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Agrupación Señor Serrano a ROMAEUROPA Festival 2017
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Agrupación Señor Serrano, BIRDIE

28 – 29 ottobre 2017

Teatro Vascello
h 21, domenica 29 h 17

Alcuni uomini giocano a golf mentre, alle loro spalle, decine di migranti, come Gli uccelli di Hitchcock, stanno in bilico sulla cima di un recinto, intenti a scavalcarlo. Da questa fotografia, scattata da José Palazón, e dall’insolito accostamento con il film Gli uccelli, la compagnia catalana Agrupación Señor Serrano (Leone d’argento alla Biennale Teatro del 2015) costruisce Birdie.

Una scena in miniatura, abitata da migliaia di pupazzetti di animali, è animata dai tre performer e ripresa in ogni dettaglio da videocamere. Le immagini catturate sono a loro volta proiettate su uno schermo, manipolate attraverso tecniche artigianali, oppure montate in tempo reale a frammenti del film di Hitchcock o a dati e informazioni recuperabili sul web. Analizzata in ogni dettaglio, accostata a nuovo materiale visivo, la fotografia di Palazón diviene il punto di partenza e arrivo di un trattato visionario sulla migrazione tra il movimento delle galassie, i flussi di internet, il golf e la minaccia di stormi di uccelli. Da sempre attenta alle insidie che possono nascondersi all’interno di un’immagine, Agrupación Señor Serrano crea il ritratto ipermediale di un presente dilaniato tra flussi di merci e nuovi muri.

 

Uno spettacolo di Agrupación Señor Serrano Ideazione Àlex Serrano, Pau Palacios, Ferran Dordal Interpreti Àlex Serrano, Pau Palacios, David Muñiz Voce Simone MilsdochterResponsabile del progetto Barbara Bloin Luci, Video Alberto Barberá Suono, Colonna sonora Roger Costa Vendrell Creazione video Vicenç Viaplana Modelli in scala Saray Ledesma, Nuria Manzano Costumi Nuria Manzano Assistente di produzione Marta Baran Consulenza scientifica Irene Lapuente, La Mandarina de Newton Consulente del progetto Víctor MolinaConsulente legale Cristina Soler Management Art RepublicDistribuzione in Italia Ilaria Mancia Produzione Grec 2016 Festival de Barcelona, Agrupación Señor Serrano, Fabrique de Théâtre – Service des Arts de la Scène de la Province de Hainaut, Festival TNT – Terrassa Noves Tendències, Monty Kultuurfaktorij, Festival Konfrontacje Teatralne Sostegno Cultural Office of Spain’s Embassy in Brussels, Departament de Cultura de la Generalitat de Catalunya, Centre International de Formation en Arts du Spectacle de Bruxelles, Instituto Nacional de las Artes Escénicas y la Música (INAEM), Institut Ramon Llull Sponsor degli animali in miniatura Safari 

Invisibile e Adattivo, opera multimedia. GeKiPe – SKINACT. CRM | FERNANDEZ KOPPEL | VERT LUPONE | SPIESSER
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 ROMAEUROPA: MACRO Testaccio – La Pelanda, 19 novembre 2016 h.21

Invisibile e Adattivo. GeKiPe – SKINACT. CRM | FERNANDEZ  KOPPEL | VERT  LUPONE | SPIESSER

Il CRM – Centro Ricerche Musicali costruisce per Romaeuropa Festival una serata interamente dedicata ai risultati delle nuove ricerche sull’interazione uomo-macchina che mirano a un sostanziale mutamento della relazione composizione/interpretazione. Riconosciuto ufficialmente nel 1990 dal Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica come ‘Centro di ricerca nel settore Musica’ il CRM rappresenta oggi una delle realtà nazionali e internazionali più prestigiose. Invisibile e Adattivo è il titolo di un insieme di spettacoli musicali basati su due differenti strumenti/sistemi di generazione del suono (GeKiPe e SkinAct) e performati dal musicista e percussionista Philippe Spiesser.

«Strumento invisibile», come viene chiamato dai suoi ideatori, GeKiPe è protagonista di Sculpt – due opere multimedia (Hypersphère e Le Silence) rispettivamente su musiche di José Miguel Fernandez e Alexander Vert con i contributi video di Thomas Koppel. Le due performance vedono il percussionista Spiesser al centro di una scena virtuale manipolare questo strumento immateriale attraverso i movimenti del proprio corpo. La gestualità dell’interprete è ripresa e catturata da un particolare dispositivo a sensori per poi essere trasformata in ritmo, suono, immagine.

