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Il tecnoartista Giacomo Verde
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Di Anna Monteverdi, dal catalogo Riccione TTV, 2004.

“Le tecnologie cambieranno in meglio il mondo ma solo se saranno usate secondo un’etica diversa da quella del profitto personale incondizionato”.Giacomo Verde

Giacomo Verde è videomaker, tecnoartista, mediattivista legato alla sperimentazione delle tecnologie povere con le quali mostra, nelle installazioni e a teatro, come la creatività non dipenda da un forte dispiegamento di mezzi.

Le sue oper’azioni sono variazioni sul tema della necessità di un uso politico delle immagini e di una riappropriazione-socializzazione dei saperi tecnologici. Verde riflette da tempo sulla possibilità di fondere l’esperienza estetica con la pratica comunicativa dell’arte in un’ottica di decentramento produttivo, esplorando anche attraverso i diversi media e il web, nuovi modi di “fare mondo” e “creare comunità” con l’obiettivo di agitare le acque dell’arte con la forza dell’attivismo e di creare eventi e contesti sempre più “partecipati”: dai laboratori per i bambini ai Giochi di autodifesa televisiva, fino alla creazione di Tv comunitarie interattive come la MinimalTV.

La pratica del teatro sperimentale, il legame strettissimo con le tradizioni popolari (Verde è stato suonatore di zampogna e artista di strada 1 ) lo hanno condotto “naturalmente” verso l’utilizzo del video in scena:

 Negli anni Ottanta ho scoperto la possibilità di usare i video in scena come elemento drammaturgico, oltre che scenografico. Così mi sono accorto che lo strumento video si adattava molto bene alle mie capacità artistiche, permettendomi di esprimere visioni difficilmente realizzabili con altri strumenti comunicativi e dato che mi occupavo di cultura popolare, mi è sembrato naturale fare i conti con la televisione e le comunicazioni elettroniche, che oggi hanno ereditato e modificato gli archetipi dell’immaginario popolare. Occuparmi di video e di televisione (che sono due cose ben diverse) ed ora di computer, è stato come decidere di vivere nel contemporaneo, superando vecchie e inutili ideologie di comportamento artistico, accettando il confronto creativo piuttosto che la fuga conservativa”. 2

 A teatro l’accento è posto sul live, sulla performatività dei media, per comprendere questa realtà tecnologicamente aumentata, come scrive in un suo testo Per un teatro tecno.logico vivente (in A. M. Monteverdi, La maschera volubile, 2000, Titivillus). Verde parla di una tecnonarrazione che possa rivitalizzare l’antica arte della narrazione orale con i nuovi strumenti comunicativi e faccia sentire lo spettatore necessario alla rappresentazione; la tecnologia deve essere un mezzo che amplifica il contatto, il tempo reale e non una gabbia che detta regole e ritmi preregistrati e immutabili. Verde è anche attore-narratore e autore di videocreazioni teatrali, e spesso mette al servizio di altri artisti le proprie competenze video-teatrali, collaborando con Babelia, Giallomare minimal teatro, Casa degli Alfieri, Teatro della Piccionaia, Luigi Cinque, Nanni Balestrini.

In questi ultimi anni ha sviluppato una propria tecnica per la creazione di videofondali live e/o interattivi per performance e reading poetico-musicali (tra cui Rap di fine millennio e Fast Blood, insieme con il poeta Lello Voce e il musicista Frank Nemola) che gli permette di creare ogni volta, quasi improvvisando, immagini suggestive e astratte, capaci di adattarsi a diverse situazioni artistiche. Nelle ultime versioni il dispositivo prevedeva anche l’inserimento di spezzoni di immagini videoregistrate ma manipolate in tempo reale attraverso un software utilizzato dai vj, ArKaos.

Il Teleracconto, ideato nel 1989 e inaugurato con la versione teatral televisiva di Hansel e Gretel (H & G Tv), coniuga narrazione teatrale realizzata con piccoli oggetti e macroripresa in diretta. Una telecamera inquadra in macro alcuni oggetti collocati vicinissimo alla telecamera; questi, attraverso la riproduzione televisiva e soprattutto attraverso la trama del racconto orale associata alla disponibilità immaginativa del pubblico, si trasfigurano fino a diventare quello che la storia ha necessità di raccontare: il guscio di una noce può sembrare il volto della strega, le dita alberi nodosi, un pomodoro un fuoco brillante!

