what we are trying to do

Qualcosa nel teatro oggi si è interrotto inesorabilmente.

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31 luglio 2003

Labirinto dell’immaginario è un reading poetico molto speciale con poesie di Reznikov, Malina e Beck; aveva debuttato a Napoli, Castel Sant’ Elmo, a luglio, in occasione della omonima mostra-omaggio a Julian Beck, ideata dalla Fondazione Morra

Inizia una raggiante Malina con una sua poesia tratta dalla recente raccolta Love and Politics, in cui la visione libertaria della vita genera una nuova classicità:

While off the isle of Cyprus in a boat,
I saw the heaf of Aphrodite afloat,
And told her I’m an Anarchist and do not vote.
She answered, “That’s all right”.
(…)
“Oh stay!” I cried. “There are so many things
we should discuss: the power of unnecessary kings,
The sexual oppression of which Sappho sings…”
But she sank out of sight.

Ancora ricordi in forma di poesia di Julian Beck tratti dal suo testamento poetico e postumo, La vita del teatro, letti alternativamente da Reznikov e Malina.
Malina interrompe le letture per spiegare il significato del “teatro politico” secondo il Living e l’eredità che ha raccolto dal maestro Erwin Piscator, “il cui pensiero ha toccato le sperimentazioni sulle forme artistiche contemporanee”. Malina amava molto le costruzioni scenografiche “tecnocratiche” di Piscator, ricche di strutture a più piani, di pareti di proiezione per diapositive o film: “Oggi forse avrebbe fatto spettacoli con ologrammi!”. Il vero lascito di Piscator secondo Malina è che “oggi il teatro si può fare ovunque”; grazie alla sua idea di “teatro totale”,

tutto quello che facciamo nella nostra vita quotidiana è davvero un momento di teatro, ma non nel senso che è finzione ma che è azione drammatica, rinnovato e consapevole modo di essere.


Ancora sull’impegno dell’attore, seguendo il pensiero di Piscator Malina ricorda:

Il lavoro del regista è effimero, il lavoro dell’attore è nella testa; quando un attore entra in scena qualcosa succede, c’è un senso elevato in questo comunicare a teatro con altre persone, è un modo più intenso di vivere, è come vivere un più alto senso di realtà. Dobbiamo avere qualcosa di importante da dire, qualcosa di bruciante per noi, non ci deve essere culto della personalità né egoismo.

C’è una frase di Piscator che Malina cita nel suo diario datato 1947-1957 e che mi piace ricordare: “Vorrei fare di ogni attore un pensatore e di ogni drammaturgo un combattente”.
E racconta la scoperta “della bella storia degli anarchici” da cui ha appreso “come è possibile organizzare tutta la nostra vita da un altro punto di vista che non sia quello del potere e del profitto” e che ha portato lei e Julian Beck a quella forma di “rivoluzione permanente” che è il loro teatro, “teatro migliorativo”, “teatro della consapevolezza sociale”. Pochi minuti per sintetizzare una vita e un’idea di teatro ancora “living” da 56 anni. Vengono in mente le migliaia di riflessioni sul pacifismo, sulla libertà, contro la guerra e tutte le forme di oppressione e prigionia che animano i diari suoi e di Beck, le “notes” agli spettacoli, alcuni dei quali mai pubblicati o mai tradotti in italiano, altri resi pubblici da piccole case editrici anarchiche.

Il diario 1947-1957 di Malina offre una testimonianza straordinaria sulle vicende personali e storiche, un interessante mescolarsi di letture interiori, riflessioni sugli eventi quotidiani, squarci degli avvenimenti dell’epoca. La ricerca del lavoro e la ricerca di uno spazio dove aprire un teatro, la scelta del repertorio, la nascita del figlio Garrick, la conoscenza di William Carlos Williams, Allen Ginsberg, Jackson Mac Low e ee cummings, l’uccisione di Gandhi il 31 gennaio 1948, il timore di un nuovo conflitto mondiale in pieno clima di guerra fredda, l’ondata anticomunista e le leggi restrittive di Joseph Mac Carthy sull’attività sindacale e sull’attività politica, la Bomba H fatta esplodere in un atollo del Pacifico che quasi convinse Beck a partire per l’Europa, il costante timore di arresti per il proprio credo politico, la guerra in Corea, l’arresto durante una manifestazione pacifista insieme con Doroty Day del sindacato dei lavoratori Catholic Workers, la descrizione delle condizioni delle detenute e del livello di solidarietà e di aggregazione.


Con Hanon dànno poi, sul palco, corpo e voce attraverso la poesia, all’immagine anarchica di Utopia che “non sta in nessun luogo perché non è un punto ma una linea dove dirigersi” e sorprendono il pubblico con la decisione di mettere in scena anche alcuni brevi frammenti dell’Antigone, considerato universalmente lo spettacolo-manifesto del pacifismo. Vengono in mente i recenti bombardamenti sull’Iraq in nome dell’Impero.
Ci piace riportare la sequenza del dialogo tra Creonte e Antigone nella traduzione di Judith Malina (New York, Applause Theatre Book Publishers, 1990) recitata in inglese alla Spezia:

KREON
Do you admit or you deny that you did it?