Coup Au vent è invece il titolo della performance che vede protagonisti tre SkinAct, strumenti adattivi a percussione progettati da Michelangelo Lupone. Tre grandi tamburi, ognuno con la sua identità, che raccontano la storia di un ritmo primitivo che si trasforma e si evolve fino a diventare una complessa sinfonia di timbri. SkinAct è, infatti, uno strumento aumentato che potenzia le sue caratteristiche attraverso dispositivi elettronici: vibrando la membrana si adatta al gesto dell’interprete e genera suoni impensabili per uno strumento a percussione. Una serie di risonanze che costruiscono nel tempo un contrappunto di forme astratte e immateriali.


Durata 55′
Performance Philippe Spiesser

Sculpt due opere multimedia (prima italiana)
Hypersphère Musica José Miguel Fernandez
Le Silence Musica Alexander Vert
Creazioni video di Thomas Koppel
Regia del suono a cura dei compositori
Produzione HEM – Haute Ecole de Musique, Ginevra in collaborazione con Ircam, Parigi e l’Associazione Flashback66

Coup Au Vent per tre SkinAct (prima italiana)
Musica, Progetto SkinAct Michelangelo Lupone
Assistente musicale Giuseppe Silvi
Ambientazioni Luminose Emanuela Mentuccia
Assistente tecnico Maurizio Palpacelli
Produzione e realizzazione tecnologica del Centro Ricerche Musicali – CRM

Foto © Coup Au Vent / Maurizio Palpacelli


RomaEuropa Festival: GUY CASSIERS | TONEELHUIS TONEELGROEP AMSTERDAM The Kindly Ones
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The Kindly Ones 8 ottobre – 9 ottobre 2016
sabato h 19 – domenica h 17
Teatro Argentina

 Nessun simbolo nazista, nessun segno collegabile all’Olocausto abita la scena di The Kindly Ones, nuova produzione di Guy Cassiers e frutto della collaborazione tra il suo Toneelhuis di Anversa e del Toneelgroep Amsterdam diretto da Ivo van Hove.

Per rappresentare Le Benevole di Jonathan Littell, il regista tra gli artisti più innovativi del teatro europeo, sceglie una scenografia dalla natura installativa ispirata alle opere di Rebecca Horn e Christian Boltanski. Tra gli episodi letterari più discussi degli ultimi dieci anni, il romanzo di Littell ha rappresentato un vero e proprio choc culturale: non solo l’Olocausto veniva raccontato dal punto di vista del carnefice, il generale delle SS Maximilien Aue; ma proprio questo protagonista si spogliava della propria ‘mostruosità’, svelando l’innata natura sadica dell’essere umano. Il Terzo Reich appariva come il frutto dell’unione di cittadini ordinari in marica verso la totale follia.

In un presente che vede vacillare le fondamenta politiche dell’unione europea, Cassiers mette in scena la storia di Aue attraverso due differenti piani di rappresentazione: da un lato sul palco si susseguono i dialoghi atroci che degenerarono rapidamente nella Soluzione Finale; dall’altro l’immagine video -leit motiv nel lavoro del regista- ci conduce negli incubi del protagonista. The Kindly Ones crea così un cortocircuito tra la concretezza della parola, capace di concorrere alla costruzione dell’emarginazione, della violenza e dell’esclusione, e l’astrazione dell’immagine, allucinatoria e onirica, enfatizzazione della possibilità che questo incubo storico si ripeta in qualsiasi parte del mondo e in qualsiasi epoca. Che l’incubo si stia ripetendo, adesso?


Durata 210′ con intervallo
Regia, Adattamento Guy Cassiers
Attori Bart Slegers, Fred Goessens, Hans Kesting, Jip van den Dool, Abke Haring, Alwin Pulinckx, Johan Van Assche, Katelijne Damen, Kevin Janssens, Vincent Van Sande, Diego De Ridder
Autore Jonathan Littell
Adattamento, Drammaturgia Erwin Jans
Traduzione Janneke van der Meulen, Jeanne Holierhoek
Scenografia, Costumi Tim Van Steenbergen
Suono Diederick De Cock
Consulente luci Bas Devos
Video Frederik Jassogne
Assistente alla regia Lutje Lievens, Morgan Verhelle
Casting Hans Kemna
Produzione Toneelhuis, Toneelgroep Amsterdam (NL)
Coproduzione deSingel Internationale Kunstcampus
In collaborazione con Le Phénix, Scène nationale de Valenciennes (FR), Maison de la Culture d’Amiens (FR), Istanbul Theatre Festival (TR), Festival Temporada Alta (ES), Romaeuropa Festival (IT)
Supporto Programma Cultura dell’Unione Europea