Il performer gioca sullo spiazzamento percettivo. Lo studioso Antonio Attisani aveva parlato per il teleracconto di una originale “maschera elettronica“: il video è maschera, ovvero supporto che crea e impone una propria sintassi ma non elimina l’attore e con esso con il suo sapere, la sua tecnica e la sua responsabilità.

Coi Teleracconti Verde ci mostra come è facile attraverso una telecamera “far credere che le cose sono diverse da quelle che sono”, in altre parole, che le immagini trasmesse dalla televisione non sono quelle della realtà ma quelle di chi vuole fissare per noi un punto di vista sul mondo.

Le telecronache della Guerra del Golfo ma soprattutto quelle di Genova in occasione del meeting G8 ci hanno insegnato quanto potente sia la macchina spettacolare dell’informazione, la “gestione della catastrofe” e la simulazione-contraffazione degli eventi. Solo limoni (Documentazione videopoetica in 13 episodi, con Lello Voce, 2001, prod. Shake – SeStessiVideo – ReseT) utilizza modalità e tipologia narrativa antitelevisiva (utilizzando anche materiali girati da altri videomaker e considerati “non commerciabili”) per svelare i dietro le quinte e le efferate strategie di violenza e di offuscamento della verità di quel gran teatro del mondo che è stato Genova. A prevalere è il rumore di fondo: protagonisti sono l’anziano genovese che guarda gli scontri e le commenta, il proprietario della casa che ospita, suo malgrado, tre cecchini sul tetto, il corteo coloratissimo dei migranti, la gente affacciata dalle finestre che butta acqua ai manifestanti accaldati (e poi dopo, limoni per aiutarli a sopportare i lacrimogeni), il punto di ristoro, l’accampamento, il momento della vestizione e delle protezioni con armature di plastica e gomma, il clima generale di festa. Ma anche la città blindata, la violenza contro i manifestanti, la forza iconoclasta dei black block, il saccheggio di un supermercato, la risposta alle cariche della polizia. Non calpestate le aiuole testimonia l’episodio più tragico e più emblematico perché il cadavere di Carlo Giuliani, intravisto tra le gambe dei carabinieri e attraverso i loro scudi trasparenti appoggiati a terra, quel corpo coperto da un lenzuolo e la chiazza di sangue è ciò che non ci farà mai dimenticare quei tre giorni di Genova.

ETICA HACKER:

La medesima “attitudine politica” sta dietro a tutte le creazioni di Verde, una “attitudine hacker” che se non si esprime direttamente nei contenuti, si materializza nell’elaborazione di dispositivi “low-tech” che dimostrano un uso creativo ma a basso costo e alternativo a quello proposto dal mercato, dei media elettronici. Nel sito www.verdegiac.org si possono trovare le istruzioni per rifare da casa l’installazione del videoloop interattivo. Possiamo considerare una sorta di mixaggio tra teleracconto e videofondali-live lo spettacolo oVMMO dalle Metamorfosi di Ovidio con Xear.org. L’attore Marco Sodini declama con parole, azioni e coreografie gli antichi miti di trasformazione. Sullo sfondo, immagini create in diretta da Verde con oggetti prelevati dal quotidiano e “metamorfosati” fino a diventare puro colore. Presente e visibile in scena, il tecnoartista mette in atto un doppio dispositivo di ripresa, la webcam che riprende sia lo spazio con l’attore che le videoproiezioni, e la videocamera che riprende sullo schermo del computer le immagini della webcam sulle quali vengono sovrapposti piccoli oggetti, materiali e riflessi.

Anche la musica e i suoni curati dai musicisti Mauro Lupone e Massimo Magrini, rispondono al principio del live: suoni campionati che creano un tappeto sonoro continuo vengono trasformati in diretta con variazioni di intensità, sovrapposizioni ed echi della voce del protagonista.