ANTIGONE
I say that I did and I don’t deny it

KREON
Now tell me, and be brief:
are you aware of what was announced
in the open city about this particular corpse?

ANTIGONE
I knew it. How could I help you. It was clear enough.
(Guarda intensamente il pubblico e coglie il singolo sguardo dello spettatore)

KREON
And yet you dared to break my law?

ANTIGONE
Just because it was your law, a human law,
that’s why a human being may break it – and
I am just as human as you and only slightly more
mortal. And if
I die before my time, I think it’s
because it has its advantages; when you’ve lived
the way I have, surrounded by evil, isn’t there some
slight advantage in death? And further, if I had my mother’s
dead son lie unburied
that would have made me unhappy; but this
does not make me unhappy. And if seem crazy to you
because I fear the judgement of heaven,
which hates the bare sight of mangled bodies,
and I don’t fear your judgement,
then let a crazy judge judge me.

KREON
The toughest iron yelds
and loses its stubbornness, tempered
in the ovens. It happens every day.
But this one here enjoys
making fun of the laws of the land.
And to top this impertinence, now that
she’s done it. I hate that: when somebody’s
caught in a crime and tries to make it look pretty.
And yet, though she insults me in spite of our family ties,
I’ll be slow to condemn her because of our family ties.
Therefore I ask you: since you did it in secret
and now it’s out in the open, wouldn’t you say,
to avoid severe punishment, that you’re sorry you did it?
Tell me why you’re so stubborn.

ANTIGONE
To set an example.

KREON
Doesn’t it matter to you that I have you in my hands?

ANTIGONE
What more can you do to me, since you have me, than kill me?

KREON
Nothing more. But having this, I have all.

ANTIGONE
What are you waiting for? I don’t like
what you’re saying and I won’t like what you’re going
to say.
And I know you don’t like me either.
Thought there are those who do, because of what I did.

KREON
So you think there are others who see things as you do?

ANTIGONE
They see it too and they are moved by it
(indicando il pubblico)

KREON
Aren’t you ashamed to claim their support without asking?

ANTIGONE
There’s nothing wrong in honoring my brother.


Malina termina con il ricordo in forma di poesia, dell’incontro con il suo principe, Julian Beck, quando ancora diciottenne lavorava in una lavanderia e sognava l’Arte del Teatro:

Every one of the cleaning women
dreamt of something else
when she was seventeen.
They smile, they joke, they sigh,
in their smocks and comfty shoes –
They try not to recall the plans
for a miracle or a marriage.
(…)
When I was eighteen and worked
in the laudry counting
the dirty wash, I dreamed
that the prince would come.
And he come. And that my talent and ardor
woud rescue me from listing:
Five napkins – 8 pieces underwear –
rescue, and lead to a privileged life.

And I was the fortunate one,
leading a privileged life – rescued
from smock and broom, and now my friends
ask me why I’m so sad when I see the cleaning women
laughing as if it were nothing.

“You and your Jewish guilt”
“But somebody has to do it”.

But every one of the cleaning women
dreamed that it wouldn’t be she.


Alla fine dello spettacolo Judith e Hanon raggiungono il foyer interno del teatro dove sono stati ricavati i camerini e dove sono raggiunti da una telefonata in diretta da Radio 3 per un’intervista.

Portovenere-Le Grazie, 1° agosto 2003

Abbiamo appuntamento alle 19 all’Hotel Paradise a Portovenere, che ha una splendida terrazza sul Golfo; porto il liquido per le lenti a contatto che Hanon mi aveva chiesto per telefono la mattina; il personale dell’Hotel chiede loro il permesso di fare una fotografia. E in disparte a me, di scrivere i loro nomi su un foglio.
Dico a Judith e Hanon che la serata della Spezia era stata davvero emozionante per tutti e che il pubblico aveva partecipato con passione sincera: “Molti ci hanno detto questo, c’era in effetti un clima particolare”.
Iniziamo a parlare dell’attualità dell’Antigone, per rilanciare il significato urgente della pace. Sull’attualità del testo di Sofocle Malina ci dice che

è sempre il tempo giusto per fare Antigone perché le guerre sono sempre in corso. Era il tempo giusto per l’Antigone quando ci avevano chiamato in Israele nel 1982 e scoppiò la guerra in Libano; era il tempo giusto per un’Antigone «clandestina» quando negli anni Ottanta eravamo in Polonia ad appoggiare il gruppo di Solidarnosc e Havel era in prigione. Con tutti i problemi del mondo non c’è però motivo di perdere la speranza.

Mi parlano con entusiasmo della grande mostra di Napoli, del catalogo “grande come un elefante” che la Fondazione Morra ha realizzato per l’occasione. Oltre ai materiali storici ci sono installazioni visive e sonore di artisti contemporanei, mentre fino a settembre il programma prevede performance, concerti legati alla memoria, diretta o indiretta, del Living Theatre e di Julian Beck. Porteranno alcune di queste opere anche a New York, nel nuovo spazio che stanno costruendo: