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Non viaggio senza terabyte. Ritratto di Vuk Ćosić. Con intervista (pre Covid-19).
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Lubjana, 20 gennaio 2020

Vuk Ćosić (Belgrado 1966) dagli anni Novanta è quel un “network culturale” che opera neanche troppo sotterraneamente, per contrastare i poteri occulti della rete attraverso azioni di critica via digital art; entrato di diritto nell’Enciclopedia dell’arte (alla voce “net art” di cui è l’indubbio fondatore) sa di essere il guru o meglio il portavoce di una certa scena alternativa e attivista che, non solo in Slovenia dove lui vive, l’usa l’hacking come forma di collisione col sistema. Lo puoi incontrare a Ljubjana in pieno centro, nel locale Pritlicje che è un po’ il suo “headquarter” e che è anche uno spazio culturale cittadino con eventi musicali, incontri, mostre.

La città di Lubjana è in corsa per il titolo di capitale europea della cultura 2025 dopo aver conseguito il titolo nel 2016 di European Green Capital; il Ministro della cultura ha chiamato Vuk Ćosić nel team direttivo, considerata la simile esperienza da lui fatta in precedenza per Gorizia. In questa intervista ci racconta cosa ne è stato dell’euforia per la net. art degli anni Novanta, cosa è diventata dopo la sua gloriosa ed “eroica” fase di rottura, ci racconta alcuni suoi recenti progetti, ci spiega che vivere la propria vita senza imposizioni della società è la prima sovversione da attuare. Ed enuncia i principi dell’Arte libera. Tutta.

NO CV

Forse guru non è esattamente la definizione migliore per un artista che predilige l’orizzontalità nella progettualità; probabilmente anche la definizione di net artist o pioniere dell’Ascii art è esausta (“i curatori e i galleristi insistono sui quei pezzi che mi definivano così, questo non mi annoia ma neanche mi eccita”) ma di certo un’intera generazione di artisti e di attivisti ha lui come punto di riferimento, cosa di cui peraltro, è perfettamente consapevole. La sua personale sfida quotidiana al sistema produttivo neoliberista è la risposta più concreta alla mai tramontata utopia di Arte-Vita: Ćosić ha levato il CV dal suo sito, si è lasciato alle spalle l’idea di una carriera e della conseguente dimensione piramidale, verticistica tipica dell’organizzazione occidentale dell’impiego che impone massima pressione produttiva e inerzia intellettuale (sic). Ha scelto piuttosto la via della libera espressione, in una dimensione di arte come libertà, attuando la sua personale TAZ, con un riferimento non incidentale a Hakim Bey. Uno dei risultati di questo impegno completo e totalizzante per la comunità è stato il suo apporto alla riscrittura della legge sui media:

Quando penso a questi due modi di esistere, da artista o da persona che insegue una carriera, con un CV in vista per un posto di lavoro subordinato, penso che questa seconda cosa mi annoia, mi porta via tempo alla vera vita. Non sono stato il primo a prendere questa decisione e non voglio fare di me un maestro per gli altri, è una scoperta vecchia, ma ho preso molto sul serio queste idee situazioniste.  Ciò che erano i sogni e le proposte radicali e rivoluzionarie delle generazioni precedenti è diventata l’infrastruttura fondamentale del mio pensiero e sono assiomi che ormai non discuto più, perché per me sono già accettati su questa base di libertà.

Vuk Cosic The ASCII conversion of the famous porno film Deep Throat..

Se puoi vivere senza arte, non fare arte

Io non vivo di arte, posso decidere di fare arte, di non farla; posso decidere di buttarmi a fare un pezzo per un museo, on line… Non è un privilegio, è una disposizione personale ed etica. Non potrei mai lavorare all’interno di un sistema commerciale o stare alle dipendenze di qualcuno, impegnarmi per fare carriera: non sarebbe onesto per i miei principi.

La trasmissione delle idee.

Sono serio. Faccio un grande sforzo per sviluppare una scena, una comunità, questo richiede lavoro, convegni, stampa. Documenta Done (1997) più di altri pezzi artistici ha influenzato molta gente, molti amici artisti. Come negli aneddoti cubisti non si sa se è stato Picasso o Braque a dipingere la prima chitarra astratta ma era di tutti loro perché tutti si vedevano, si incontravano…. Documenta done ha influenzato Eva e Franco Matteis, loro sono bravissimi, hanno visto questo gesto e hanno creato un “modo loro”, con le idee loro, in un’altra direzione.

Vuk Ćosić, Documenta Done, part of the exhibition “Net-art per me” at the Slovenian Pavilion of the Venice Biennial, 2001. (dal sito https://anthology.rhizome.org/documenta-done)

I Media Artist che leggono il manuale e quelli che inventano l’utilizzo dei Media

Media art può esistere in due modi principali:

Ci sono i media artist che leggono il manuale e quelli che si rifiutano di leggerlo e inventano l’utilizzo dell’infrastrutture, hardware…Quelli che si conformano al manuale sono artisti decorativi, accettano di partecipare al rito di vendita dei suddetti “aggeggi” e quasi a priori non possono essere interessanti, quelli che si rifiutano di leggere il manuale hanno un vantaggio e una posizione in più: nella mia concezione hanno una posizione molto più onesta. Non è una divisione “super giusta” (ndr sic), mi rendo conto, ci sono altri modi di fare media art.

L’Accademia può essere un buco nero per la formazione.

Sono cambiate le forme della conoscenza.  Molti docenti arrivati al vertice della carriera finiscono lì, non vanno avanti con le ricerche. Essere intellettualmente statici non è solo un danno per l’Accademia, ma è dannoso per le generazioni di giovani che passano sotto i tuoi “coltelli” (ndr qualunque sia il significato di questa metafora è un’immagine talmente fantastica che non me la sento di cambiarla).

E poi la logica è: se hai un professore d’arte di questo genere che non va avanti e la scuola permette queste cose, allora la scuola diventa un buco nero nel sistema di educazione. E i giovani non hanno alcuna chance di cambiare.

Progetto Undeleted. Reconstructed portaits of deleted fellow citizens of Ljubljana. L’ “Olocausto burocratico” e quello ebraico nella Slovenia indipendente e l’hacker art.

Vuk ci parla di una sua azione hacking (sintetizzata mirabilmente nel verbo to undelete cioè “riportare virtualmente indietro”) che ha messo sotto i riflettori di molti media anche la tragedia dei “cancellati”: in Slovenia dopo l’indipendenza (1991) le popolazioni etnicamente non omogenee persero la cittadinanza sulla base di un meccanismo burocratico poco chiaro. I cittadini  delle altre repubbliche dell’ex stato federativo jugoslavo (Serbia, Montenegro, Croazia, Macedonia, Bosnia-Herzegovina) dovevano far richiesta di essere inseriti nel registro della residenza permanente e molti per ragioni diverse, non avevano fatto domanda e si ritrovarono “cancellati”; gli “izbrisani” non avevano più diritti civili e sociali, erano stati “deportati virtualmente” (per chi volesse saperne di più un ottimo resoconto su Balcani e Caucaso https://www.balcanicaucaso.org/aree/Slovenia/Cancellati-in-Slovenia-una-questione-europea-31560)

Quello che Vuk definisce un Olocausto burocratico riguardaun episodio poco conosciuto della Storia della Slovenia, una vicenda non proprio candida e che ebbe conseguenze tragiche per molti, deportati e uccisi o privati dei diritti primari; l’azione di Vuk è simbolica e politica e punta il dito contro le politiche nazionaliste post indipendentiste e sull’Olocausto ebraico in Slovenia prima delle famose Pietre d’inciampo dell’artista tedesco Gunter Demnig:

E’ un’azione collegata alle 25 mila persone che lo stato sloveno ha cancellato dalla cittadinanza all’epoca dell’indipendenza. Erano dei sans papier. Vite rovinate, e molti sono stati i morti per questa pratica che non ebbe mai un consenso nazionale. E’ una macchia sulla coscienza e sulla reputazione slovena. Fu un Olocausto burocratico e io ho voluto per questo motivo, fare un collegamento con l’Olocausto vero, quello degli Ebrei. Il centro culturale ebraico di Lubiana mi aveva chiesto di fare qualcosa per la memoria, e ho creato qualcosa di complementare con l’artista tedesco che ha realizzato Pietre d’inciampo, e con il tema dei “Cancellati”, degli invisibili. Infatti con Undeleted io rifaccio i ritratti che provengono dalle lettere delle vittime ebraiche che vissero qua, anche di quelle di cui non avevo le fotografie ma le ho ricreate attraverso ricerche in internet con assonanze col loro nome. Dalle informazioni ottenute ho fatto una media con un programma di Intelligenza Artificiale: queste immagini venute dal nulla delle persone che nessuno conosceva, di cui non si aveva traccia, proprio come i “cancellati” sloveni, sono state stampate vicino alle case dove erano vissuti. Li ho virtualmente riportati nelle loro strade per farli vedere ai vicini. C’era nome cognome e campo di concentramento. Usavo il giallo della sottolineatura di Word, quel giallo che era lo stesso usato sui vestiti per discriminare proprio le persone ebraiche.

HHSA  “Hardcore” Hot Spot Art: READ MORE project.

Sto giocando con gli hot spot.  Ognuno di noi dovrebbe combattere questa mutazione di internet da spazio di libertà a spazio di paura. Non puoi visitare un sito che sai già quali entità statali ti controllano, e tu cosa puoi fare? La cosa che per me era “sexy” (ndr non mi sento di correggere il “Vuk style”J ) già dall’inizio è stata la libertà di condividere contenuti senza interferenza, senza burocrazia corporativa- statale- artistica. Questo è il primo mattoncino Lego non complesso da cui cominciare.

Secondo mattone Lego è il modo con cui “marchiamo” i luoghi in cui è successo qualcosa di importante (qualcuno è nato, qualcuno è morto, ci sono le date dei vari eventi nazionali); di solito le nostre “pietre funerarie” o luoghi della memoria collettiva contengono sempre la stessa cosa: si celebra un uomo violento, il monumento è fatto di marmo o bronzo e ci sono due frasi veloci, come un twitter che spiegano cosa ha fatto. Le solite frasi: “Solo i vincitori scrivono la Storia bla bla bla”, non mi bastano. Devo sapere. Essendo “digital” credendo nell’accessibilità del sapere penso che manchi il bottone READ MORE! E questo sarà il mio prossimo “contributo all’ umanità”: una ricetta per READ MORE ai monumenti del passato. Mi sono appassionato a questa cosa da circa 5 anni e ho fatto una mostra READ MORE per l’anniversario del movimento DADA esattamente a Zurigo al Cabaret Voltaire. Ho lasciato un hotspot dove potevi scaricare riviste dada, pubblicazioni usando wifi. Questo è un attributo aggiuntivo di conoscenza che vogliamo lasciare per marcare un territorio.

Non giro mai senza terabyte

Tutto è iniziato nel 2015 con una residenza a Cuba in una ex piantagione di caffè dove alcuni proprietari francesi volevano ristrutturarla per farne un centro culturale, snaturandola, cambiando il senso della storia coloniale, della schiavitù. Come contrapposizione volevo fare un museo della schiavitù invisibile, mettendo a disposizione i miei contenuti, filmati, storie. Io non viaggio mai senza terabyte. A Cuba ci sono i “paquete semanal” ovvero l’internet off line (ndr A causa delle restrizioni su internet a Cuba milioni di persone acquistano e scambiano un contenuto digitale corrispondente a un terabyte con film da you tube, versioni off line di siti popolari). Ho visto il contenuto di questo “paqueto semanal” e ho pensato di fare un “pacchetto eterno” e ho portato le opere complete dei miei registi preferiti. Una cineteca completa, e l’ ho lasciata ad Havana. Ho corretto così, una superficialità culturale.

