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Alla ricerca della felicità! Il nuovo spettacolo di Simone Cristicchi “HAPPY NEXT”. Intervista agli scenografi Francesca Pasquinucci e Davide Giannoni/IMAGINARIUM STUDIO
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Imaginarium studio di Viareggio è ormai la firma visuale di moltissimi concerti di successo e spettacoli d’autore. Se Giorgia si fa intervistare in Tv con indosso la maglietta che ritrae Aretha Franklin in versione pop disegnata espressamente per lei da Francesca Pasquinucci, Max Gazzé lascia a Francesca e a Davide Giannoni di Imaginarium carta bianca per il tour di ALCHEMAYA. Commissionando la grafica del disco, le scenografie per il live tv da Fabio Fazio e quelle per l’Arena di Verona e persino un videogame d’autore…Se non li conoscete ancora, affacciatevi ai siti e ai social del Teatro Verdi di Pisa: l’anima digital pop del teatro d’opera porta la loro firma. Con le scenografie per il nuovo spettacolo di SIMONE CRISTICCHI attingono a piene mani al loro bagaglio visivo super pop colorato che li ha resi famosi, giocando con Lichenstein/Warhol e la tv trash. Illustratori, scenografi, videomaker, musicisti e anche docenti di arte digitale (Alma Artis di Pisa) Francesca Pasquinucci e Davide Giannoni girano il mondo per conoscere artisti e scenografi e provano a portare un’ondata di rinnovamento nello show design italiano di cui iniziano a essere tra gli indiscussi protagonisti.

Li abbiamo intervistati a Viareggio:

  1. Simone Cristicchi torna a teatro con uno spettacolo di prosa, dal titolo HAPPY NEXT Alla ricerca della felicità. Come è nata questa collaborazione?

Simone era rimasto colpito dallo stile di alcuni nostri progetti realizzati per l’opera lirica e la musica pop e nel nostro primo incontro in Versilia, ci ha invitato a creare uno spazio folle per questo suo nuovo testo teatrale sulla ricerca della felicità, un tema a cui stava lavorando da parecchio tempo e sul quale aveva appena finito di realizzare un documentario.

E così eccoci qua. Lo spettacolo si intitola HAPPY NEXT Alla ricerca della felicità, scritto da Simone Cristicchi, Francesco Niccolini e Andrea Rivera, con la regia di Roberto Aldorasi (prodotto da  Teatro  Stabile d’Abruzzo, Centro Teatrale Bresciano e Arca Azzurra), ed è ambientato in uno studio televisivo dove si sta per registrare una trasmissione televisiva in cui si susseguono tutta una serie di cliché caratteristici della tv spazzatura moderna. In questo spazio convivono un presentatore in crisi con se stesso e con i media, una valletta scossa dai suoi problemi, un direttore tecnico invadente ma pronto a tutto, un regista cinico e capace.

HAPPY NEXT è una riflessione ironica, disincantata e al tempo stesso appassionata su come gli uomini siano alla disperata ricerca della felicità, tra abbagli, inganni, speranze e delusioni. Una rappresentazione della superficialità e della speranza e di tutti i loro effetti, con un finale a sorpresa in cui diventano protagonisti un colibrì e sette parole, per provare ad essere davvero felici.

  •  Quali sono le caratteristiche drammaturgiche e strutturali dell’impianto scenografico di Happy Next?

Ci siamo immaginati una scena che fosse essa stessa un personaggio dello spettacolo, una presenza importante dietro e tra gli attori, uno strumento drammaturgico aggiuntivo, vivace e soprattutto vivo. Vivo si intende proprio in movimento. Sì, perché oltre ad essere interattiva (si può salire e scendere sui praticabili, ci si può sedere su sedute improbabili, si possono aprire cassetti, estrarre oggetti, ci sono buchi che ora sono finestre e poi diventano un dispenser di mojito…) questa scena è caratterizzata da singoli elementi che si muovono, mossi a mano, da corde e marchingegni nascosti, intersecati tra i due schermi di proiezioni su cui passano visual creati appositamente nello stesso stile dell’intera scenografia. E’ una scena “fisica”, perché ogni cosa può essere toccata, usata, attraversata e vissuta. Una specie di Luna Park, zuccheroso e surreale, coloratissimo e allo stesso tempo drammaticamente decadente e avvilente.

Per raccontarla, possiamo dividerla in due parti distinte. Il complesso di sinistra, costituito dallo schermo, dalla seduta surreale e trash della valletta e dalla grande saetta davanti alla ruota, è un riassunto di elementi e simboli che riportano in maniera chiara al mondo della tv e degli studi televisivi dove ci sono led wall, sedute per gli ospiti, le grafiche di impatto, le luci dei camerini. La saetta è la nostra antenna pazza, che con i suoi Bla Bla accende discussioni inutili su argomenti di bassissimo livello.

Passando alla parte destra del palco, troviamo un ammasso di finta ricchezza, una cascata colorata ma deprimente, di oggetti iconici riferiti ad una cultura pop di bassa lega. Incontriamo così gli occhi, simbolo di una delle trasmissioni più seguite e più trash della tv italiana e allegoria del mettersi in mostra, la palma che rappresenta le vacanze a tropici da raccontare sui social istante per istante e allo stesso tempo funge da rimando ad un’altra trasmissione trash cult, ambientata su una spiaggia caraibica dove i sentimenti e il sesso sono caramelle alla frutta. E ancora la macchina di lusso, la bocca e la sua sensualità gratuita, il giudizio urlato con o senza megafono, arma principale della “dittatura della felicità”, il Buddha privato della sua religiosità e del suo misticismo, trasformato in mero souvenir di viaggi esotici (tributo alla canzone Magic Shop del mitico M°Battiato). E infine, in mezzo a questa montagna di spazzatura, c’è un barlume di speranza: l’astronauta, simbolo dell’apertura, dello studio, della sapienza, intento a liberarsi con tutte le sue forze da questa massa claustrofobica di “finzione” che lo tiene intrappolato.

Per questo abbiamo dato anche un titolo alla scenografia, “la discarica della felicità”, creando così una sorta di installazione al servizio dell’azione scenica. Tutte le parti visibili della scena non sono pitturate, ma riportano stampe dell’effettivo disegno nato sulla carta. Possiamo quindi definirla una scena che deriva nella sua completezza da un progetto di illustrazione realizzato con pennarello su carta da acquerello.

  • Fino ad oggi, nei vostri lavori sia illustrativi che scenografici, c’è sempre stato un uso massiccio di colore. Qual è il ruolo semantico che affidate al colore?

Il colore è un potentissimo strumento di comunicazione. Ci fa sempre riflettere quanto oggi le persone siano spaventate dal colore, perché il colore è qualcosa che innesca emozioni e reazioni a cui non siamo più abituati.

In HAPPY NEXT, così come in altre nostre creazioni, il colore è una sorta di antìfrasi. Dietro a quel colore, che crea nel pubblico un impatto festoso immediato, c’è una tristezza immensa, un dramma che non trova fine, una lunga storia di depressione e imbarbarimento sociale.Quando si apre la scena si ha un senso di assoluto benessere, si è coccolati e assicurati da una cromaticità che ci riporta ai giocattoli, ai cartoon, alla leggerezza, ma più passa il tempo e più si susseguono determinate azioni e argomenti, ci comincia a capire che in tutto quello che si ha davanti c’è qualcosa che non va. Con un minimo di sensibilità, ci si inizia a porre delle domande su quegli oggetti ad una prima lettura così “a caso” e quell’armonia di partenza ad un certo punto si distorce. Non era facile raccontare la superficialità usando un escamotage che non fosse scolastico, abbiamo provato a lavorare sulla percezione del colore e sulla psicologia di riflesso.

  • Quali sono i riferimenti stilistici? Possiamo cogliere in questa scena delle idee di ispirazione barocca e quindi pensare ad un “barocco contemporaneo”?

Le nostre ispirazioni più grandi sono da sempre il mondo del surreale, la psichedelìa, il gigantismo. In HAPPY NEXT abbiamo avuto modo di interagire con entrambe le cose, accostandoci un po’ di più ad un’estetica da cartoon anni ’60. Avevamo la necessità di dare la sensazione di trovarsi dentro ad un grande giocattolo, costituto al suo interno da altrettanti giocattoli fuori misura. L’assurdo, che peraltro ha degli strutture molto rigide da seguire per far si che alla fine il tutto prenda un senso forte, ci ha permesso di arrivare al nostro obiettivo andandoci ad incastrare con le caratteristiche e le necessità del copione. Ovvio che tutto quello che si mette sulla scena deve servire la scena, deve aiutare l’attore ad essere più vero e convincente possibile.

Effettivamente, guardando al nostro modo di comporre scene e illustrazioni e al nostro amore per i movimenti tradizionali, fatti di corde e marchingegni non motorizzati, possiamo pensare che ci sia un richiamo alla concezione barocca della scena. Questo ci diverte molto, perché per noi la tradizione è fondamentale, così come il concetto di artigianato.

Il digitale è per noi un mezzo per aumentare le possibilità che il disegno manuale ci offre, sia in termini di realizzazione, che di effetto, che di concetto dell’opera stessa.