Nel 1998 Giacomo Verde e il drammaturgo e critico Andrea Balzola pongono per la prima volta mano ad un progetto di narrazione teatrale con uso di tecnologia interattiva ispirandosi, per la stesura dei testi, alla forma e al significato del Mandala, guida della meditazione e simbolo della trasformazione spirituale dell’individuo. Nasce Storie mandaliche insieme con l’associazione ZoneGemma. Sono sette storie di trasformazioni nei diversi regni: umano, minerale, vegetale, animale e divino, ovvero sette iperracconti di personaggi “linkati” tra loro a formare una rete e un labirinto: il bambino-uomo, il mandorlo, la principessa nera, il corvo, il cane bianco, la pietra del parco, l’ermafrodita.

 Ogni storia e ogni personaggio è associato a un colore, ad un elemento e ad un punto cardinale e conducono al centro, esattamente come il mandala. Ma ogni sera il percorso è diverso e la strada-racconto che porta al centro viene decisa ogni volta assieme agli spettatori. Lo spettacolo ha attraversato diverse fasi ed è stata inaugurata al Teatro Fabbrichino di Prato nel febbraio 2004 una sua ulteriore metamorfosi con le animazioni create da Lucia Paolini in FlashMX (programma per animazioni audiovisive 2D usato in Internet) per un’ipotesi di futura fruizione Web con le sonorità digitali avvolgenti ed evocative di Mauro Lupone. Le immagini e i suoni hanno la funzione di memorizzazione del percorso e di immersione nel tema e nelle caratteristiche dei personaggi, e ci introducono in una geometria narrativa esplosa oltre la pura linearità diegetica.

Il cyber contastorie (la definizione è di Giacomo Verde, che ci tiene a definire il suo ruolo di tecnonarratore sulla base dell’immagine del tradizionale raccontastorie) anziché la tela disegnata, ha davanti a lui immagini animate in videoproiezione che seguono il ritmo in tempo reale del suo racconto.

Storie mandaliche, luogo politonale di ricerca di un teatro della parola, è la possibilità di giocare una parola differente, che prende corpo, suono e immagine potendo sdoppiarsi, metamorfosarsi e riconvertirsi in nuovo significato conferendo allo spettacolo mobilità di identità e di senso, come era nell’originaria natura della maschera. Possiamo notare il grande paradosso italiano per il quale quello che viene considerato da tutti uno degli esempi più emblematici del teatro multimediale, non ha ancora avuto possibilità di circuitare regolarmente nelle sale e nei Festival teatrali

Nel teatro globale di Connessione remota, uno dei primissimi esperimenti italiani di webcam theatre, andato contemporaneamente in scena e in diretta web per la prima volta dal Museo d’arte contemporanea di Prato nel maggio 2001, gli spettatori potevano assistere alla performance dal web, incontrarsi in rete, chattare tra loro e dialogare e scrivere in tempo reale con lo stesso narratore-performer: “Questi esperimenti mi hanno confermato l’intuizione di poter fare un teatro con/per la rete tenendo conto del senso di comunità che spesso si attiva in Internet in maniera più convincente di tanti altri luoghi materiali”.

Tra le installazioni di argomento teatrale: Inconsapevole Macchina Poetica ispirata a Julian Beck e al Living theatre, uno dei primi risultati del progetto di creazioni artistiche EutopiE, sulle nuove utopie possibili (www.eutopie.net). Nella Inconsapevole Macchina Poetica (2003) Verde insieme con Lupone e Magrini predispone un programma in cui il visitatore, sollecitato da suoni e immagini, deve rispondere a domande sulla percezione soggettiva e interpersonale della vita e del mondo.

Le risposte si mescolano come in un gioco dada, ai pensieri e alla visione anarco-rivoluzionaria di Beck che con il Living Theatre ha fatto dell’Utopia un luogo praticabile nella vita e nell’arte. Si diventa così, inconsapevolmente creatori, perché “Ognuno è un artista sublime” (J. Beck, La vita del teatro). Verde ha documentato, inoltre, molte situazioni teatrali; tra i suoi più recenti lavori: un’intervista a Judith Malina sullo spettacolo Resistence e un’intervista (con Antonio Caronia) a Marcel.ì Antunez  in occasione del Malafestival di Torino.