Dalla fase eroica della Net.Art al manierismo della Post Internet Art.

Come per tutti i movimenti di avanguardia c’è un periodo eroico, (espressione che appartiene alla Storia greca ma lo usiamo anche per il Surrealismo dal 1925, che era il periodo eroico di quella storia dell’arte); da archeologo vedevo una bellezza in questa citazione e anche noi con la net.art abbiamo vissuto un periodo eroico dal 1995 al 1998. https://anthology.rhizome.org/ Ogni movimento di ispirazione d’avanguardia ha un momento dirompente, che si esprime durante il periodo eroico e non si vedono le conseguenze di questa rottura ma solo il potenziale. Si propongono le nuove idee da “pazzoidi”, ma questo tipo di attività richiede una dedizione maniacale, totale, affatto egoista, dove la gente usa se stessa come carburante per processi storici collettivi, come accadde negli anni Venti in Spagna. Non pensi a te, hai una missione più importante da compiere. Questo dirigeva le nostre mosse e le nostre forze. Gli eroici erano gente con passione. Dopo, quando le nostre domande, le nostre proposte erano state lanciate, e il nostro contributo era stato articolato, rilasciato nel mondo, il nostro ruolo era compiuto. Come il DADA, come il PUNK.

Olia Lialina “Aghataappears” 1997 | Internet art, 

 Job was done!

Dopo il 1977-1978 non puoi più parlare di punk; io facevo fanzine negli anni Ottanta ma mancava il contesto di prima, non si trattava più di quell’atto là, era solo manierismo; individualmente era necessario per tutti i giovani che cercavano di appartenere al movimento ma dal punto di vista della storia dell’arte l’unica cosa che conta è il primo gesto, quello fondativo,  di proporre un’estetica nuova, una poetica, una proposta seria.

Questo è successo: negli anni Novanta noi abbiamo fatto il nostro job.

Snwoden sarebbe uno dei nostri

Visto da un punto di vista radicale e d’avanguardia quella della Post Internet Art è pura arte decorativa, per decorare appartamenti di collezionisti, per ricchi dentisti e avvocati. Come se il compromesso facesse già parte della proposta primaria e questa è la differenza. Noi cominciavamo il dialogo con l’arte, col mondo dell’arte (e con la polizia) e si cercava un compromesso e si trovava. Non era impossibile, ma cominciavamo da una posizione seria, molto rigorosa. Snowden sarebbe uno dei nostri.

Questa Post internet art se si può generalizzare, stava già pensando sin dall’inizio al compromesso, e questo ha “compromesso” (ndr, interessante gioco di parole J) la loro posizione, e questo è il motivo perché non se ne parla. È un tipo di arte che non può influenzare altra arte.

Non sono così importanti come JODI. Noi abbiamo avuto muri da abbattere e questo destino non è capitato alla seconda generazione: loro hanno deciso di rimanere dentro le nostre parentesi stilistiche e metodologiche. Come accadde per il cubismo: era choccante prima del 1915, dopo la guerra non aveva più senso, era come l’arte della Belle Epoque.

Nella Post Internet Art è accaduto quello, è una nuova net. art con nuovi mezzi, cloud owness; un’arte liberata dalla preoccupazione della società, del capitalismo. Loro, gli artisti, partecipano volentieri a riempire le gallerie, decorare appartamenti di gente ricca. Ma non hanno reagito su Snowden.