Imaginarium si veste di…Verdi! A Pisa Il Teatro Verdi lancia una campagna creativa molto originale per i 150 anni di fondazione.
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Si chiama IMAGINARIUM la società creativa di comunicazione, grafica, marketing e pubblicità di Francesca Pasquinucci, toscana anzi viareggina doc, che insieme con Davide Giannoni, musicista e videoartista formano un piccolo ma rumoroso team di pop-creativi. Che fanno straordinarie campagne per artisti, per concerti, per eventi e seguono i contenuti social di molti teatri con idee travolgenti. Basti pensare a quel mondo di animazioni e di grafiche del concerto di Max Gazzè: le scenografie giganti de tour by Imaginarium facevano bella mostra di sé nientemeno che nel salotto di Fabio Fabio nel sabato sera TV.

E se avete visto Aretha Franklin pop sulle magliette di Giorgia, beh si! Le hanno fatte loro! Per questo il Teatro Verdi, dopo il Giglio di Lucca, e Genova li ha chiamati a promuovere la stagione di prosa e di lirica che quest’anno compie 150 anni! E dopo Verdi superstar, Imaginarium si è mossa alla ricerca di Pia de’ Tolomei in un video social a puntate che porterà al debutto in scena dell’opera al VERDI di PISA il 14 e il 15 Ottobre, con la regia di Andrea Cigni e la direzione di Christopher Franklin , alla ricerca di un pubblico in cerca di avventure visive, di sollecitazioni non solo classiche della musica-

Abbiamo intervistato Francesca Pasquinucci che si è laureata sugli allestimenti scenografici dei concerti rock e ora firma da autrice, grafiche stampe e quadri. Se date un’occhiata al suo portfolio non farete a meno di chiederle un vostro ritratto “pop-izzato”….

  1. Imaginarium si veste di Verdi, che cosa succede?

Succede una cosa bellissima: il nostro Studio creativo si occuperà della comunicazione social di tutta la stagione lirica del Teatro Verdi di Pisa, un teatro grande e vivace, con produzioni di alto livello e soprattutto aperto a tutti. Inoltre quest’anno il Teatro Verdi compie 150 anni e siamo stati chiamati ad occuparci di un progetto grafico dedicato a questa festa speciale, che coinvolgesse il pubblico sui social.

  1. Verdi pop star con grafiche colorate e animazioni… Come avete lavorato sul progetto di comunicazione?

La responsabile della comunicazione del Teatro Verdi e il suo direttore artistico, responsabile per le attività musicali, ci hanno lasciato uno spazio molto ampio di azione, dandoci la possibilità di dare vita ad un progetto visivo on line che mettesse insieme il disegno tradizionale con quello digitale, mischiandolo con la fotografia e l’animazione.

Accanto al nostro lavoro di narrazione dei backstage degli allestimenti, in linea con l’obiettivo principale del nostro Studio, abbiamo cucito addosso al concerto di gala per i 150 anni e alle opere liriche una “comunicazione d’arte”, cioé una serie di grafiche coordinate e di serie video che non solo comunicassero la presenza dello spettacolo in una determinata data, ma lo facessero attraverso contenuti con letture a più livelli legati ovviamente a trame e personaggi, e appunto attraverso l’utilizzo di più tecniche artistiche. D’altra parte, fortunatamente, le piattaforme social ci permettono di farlo dandoci la possibilità di lavorare sia con grafiche statiche, che con foto e video, e noi cerchiamo di sfruttarle in questo senso, sviluppando una comunicazione “viva” in continuo aggiornamento e con uno stimolo fisso al gioco sulle trame dei libretti, sulla vita dei personaggi e sugli intenti dei compositori. E’ un modo per approfondire e per arrivare all’opera preparati e incuriositi. A volte lo facciamo partendo da locandine già impostate, iniziamo ad ideare completamente da zero.

Per i festeggiamenti dei 150 anni del teatro, ad esempio, abbiamo voluto realizzare un’immagine piena di vita, che desse proprio la sensazione di una festa incredibile. Abbiamo disegnato delle versioni super pop di quattro mitici personaggi che sono stati importanti per la storia del Verdi di Pisa, proprio perché su quel palco sono stati protagonisti di opere, concerti e piece: Maria Callas, Luciano Pavarotti, Carmelo Bene e Titta Ruffo. Accanto, ovviamente, alla figura di Giuseppe Verdi.

Dalla grafica statica di questi cinque personaggi (utilizzata ad esempio per la copertina di facebook e twitter), realizzati con un misto di disegno a mano, disegno digitale e collage, siamo passati allo sviluppo di gif animate, amatissime dal pubblico che le ha condivise suoi profili personali, dando vita ad un tam tam comunicativo seguito dall’hashtag #VIVITEATROVERDI.

