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Heiner Goebbels e il Festival di Ruhr
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Pubblicato su Juliet Art Magazine

La Triennale di Ruhr (2012-2014) in Germania conclusasi a ottobre, è stata una delle manifestazioni artistiche più complete e ricche dell’anno. Merito del direttore, al suo secondo e penultimo anno di incarico: il compositore e regista teatrale tedesco Heiner Goebbels, una delle personalità di rilievo nel panorama della sperimentazione musicale e multimediale contemporaneo.

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                                                                           Heiner Goebbels
 

Il fittissimo calendario di un mese e una settimana di programmazione prevedeva concerti, installazioni audiovisive, spettacoli teatrali, eventi di music theatre con supporto di visual, molti dei quali debutti assoluti, co-produzioni o proposte site specific. L’opening era dedicato al musicista americano, famoso per le sue composizioni in microtonalità, Harry Partch (1901-1074) con l’allestimento dell’opera Delusion of the Fury in formato multimediale a firma dello stesso Goebbels, che è stata salutata unanimemente dalla critica come l’evento musicale dell’estate. Sulle scelte artistiche di Goebbels –che ha voluto proporre opere di videoarte, musica, danza, digital performance– i nomi dicono già tutto: Robert Wilson, Douglas Gordon, Robert Lepage, Anna Teresa De Keersmaeker, Ryoji Ikeda, Quai Brothers, Rimini Protokoll, oltre allo stesso Goebbels che ha riallestito per l’occasione Stifter dinge sia in versione teatrale che installattiva.

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                              Silence, Exile,Deceit, installazione audiovisiva di Douglas Gordon 
 

Esperienze percettive, opere che interagiscono con lo spettatore, installazioni immersive in spazi densi di significato, di memoria, di storia. Il Festival era dislocato in varie aree geografiche intorno a Essen, seguendo un’idea cara alla ricerca, di drammatizzazione di luoghi industriali o non convenzionali; il più spettacolare di questi era il distretto carbonifero di Zollverein dove, grazie a un programma europeo di finanziamento, è stata rifunzionalizzata per una fruizione culturale, una ex area produttiva industriale per l’estrazione e lavorazione del carbone, molto vasta e affascinante per la presenza di macchinari, ciminiere e strutture adattate al nuovo uso. Così il videomaker Douglas Gordon ha lavorato dentro l’area del Kokerei per una installazione (o meglio, pantomina industriale, come viene definita dall’autore) molto suggestiva dal titolo SIlence, Exile, Deceit. Qua immagini video da incubo proiettate su pareti, tra luci spettrali e sonorità liriche, apparivano all’improvviso in mezzo a fiammate, fumi e voli di scale, in una struttura che calava in verticale nelle viscere della terra a raccontare storie enigmatiche alla Edgar Allan Poe.

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                                        Jeux de cartes-Coeurs, spettacolo di Robert Lepage
 

Il giapponese Ikeda nella stazione di Duisburg invece, ha tradotto in installazione audiovisiva di tipo immersivo, i dati digitali che ci circondano nella vita quotidiana. Il canadese Robert Lepage, ovvero il nome più autorevole nel teatro visuale contemporaneo, è sbarcato qua per il debutto del secondo atto dello spettacolo multimedia Jeux de cartes avente una originale scenografia a pianta centrale mobile con personaggi che spaziavano dal Québec contemporaneo all’Algeria della guerra d’indipendenza, in una successione di quadri e di eventi dal chiaro gusto cinematografico. Stifter dinge di Goebbels invece, è una raffinata e insieme stravagante proposta di spettacolo senza attori, con pianoforti assemblati insieme a oggetti, che scorrono su binari suonando senza musicista, avanzando verso il pubblico, sopra vasche con acqua e con intorno proiezioni video e suggestioni sonore e letterarie, in un’utopia di “macchina celibe” di duchampiana memoria che ha richiamato alla mente anche operazioni avanguardistiche storiche (dal Dadaismo a Fluxus). Un Festival che “non istruisce e non intimorisce ma offre un’esperienza per tutti i nostri sensi” secondo la volontà del suo direttore, frase che suona per molte ragioni, come un vero e proprio manifesto programmatico d’arte contemporanea. Polifonica.