Pillole di spettacolo per T.V.P#000. Cercando Utopie prima documentazione video del progetto EutopiE che unisce grazie al lettering la performance realizzata al Politeama di Cascina (2003) alle linee teoriche e ai testi del Sub Comandante Marcos e di Edoardo Galeano.

La faccia nascosta del teatro. Conversazione con Robert Lepage (2001) è il video creato a partire dalle riprese del back stage de La face cachée de la lune a Montréal e dall’intervista in italiano al regista canadese Robert Lepage in occasione del Festival dei Teatri delle Americhe. Il video racconta il teatro tecnologico di Lepage attraverso una doppia (e contemporanea) narrazione visiva: quella della straordinaria scena trasformista creata per La face cachée de la lune con il suo affollamento nel dietro le quinte e quella dell’intervista al regista attraverso la semplice tecnica mixer della dissolvenza continua. Verde documenta il setting dello spettacolo e mostra quell’equilibrio necessario al teatro – di cui parla l’artista canadese – tra la parte in ombra e la parte in luce dello spettacolo, ovvero tra la parte artistica e quella tecnica. Il video contiene tutta l’estetica di Verde: l’antitelevisività, l’inciampo, l’errore, l’imprevisto, l’informalità, per privilegiare come sempre, al di là e oltre l’arte, la comunicazione diretta.

Note 1 Sulla prima esperienza di artista di strada Verde ha scritto il diario Frantumando generi in Arte immateriale, arte vivente (1990); ed anche Strada-Internet in E. Quinz, Digital performance, Parigi, Anomos, 2001: dall’esperienza del teatro di strada al web con la stessa logica di ricerca di un’aggregazione collettiva, inseguendo sempre una reale “connessione emotiva”. Sulle diverse “formazioni” artistiche di Verde vedi anche A. M. Monteverdi Vita in tempo di sport. La Bandamagnetica di Giacomo Verde in Catalogo Teatri dello sport, a cura di A. Calbi, Milano, 2002. 2 Intervista a Giacomo Verde a cura di R.Vidali, “Juliet”, n. 71, febbraio-marzo 1995, p.35

Mandala’s tales: an interactive performance
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 Proceedings of the conference The Embodiment of Authority: Perspectives on Performances10–12 September 2010, at the Department of Doctoral Studies in Musical Performance and Research, Sibelius Academy, Helsinki, Finland.

Mandala’s Tales is an emblematic example of digital performance created by Xlabfactory, an Italian multimedia group composed of researchers, sound designers, interactive designers: Andrea Balzola, Mauro Lupone, Anna Maria Monteverdi.

 Xlabfactory was founded in 2004 to promote a performance art as near as possible to the digital themes: immediacy, hypermediality, and interactivity. The authors define this experimental project as a techno recitar cantando: it concerns the conjunction of interactive systems with live performance in which computer technologies play a key role rather than a subsidiary one in content, techniques, and aesthetics.

The computer has become nowadays a significant tool and agent of performative action and creation: cyber theatre is also a metaphor for an anthropological evolution of the body in which the machine and the human can co-exist, and for the theme of the Fleeting Identities of today: machines as theatrical masks. As a matter of fact the sense of technology has transformed or destabilized notions of liveness, presence and the real; digital performances could define a turning point for theatre, can invent new narrative forms [1].

 Interactive technologies enable the arts to regain that famous unique aura, that hic et nunc cancelled in the passage to the means of communication and reproduction, as Walter Benjamin explained in The Work of Art in the Age of mechanical Reproduction(1936). Performance art, unlike cinema and photography which were born as reproducible media, is a unique production which is different and unrepeatable each time, based on the interrelation between audience and public and based on a synthesis of various languages [2].

 Immediacy, interactivity intermediality are theatrical themes and they come up renewed in a digital and virtual perspective because the media arts establish a new age of the real: the notions of environment, interaction between agents and event unite digital multimedia and live performance [3].