 

  1. Avete lavorato con Max Gazzè e avete individuato uno stile pop che funziona, come avete deciso la linea di stile per il Verdi?

Sono stati due modi di agire ben diversi. Max ha amato da subito un progetto di illustrazione che avevamo realizzato molti anni fa, intitolato Giramondo, che raccontava un percorso, un po’ psichedelico, di un poeta viaggiatore tra culture e sogni.

Nel momento in cui ha terminato la scrittura di ALCHEMAYA, la sua opera sintonica, ha individuato in quel progetto gli stessi spunti onirici ed esoterico – mistici che caratterizzavano alcuni concetti del suo lavoro. Così ci ha chiesto di fare parte di questo progetto incredibile e di aiutarlo a mettere questa nostra visione pop e sognatrice al servizio della comunicazione di Alchemaya, dando vita ad una lettura più semplice e diretta del libretto per un pubblico composto da adulti e bambini, di uno spettacolo molto difficile nei suoi contenuti.

 

In teatro invece dobbiamo avere idee diverse per ogni singola opera all’interno della stagione. L’obiettivo primario è appunto quello di arrivare ad un pubblico sempre più ampio, vendere biglietti e far capire che il teatro è un posto che tutti possono vivere.

La parola “pop” in questo caso deve accostarsi il più possibile al concetto di “popolare”, e deve essere un filo che lega cultura teatrale alle persone. I contenuti che dobbiamo creare devono essere quindi moderni e d’impatto, pieni di vita e a volte spregiudicati, ma eleganti allo stesso tempo. Devono far capire che bisogna venire a vedere il teatro perché è qualcosa di assolutamente vivo nel nostro tempo, e non un posto di esecuzione di cose vecchie.

Per ogni opera dobbiamo trovare un’idea diversa, dobbiamo giocare con le varie tecniche e capire quale può essere la più utile ed esteticamente forte che ci possa aiutare a fare questo.

  1. Ci sono dei video, racconti a puntate, animazioni… Questo porterà il pubblico giovane a teatro?

E’ quello che vogliamo! 🙂 La creatività al servizio della comunicazione è una sfida grandissima. Noi aggiungiamo a questa la passione per il teatro e la musica. E’ ovvio che il teatro, nel senso ampio del termine, ha assolutamente bisogno delle nuove generazioni di pubblico, sia per avere nuovi spettatori paganti ma allo stesso tempo per portare avanti la cultura del teatro stesso, della prosa, dell’opera e della danza. La tradizione deve avere nuove letture e deve essere portata avanti da chi vive questo tempo.

Che piacciano o meno, i social sono lo strumento per arrivare ai giovani nella miglior maniera e nel minor tempo possibile. Ma non è tutto così semplice: non basta fare un post su Facebook con una locandina di uno spettacolo, o dire che ci sono degli biglietti scontati per gli under 30! Comunicare ai giovani sui social vuol dire utilizzare il loro linguaggio sui social, capire le loro dinamiche di scambio di messaggi ed immagini. Per questo noi passiamo tantissimo tempo a studiare come si evolve giorno per giorno la dinamica di un social pensando ai giovani, sperando di captare le loro passioni e le loro esperienze, tentando di metterle in linea con quello che succede all’interno del palcoscenico.

 

Per il debutto di PIA DE’ TOLOMEI, in scena in il 14 e il 15 Ottobre, con la regia di Andrea Cigni e la direzione di Christopher Franklin, abbiamo realizzato un documentario social a puntate, intitolato PIA TOUR, per raccontare la storia e i luoghi di questo personaggio toscano ormai entrato nella leggenda. Il M°Stefano Vizioli, direttore artistico della stagione lirica, ha impugnato una Go Pro, e come uno YouTuber esperto ci trascina in un itinerario avventuroso sulle tracce di Pia, tra Siena e la Maremma, in cinque puntate pensate per un pubblico on line, assolutamente eterogeneo, con un linguaggio semplice e divertito ma ricchissimo di contenuti storici.

Stessa logica è stata usata per la serie VERDISTORY, un vero e proprio viaggio nei luoghi conosciuti e segreti del Teatro Verdi di Pisa, insieme a Piero Merli, memoria storica di queste stanze.

Siamo contentissimi dei risultati che abbiamo ottenuto in questi due anni di lavoro al Verdi, perché passo dopo passo è aumentato il numero di ragazzi presenti alle opere della stagione, che interagiscono attivamente con i nostri social.

http://imaginariumcreativestudio.com/