 L’arte delle anticamere

Sono una minoranza quelli che fanno Post internet art e si occupano anche di tematiche sociali. Per il resto quell’arte è chiusa nelle anticamere delle gallerie, nelle sale di attesa, nelle gallerie commerciali e chi la fa sono persone ben vestite, abbottonati e carini. Esiste un mercato della Net.art, alcuni lavori sono ormai “storici”, la mia generazione non ha bisogno di un gallerista ma i più giovani sì, hanno bisogno di un’altra strategia, devono combattere per avere uno spazio, per essere di interesse per le Fondazioni.

I tre piani del Fare Arte

Personalmente quando cerco di lanciare il compass etico del mio coinvolgimento con l’arte, il mio modo di fare arte spiego – prima a me stesso e poi agli altri – il lavoro in tre piste. Sono tre i modi, i livelli, i piani del fare arte:

Il primo è Art for artists, il livello più vicino al cuore, e questa è l’arte “seria” che mostro agli altri artisti, sono idee per i progetti di cui parlo con quelli vicinissimi tra gli amici. Arte per gli artisti vive di solito on line o nel mio appartamento.

https://anthology.rhizome.org/documenta-done

Poi c’è Art for gallery. E’ lo spazio per adattare le creazioni fuori dalle mie esigenze. Non c’è nulla di male e i compromessi sono accettabili, facili per lo più.

Infine c’è Arte per i collezionisti non c’è alcuna creatività, nessuno elemento artistico, bisogna evitare compromessi se si può, tenendo le cose separate (ndr tra chi commissiona arte e chi la produce).

Ovviamente nel primo punto è più facile sapere dove indirizzare le vere energie, convogliare le priorità. So come mi devo sentire.

Ci sono dialoghi diversi tra i tre livelli di Arte: il primo è rispettoso profondo, di grande rilevanza artistica, con scambi con altri artisti che stimo; il secondo è uno scambio con “albergatori”, gente che ha le chiavi di uno spazio, possono essere professionisti, e aprono le porte.

I collezionisti sono gente in agonia, sono persone con i bisogni speciali, un mondo che definitivamente richiede aiuto: bisogna trattarli con freddezza. Il dialogo a questo livello avviene in tornei di bridge…..

Nella pratica, nella realtà quotidiana parli con il collezionista finale ma hai sempre un mediatore che ti prende il 50% , ti promuove, fa un grande lavoro…Ma preferirei 60-40 ….:-)

La vera arte è l’ Arte per Artisti, è possibile trovarla anche nella seconda situazione, ma mai nella terza (Arte per collezionisti).

La Chute / The Fall, Boris Labbé (FR)-Ars Electronica 2018- Award of Distinction
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As celestial beings descend to Earth vitiating its population, the world’s order unbalances. Initiated by these terms, a tragic fall leads to the parturition of crucial opposites: Hell and Heaven’s circles.

 

Boris Labbé got the inspiration for his film from reading Dante’s Divine Comedy, but it isn’t an adaptation. In fact, the work gives a sensation of being an amplified imaginary creation that draws upon art, myths, and the history of mankind. The artist was clearly influenced by Bosch’s The Garden of Earthly Delights, Bruegel’s The Fall of the Rebel Angels, Botticelli’s illustration of Dante, Goya’s The Disasters of War and Henry Darger’s In the Realms of the Unreal. With La Chute Boris Labbé continues his experimental research with a new sense of narrative, and pursues his work around loops, metamorphoses, and the intertwined processes of degeneration and regeneration.

The artist uses traditional techniques combined with computer composition editing. The animated sequences consist of Indian ink and watercolor drawings on paper (21 x 30 cm), approximately 4,000 original drawings were needed to create the whole film. The multilayered compositing as well as the camera movements were made with After Effects during the process. Boris Labbé works with a small team of artists, technicians, and animation students who help him to assume this laborious and non-conventional working process. Parallel to the animation process, the musical composition was created by the Italian composer Daniele Ghisi. He’s worked with database existing music, mainly string quartets, edited digitally in a complex multilayered electronic music composition.