 Mandala’s Tales is a special live theater that incorporates videos and sounds, animations and text in form of hypertext that have been digitally created, processed or manipulated, and it also introduces interactive systems. Mandala’s Tales is a pioneering artistic project born in 2000; it has changed technologies and modality of interactivity three times since then.

We took the very powerful image of the Mandala as a guide line: the interior concentration, the process of consciousness, the possibility of transformation of the self. The theme of the performance and the plot is the idea of transformation and there are three effective transformation of the scenic elements in this new techno performance:

the transformation of dramaturgy

the transformation of the actor

the transformation of the scene

We wanted to unite the most ancient narrative form, that oral story telling spoken in the ancient days in a circle around a fire, by the representative of the collective consciousness, the person who took care of the imaginary, of the memory, of the tradition of the community with the most up-to-date art form: the technological one. The author tried to mix the mythological and technological.

 The symbolism of mandala was ideal to represent this union and also the necessity of a guide in an era like ours, full of confusion of identity. Mandala is a Sanskrit word and it means sacred or magic circle; Carl Gustav Jung studied it and explained the archetypal and universal significance of mandala. In synthesis, the plot which is rich of an oniric and fabulous atmosphere, is this: Karl is a child who live in a metropolitan city, he has magic powers, is a video game master; he loves a negro princess Riza from a noble African family. From their union a hermaphrodite was born, half a male half a female, half a human half a divine being in which the opposites unite together, the differences coexist.

 The actor becomes a shamanistic figure, has a magic role to guide the audience inside the collective imaginary, inside archetypal symbols; a guide role nowadays occupied by the mass media, unfortunately. The authors wanted to immerse the audience in a tale based on sounds, words, and images in constant transformations thanks to the digital technologies; the performers become digital storytellers or cyber-rhapsodists. We wanted, in fact, to create a synthesis of languages and this is possible with the digital system, ie, it’s possible to achieve the ultimate utopia of the avant guard from Wagner to Kandinski, the concept of the total art work.

 Mandala’s Tales is based on hypertext written by Andrea Balzola [4] with seven stories that are interlinked; every story touches the other characters in different moments and ways; it’s the first Italian theatrical hypertext, created in the first version, more than ten years ago. We have calculated that 5.040 stories are possible in a new combinatorial narration, no longer linear but simultaneous and labyrinthic. In the vertical sense you can see the chronological story of the seven characters but there are several links that join one to another in a horizontal sense that produce a sense of infinity.

 In the first version of the show the choice of the path, the choice of the character’s point of view was given to the audience and the interactivity system was Mandala System created in the 80’s by the Canadian group Vivid; it’s one of the first experiences of non immersive virtual reality, an archaic motion capture system which allows the digitalizing of objects shot by a video camera in real time such as a lumakee, and the objects come onto the laptop screen becoming interactive, generating sounds, and graphic signs. The digital story teller was Giacomo Verde. Here is one of the first exhibition:

 From Mandala System to a new up to date version: in 2008 we decided to convert the interactive modality and the performer was a singer, a contemporary soprano, Francesca Della Monica. In this new version, Mandala’s Tales is an interactive technological play, in which digital signals blend with an all embracing environment where a score composed of words, sounds, gestures and images form an hypnotic mandala. The vocals and body gestures of the “metamorphing” performer Francesca Della Monica trigger a flow of images and sounds that are activated and transformed to illustrate the hypertext written by Andrea Balzola.

A data suit is the digital costume for the actress: composed of sensors is at the centre of the generation of the digital audiovisual actions, which are based around an interactive score created by the composer and electronic sound designer Mauro Lupone. Video Artist Theo Eshetu has created visuals that illustrate and counterpoint the abstract narrative of the play. With a style that combines an original singing recital with the language of mythology, the play deals with the themes of Time in the technological age, of an interior quest, of generation and death through the narration of characters, the body and stories with powerful symbolic connections.

 Francesca Della Monica activates video and audio sequences directly controlling all the scene via an array of arm, and body sensors attached by wireless to an offstage computer. See photostream.