Foto © Kurt Van der Elst

Romaeuropa accompagna The Kindly Ones di Guy Cassiers con il progetto Domino ideato da Dynamis: una mappa delle differenti identità della città di Roma nell’ambito di un progetto di collaborazione pluriennale cofinanziato dall’Unione Europea e presentato mediante il portale: invisible-cities.eu

RomaEuropa/DigitalLife: Mostra DEEP DREAM_ACTII
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Deep Dream_Act II

7 ottobre – 27 novembre 2016
da martedì a sabato h 16 / 20 – domenica h 11 / 19
ingresso mostra da € 5 a € 7
MACRO Testaccio – La Pelanda

 

NONE presenta per la prima volta a Digitalife l’installazione Deep Dream_Act II. L’opera nasce da un algoritmo scoperto involontariamente da Google. L’algoritmo matematico procede per associazioni visive catturando immagini e video dal database ‘Google’, una rete neurale che interpreta la realtà attraverso un immaginario condiviso in costante evoluzione.

La sensazione di straniamento e di perdita dell’orientamento all’interno dell’installazione viene resa grazie all’allestimento innovativo interamente formato da specchi, video e luci. Il visitatore è immerso in uno spazio infinito d’immagini randomiche, un bombardamento visivo e sonoro che lo proietta in uno streaming di dati senza dimensione, in un sogno profondo: Deep Dream.

I contenuti dell’installazione sono il riflesso della nostra attività virtuale, una rielaborazione di ciò che condividiamo sulla rete. Un flusso di coscienza collettiva vissuto attraverso la macchina che domina il nostro subconscio, rielaborandolo per restituire una visione psichedelica dei nostri post: gattini, selfie, fail, tutorial, pornografia.

NONE è un collettivo artistico con base a Roma che si muove sul confine tra arte, design e ricerca tecnologica fondato da Gregorio De Luca Comandini, Mauro Pace, Saverio Villirillo.
NONE costruisce esperienze che indagano la dimensione umana, macchine che esplorano lo spazio fisico, l’andamento degli eventi e l’inconscio. La tecnologia è semplicemente il mezzo con cui NONE crea ambienti sensibili interattivi, il visitatore è parte attiva e contribuisce allo sviluppo della narrazione.

3D Water Matrix (Takatani+Partos)
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3D WATER MATRIX

ST\LL – Shiro Takatani (Japan)
The Sorcerer’s Apprentice – Christian Partos (Sweden)

Forthcoming exhibitions:
• 21 July – 11 September 2016: ZKM Karlsruhe (Germany),
as part of Digital Water Games exhibition (curator: Peter Weibel)
• 7 October – 27 November 2016: La Pelanda – MACRO Testaccio / Romaeuropa, Rome (Italy),
as part of Digitalife 7 exhibition (curator: Richard Castelli)
Composed of 900 computer-controlled electrovalves, the 3D WATER MATRIX is an interface to produce animated and three-dimensional liquid artworks. Thanks to this robotic machine, Christian Partos becomes a water sculptor and Shiro Takatani, a filmmaker, who creates animations using water drops defying gravity, instead of pixels.

The 3D WATER MATRIX received the Merit CODAawards Winner 2015 in the category “institutional”, after its first presentation at the Cité des sciences et de l’industrie in Paris, as part of “Robotic Art” exhibition in 2014/2015.