Biografie:

Boris Labbé (FR)Boris Labbé (FR). After obtaining a DNAP (National Diploma in Visual Arts) at the School of Art and Ceramics in Tarbes, Boris Labbé continued his studies at EMCA – École des Métiers du Cinéma d’Animation in Angoulême, where he produced numerous projects, including Kyrielle, awarded with the Special Jury’s prize for Graduation Films at the Annecy International Animated Film Festival in 2012. Simultaneously, he developed his work as an artist and film director. He spent one year as an artist member at the Casa de Velázquez in Madrid, Academy of France in Spain. Later on he started his collaboration with Sacrebleu Productions and directed the short films Rhizome (2015), which was awarded the Grand Prize at Japan Media Arts Festival in Tokyo, and the Golden Nica at Prix Ars Electronica in Linz. La Chute (2018) was selected for special screenings at the 57th Semaine de la Critique, Cannes Film Festival.

Credits:
La Chute (The Fall) is an animated short film directed by Boris Labbé and his second collaboration with Sacrebleu Produtions after his last project Rhizome (Golden Nica, Prix Ars Electronica 2016, Computer Animation, Film, VFX).

Produced in France by Sacrebleu Productions, in association with Boris Labbé, La Chute received support from CNC, Ciclic Animation, Fondation Jean-Luc Lagardère, Strasbourg Eurométropole, France Télévisions, and Procirep – Angoa and Sacem.

Director: Boris Labbé
Music: Daniele Ghisi, www.danieleghisi.com
Producer: Sacrebleu Productions, Ron Dyens
Animation: Boris Labbé, Armelle Mercat, Hugo Bravo, Capucine Latrace
Animation trainees: Claire Boireau, Edgar Collin, Johann Etrillard, Jean Gégout, Alexis Godard, María José Suárez
Compositing: Boris Labbé, Sami Guellaï
Calibration: Yves Brua
Mixing: Régis Diebold

BIO

Graphic artist from his beginning, Boris Labbé has been developing, over the last eight years, an approach in animated video. Experiment after experiment, the film he develops tend to leave the spatio-temporal pattern imposed by the classical cinema, evolving towards video installation devices that include major technological revolutions of the past century, crossed with the latest digital technology generations. All his videos, like a part of the experimental film heritage have the emblem of the palingenesis, concept making both appeal to the loop and regeneration : cyclical return of the same events ; regular reappearance of ancestral characters ; perpetual return to life.

Boris Labbé was born in 1987 in Lannemezan (Hautes Pyrénées, France).
He lives and works between France and Spain (Madrid).
He studied at the School of Fine Arts in Tarbes (ESACT) and in the school of animated film in Angoulême (EMCA) until 2011. Then he was member of the Académie de France in Madrid, as resident at the Casa de Velázquez (2011-2012). After that he was in residence at the HEAR – Haute école des arts du Rhin (oct – dec 2013), as well as at CICLIC Région Centre (apr – dec 2014), and in ESCY in Yssingeaux (nov 2015 – apr 2016) in partnership with the DRAC Auvergne and VIDEOFORMES.

His work has been shown in contemporary art exhibitions in France, Spain, Canada and Japan as well as in over one hundred international film and video festivals.
He received many prizes for his work, so as the Special Jury Prize at the Annecy festival in 2012 forKyrielle, the prize for the Best video installation in roBot festival in Bologna and in the Multivision Festival in St. Petersburg for Danse macabre (2013) among others.
This video installation, exhibited in Montreal (March – May 2016), is now concerved in the Cinémathèque Québécoise collection.

At last, after a short tour around the world and several distinctions in renowned festivals (Annecy, Fantoche, BIAF, CutOut Fest, Stuttgart…), his latest short film Rhizome (2015), produced by Sacrebleu Productions, has been awarded by the Grand Prize at Japan Media Arts Festival in Tokyo and the Goden Nica Animation at Festival Ars Electronica in Linz.