 

 Thanks to data suite with sensors, she activates the screen video imagery, controls video camera effects by ARKAOS software, processes and modifies in real time her voice and the sound electronic environment via MIDI through MAX MSP programme. All by shaking her body, by gesturing with her arms (wrist, elbow, shoulder) to create a mandalic animated universe.

 The performer must have many memories: memory of cantos, memory of score, memory of the texts, memory of the gestures, memory of sounds, memory of images around her. But she can improvise inside these structures freely. Sensors reading the movement of her arm, the variation of parameters, send wireless electronic signals which an analogical-digital conversion card transforms into midi signals. They also allow real-time sound and image modification with a processing of her voice. She becomes a kind of orchestral conductor, a kind of “synthetic actor” or “hyperactor”.

 In Mandala’ tales one arm makes the videos play, generates effects real time by Arkaos, an open source software used by Vjing for live media concert. The other arm triggers the sounds in three ways through MIDI system, via patch MAX MSX, creating this way the ideal electronic universe and artificial environment for the story:

 –activates audio files, sound texture,

modifies her voice, altering spectrum and morphology,

creates synthesis sounds

Francesca Della Monica underlines that the show works in two different vocal range: the one linked to myth, the other to the story telling. They are two parallel planes to interpret. In fact when she sings as a story teller she uses a restricted vocal range, from the point of view of the frequency, of the harmonic research; on the other hand for the mythological section the vocal range becomes wider, reaching paradoxical frequencies, disharmony, noises, without harmony or intonation: it was suitable for interpreting the realm of the not human, as you can see in the birth of hermapfrodite.

 One of the most emblematic sections for the use of gesture, voice, sensors, electronic environment is the impossible dialog between Karl and Riza.

 

 The performer is solo but not alone: she can trigger video effects (for example, fading effect) making the characters appear or disappear with a single gesture of the elbow: significantly at this point, the voice of the performer becomes double, the male and female together. This backwards and forwards movement of the arm changes the sense of the actorial signal deeply. A specific movement of the elbow unmistakably indicates one character or the other, but it is also very expressive, near the heart, emotively connotative. Also the Italian playwright and director Dario Fo in the very famous monologue Mistero Buffo, uses a gestural code to indicate different characters. But here the movement is necessary to activate the visual and audio effects also.

 Therefore, we can consider that the actorial gestures of Francesca Della Monica have

a physical value (the dance of the body on the space),

a psychological value (the expression of a sentiment)

a code value (it activate an audiovideo system)

A vocal researcher like Francesca Della Monica has been inspired by this synesthesia made possible by new digital media, from all different input from audio and video; it helps to amplify the vocal universe, to enlarge the sense of artistic identity. As the data suit becomes a second skin, a real body extension, the performer can improvise with it as with a musical instrument.

 The Canadian director and actor Robert Lepage said that the actor who plays in a technological environment must have a “peripheral vision but also a global consciousness: Man is the centre of the tecnology” [5]. The digital presence in this emblematic case study enhances the potentiality of the theatrical human action in which technology has become one of the languages of the complex dramaturgy, and is not a pure parameter controlled by a machine only.

 The story telling leads to the birth of a hermaphrodite, an alchemic perfect being which unites the female and male principle. The result of this performance is also a hybrid, something ambivalent, to use a definition of Zygmunt Bauman [6], something that unites the liveness of the theatrical event and the potentiality of the digital media, the corporeity of theatre and the immateriality of the digital.

 

Notes

A. M. Monteverdi (2011), Nuovi media, nuovo teatro, Milano: FrancoAngeli.

T. Kowzan (1975). Littérature et spectacle, Mouton: The Hague; M. De Marinis (1982). Semiotica del teatro. Milano: Bompiani.

S. Dixon, Digital Performance (2007). Mit Press: Cambridge-Massachusetts.

A. Balzola (2004). Racconti del Mandala. Pisa, Nistri-Lischi.

A. M. Monteverdi (2004). Il teatro di Robert Lepage. Pisa. Bfs.

Z. Bauman (2010). Modernità e ambivalenza. Torino: Bollati e Boringhieri