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Jean Michel Bruyere / LFKs (FR) – Du Zhenjun (CN/FR) – Dumb Type (JP)
Granular Synthesis (AT) – Kurt Hentschlager (AT/US) – Ryoji Ikeda (JP)
Ulf Langheinrich (DE/AT) – Robert Lepage / Ex Machina (CA)
Ryuichi Sakamoto + Shiro Takatani (JP)
Shiro Takatani (JP) – Saburo Teshigawara / Karas (JP)

Richard Castelli : Directeur / Director – rc@epidemic.net
Florence Berthaud : Coordination & communication – fb@epidemic.net
Chara Skiadelli : Spectacles & expositions / Performances & exhibitions – production@epidemic.net
Claire Dugot : Administration – administration@epidemic.net
http://www.epidemic.net
http://www.youtube.com/EpidemicVideo
http://www.facebook.com/epidemic.production

15 – 15bis Allée Massenet 93270 Sevran France
Tel: 33 (0)1 4383 4953
Fax 33 (0)1 4385 6057

Torna DIGITALIFE 10 ottobre-6 dicembre
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11 installazioni e 3 live performance sotto il segno di ‪#‎Luminaria‬.
Dal 10 ottobre al 6 dicembre torna Digitalife, la ricerca tecnologica tra arte digitale e creatività che, quest’anno, mette la luce al primo posto. Con MASBEDO, BILL VORN -LOUIS-PHILIPPE DEMERS MYRIAM BLEAU MYRIAM BLEAU MARTIN MESSIER SAMUEL ST-AUBIN JOANIE LEMERCIER JEAN DUBOIS MAXIME DAMECOUR ALEXANDRA DEMENTIEVA NICOLAS BERNIER

La neo oralità di “887” di Robert Lepage inaugura ROMAEUROPA Festival.
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Robert Lepage apre il 23 settembre RomaEuropa Festival. Una scelta straordinariamente felice quella di inaugurare un Festival così prestigioso, che propone i migliori spettacoli internazionali e nazionali,  con quello che è considerato a giusta ragione l’artista che ha raggiunto ormai da almeno un decennio, la vetta dell’Olimpo dei grandissimi registi (e interpreti) del teatro.

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Locandina della conferenza stampa di Robert Lepage

Scrollatosi di dosso la definizione di “enfant prodige della scena mondiale” “l’erede di Bob Wilson” che gli fu etichettata al suo apparire da Franco Quadri e da Renate Klett, Robert Lepage ha bruciato le tappe e ora la sua società Ex machina realizza spettacoli di portata mondiale. Basti pensare che la Tetralogia di Wagner capolavoro di ingegneria scenotecnica firmata da Lepage e Robert Fillion (il suo storico stage designer) è stata prodotta dal Metropolitan di New York e 887 ha inaugurato le Pan Am Games quest’estate.

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Ho visto 887 a febbraio nell’avant-prémiere a Nantes, spettacolo con Lepage solo in scena come attore che non esito a definire un vero prodigio teatrale di naturalezza e sofisticazione (ne ho scritto una dettagliata recensione su Teatro e critica); mi sono commossa in quel teatro pieno all’inverosimile, ho riso, mi sono emozionata come non mi capitava da anni. Lepage da solo con una scenografia mobile e tecnologica a forma di edificio in miniatura, raccontava, aiutato dalle immagini,  le memorie della sua famiglia e contemporaneamente, le memorie del Québec.

Ma cosa possono interessare a un pubblico europeo, le vicende drammatiche e lontane della “Rivoluzione Tranquilla” negli anni Settanta in Québec? E qua sta la grandezza di Lepage, nel riuscire a trascinarci, con una leggerezza e insieme profondità straordinarie, nelle piccole e apparentemente insignificanti  vicende di persone a noi distanti per cultura, lingua, continenti, a tal punto da farle nostre.

Questo accade nella saga cinese de La trilogie des dragons, in quella giapponese di Les sept branches de la riviére Ota e  nelle vicende algerine di Jeux de cartes #coeurs ). La sua originale drammaturgia gioca su più livelli narrativi: in un’architettura stratificata si intrecciano storie di esplorazioni simboliche, di perdite e di riconciliazioni; vicende lontane nel tempo e nello spazio si incastrano come scatole cinesi offrendo storie speculari, percorsi obliqui di memoria, investigazioni introspettive che relazionano la Storia al quotidiano.

Tutte le storie che Lepage racconta sono storie che per quanto intime e personali, ci riguardano e ci toccano nel profondo (da La face cachée de la lune a Elsinore a Les aguilles et l’opium); in 887 la memoria è tutto quello che rimane, confuso e a brandelli, del nostro passato ma è anche ciò che fa capire noi a noi stessi; e così l’attore si mette a nudo, rinuncia alla maschera ma anche al ruolo di rapsodo, perché il coinvolgimento emotivo è totale, c’è una sorta di fusione partecipativa tra chi recita e chi ascolta.