Call for digital artists: Piemonte Share Festival
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Piemonte Share Festival, la mostra italiana d’elettronica, di arte digitale e di nuovi media annuncia il tema del 10 anno consecutivo del premio Share: Sincerità

Bruce Sterling, scrittore, giornalista, editore e critico sarà il direttore artistico della dodicesima edizione del festival.
La nostra società elettronica ha tante virtù, ma l’opacità’, l’inganno e l’oscurantismo sono tra i suoi vizi.
Per l’edizione del 2017 Share festival alza la lampada di Diogene in cerca di opere artistiche e tecniche che siano oneste.

Come fa un opera d’arte ad essere tecnicamente un successo ma nello stesso tempo lucida, chiara ed affidabile?
Come fanno le opere artistiche a togliersi con grazia la mistificazione degli allori, dei fumi, degli specchi e fare di se stesse l’arte della trasparenza?
Come fa l’arte tecnologica a trattare il pubblico con giustizia, equità e rispetto per la sua intelligenza coltivata?
Chi ha il coraggio emotivo di privilegiare una confessione sincera del cuore rispetto alla dominazione dell’artigianato digitale?

Dal 16 Gennaio al 12 Marzo è possibile iscriversi al Premio utilizzando il form di registrazione presente al fondo.
Share Festival si svolgerà a Torino nella seconda metà di maggio 2017. Una Giuria internazionale selezionerà 6 candidati al premio, che saranno invitati a partecipare alla XII edizione del Piemonte Share Festival alla consueta mostra, che si svolgerà a Torino a fine maggio 2017.

Entro i primi di aprile 2017 saranno resi noti i nomi degli artisti finalisti selezionati dalla giuria internazionale, che sarà annunciata entro fine gennaio 2017.

Continuate a seguirci!

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Digital Art in Finland (Suomi)
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Uno sguardo all‘arte digitale in Finlandia, il secondo paese al mondo situato più a Nord, confinante con la Norvegia, con la Svezia e con la Russia, e la cui superficie sta per un quarto della sua estensione al di sopra del Circolo Polare Artico.

Recentemente è la meta preferita di molti artisti e docenti anche italiani per le ideali condizioni di studio, di residenza e di produzione artistica, e in generale la mobilità Erasmus di studenti e docenti di Accademie e Università verso questo Paese Europeo sta aumentando sempre di più negli ultimi anni. La Finlandia è ricercata anche per le molte strutture specializzate in media arts come CARTES -Center of Art and Technology Espoo (che organizza anche un Festival di arte elettronica finlandese, Cartes flux) e in Information Technology come la Tampere University of Technology, l’università finlandese con il più alto numero di exchange students e ricercatori di nazionalità straniera, oltre alla Aalto University, la Kuvataideakatemial’Università di Arte e Design di Helsinki e il Jyvaskyla Polytechnic. Senza con questo dimenticare uno dei festival più interessanti del panorama Europeo performativo, l‘International Theatre Festival Baltic Circle. Chissà se arriveremo mai al modello finlandese di Università pubblica a capitale statale, dove gli studenti non devono pagare le tasse, hanno sussidi e dove si investe riccamente in ricerca….

E’ possibile avere una panoramica della videoarte e della media art che viene realizzata in Finlandia consultando il date base on line ideato dall’associazione no profit AV-arkki nel 1989 per distribuire e dare visibilità ad oltre 170 artisti finlandesi. Si può vedere anche il sito di m-cult, network di associazioni per la valorizzazione della media art finlandese.

Il Museo d’Arte contemporanea KIASMA, inaugurato nel 1998, è  un’architettura singolare di cinque piani nel cuore di Helsinki diretto da una donna, Pirkko Siitari; all’interno viene dato ampio spazio di esposizione a giovani artisti finlandesi, e molte sono le sale dedicate ai nuovi linguaggi, videoarte e arte interattiva.

Marianne Decoster-Taivalkoski

Dopo gli studi in cinema, si è specializzata in Nuovi Media al MA- Medialab dell’Università di Arte e Design di Helsinki dove attualmente insegna Sound and Media. Ha partecipato ad Ars Electronica e Interferenze-Naturalis Electronica edizione 2006. Mi ha mostrato il suo primo lavoro di interactive sound system dal titolo Aquatic (2003).

In questo lavoro sono evidenti i richiami a David Rokeby e alla serie dei suoi Very Nervous System (1983-1995)come è noto, l’opera di Rokeby, una delle più chiarificatrici della relazione tra spettatore e sistema informatico, è costituita da un dispositivo che collega una telecamera che registra i movimenti, un computer, un sintetizzatore e un sound system nel quale lo spettatore è invitato a improvvisare dei movimenti che il sistema trasforma in suoni in un ciclo continuo di stimoli e di risposte.

Anche Aquatic spinge l’utente a giocare con il sistema e a trovare un proprio equilibrio armonico, attraverso il coordinamento dei propri movimenti che generano suoni e musica in tempo reale. I movimenti associati al nuotare e all’immergersi catturati da una webcam nascosta, generano dunque, sonorità marine preregistrate: risacche, sciabordii, gorgoglii. Marianne Decoster ha usato il software VNS di David Rokeby per la cattura del movimento tramite un sensore ottico-video e Max Msp per regolare l’interazione tra i movimenti del corpo ed i suoni associati.

Così Marianne spiega le ragioni del suo lavoro: “Ho cominciato a lavorare sin da subito alla creazione di esperienze multisensoriali in ambienti sonori interattivi. Sono installazioni, spazi vuoti ma sensibili e reattivi al movimento del visitatore. L’ambiente interattivo è progettato in tempo reale dallo stesso visitatore e ogni volta è differente. Io cerco una corrispondenza tra il valore espressivo dei movimenti e la qualità fisica e semantica degli eventi sonori. Il ruolo più importante lo affido all’immaginazione del visitatore, per giocare con sensazioni sinestetiche e immagini sonore, e per costruire un senso di immersione in un ambiente sonoro immaginario”.

E ancora: “Lavoro con i suoni per usare un’estetica poetica che attinga relazioni dai vari campi di percezione. Il mio scopo è stimolare i visitatori/ascoltatori a produrre immagini mentali. Attraverso questa estetica e attraverso la struttura dell’interazione sono invitati ad adottare un’attitudine ludica e creativa. Mi piace lavorare con un approccio sperimentale, testando cioè direzioni differenti del mio lavoro, facendo evolvere progetti per molti anni. Il feedback che mi arriva dai partecipanti alle installazioni per esempio, e l’osservare il loro comportamento, mi aiuta a fare delle scelte nuove e a prendere delle decisioni circa l’interazione e il modo di progettare la forma interattiva sonora. Sto attualmente esplorando gli aspetti performativi di questa installazione.

Quando ho cominciato a sviluppare il concept di Aquatic l’ho immaginato applicato a un contesto urbano, in un ambiente, cioè, con un movimento di persone di diverse provenienze: ho pensato a un terminal del Porto di Helsinki. I diversi eventi sonori che compongono l’ambiente di Aquatic si riferiscono semanticamente ai movimenti prodotti in diversi contesti acquatici: acque calme, anche che scorrono – il fluttuare delle onde- e infine il mare in tempesta. Tutti questi eventi sonori però non appaiono contemporaneamente. Aquatic è uno spazio vuoto pronto da essere riempito, attraversato o esplorato. Parlando di strutture spaziali di Aquatic preferisco parlare di spazio sensibile, che è l’area coperta dai sensori e spazio avvolgente che è tutta l’area fisica che circonda i partecipanti e che è parte dell’installazione”.