Il teatro qua dà lingua a ciò che non ha lingua, voce e suono al sotterraneo groviglio di pensieri e flussi di emozioni che l’attore non può e non vuole controllare interamente. La drammaturgia di 887 è viva e dinamica, poetica e profonda, intima e universale, così come è tragica e comica insieme.

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La neo oralità di Lepage, se così possiamo definirla, fa affidamento a immagine, suono, parola in una dimensione multimediale che offre una possibilità di storia aperta a più sfaccettature visionarie e immaginative: non conosce per dirla con Ong “una trama lineare che tende al climax” ma organizza la propria narrazione secondo una struttura libera e frammentata per episodi raccordati tra loro tramite flashback, flussi di associazioni visive e altre tecniche narrative. Questo spettacolo è evidentemente, ampiamente influenzato dalla cultura elettronica e l’osservazione che questa cultura riprenda elementi dell’oralità venne già formulata, a suo tempo, da McLuhan in Galassia Gutemberg.

Se non vogliamo configurare questa prova di Lepage come un ritorno all’oralità tout court, è chiaro che comunque la scrittura perde il suo carattere strutturante, diremo di “brainframe” dominante. La neo-oralità elettronica a cui sembra appartenere questo spettacolo di Lepage è inevitabilmente un ibrido di oralità, scrittura e iconicità elettronica ma che denuncia al tempo stesso, anche uno scetticismo di fondo sui possibili usi distorti dei new media.

I video in scena, le fotografie, le animazioni sono un folgorante bagaglio di vissuto che svela ciò che non può essere visto a occhio nudo, sono la memoria più intima del personaggio,il suo vissuto, il suo inconscio. Tutto è contenuto nell’edificio, tutti i luoghi, tutti i tempi: sta all’attore aprirne le finestre e scoprirne le verità.  Equivalenza tra vita interiore e mondo tecnologico: più che protesi, le tecnologie dell’universo di Lepage anche in 887 sono creature addomesticate, le loro forme rassicuranti e familiari.

La macchina a teatro, invece di togliere umanità all’uomo, è ciò che gli permette di riconquistare la dimensione perduta nell’uso inconsulto e maniacale delle macchine del vivere quotidiano, che isolano ma non radunano, che distruggono memoria e narcotizzano.

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Ogni spettacolo “solo” di Lepage ha a che fare con la solitudine del personaggio. Solitudine che si mostra nel dolore e nella ricerca di una via di uscita attraverso l’altro o l’autoanalisi. Il motivo di partenza è sempre una rottura, di natura affettiva, psicologica o morale; il dramma sociale – ricordava Victor Turner – inizia da una perdita: il dramma, letto in senso rituale e antropologico, è infatti secondo Turner, “un’unità di processo anarmonico o disarmonico che nasce in situazioni di conflitto” . In Dal rito al teatro e in Antropologia della performance, Turner espone il tema del dramma sociale, che ha luogo quando nell’ambito della vita quotidiana di una comunità si crea una frattura nelle tradizionali norme del vivere che genera un’opposizione, la quale a sua volta si trasforma in conflitto. Questo, per essere risolto, necessita di una rivisitazione critica dei particolari aspetti dell’assetto socio-culturale fino ad allora legittimato. Una rottura inaugura, quindi, il “social drama”, la crisi apre il momento della “fase drammaturgica”.

Tutti gli spettacoli “solo” di Lepage iniziano da una mancanza, uno squilibrio, (l’hamartia greca), da un lutto (in Vinci Philippe è spinto all’idea del viaggio dalla morte per suicidio dell’amico Marc; in La face cachée de la lune i due protagonisti si incontrano in occasione della morte della loro madre; in Les aiguilles et l’opium il protagonista vive l’angoscia dell’abbandono da parte del suo amore), da un delitto (Polygraphe), da una crisi matrimoniale (Andersen’s project); in alcuni casi tale dramma sarebbe rivelatore di episodi autobiografici estremi e dolorosi. La face cachée de la lune è stato ideato all’indomani della morte della stessa madre del regista associata, scenicamente, all’immagine della luna, simbolo del femminile in tutte le tradizioni. Elseneur è stato ispirato, prima ancora che dall’Amleto di Shakespeare, dalla morte del padre.

Come non riconoscere in questo spettacolo 887, l’espressione di una crisi e contemporaneamente, un appello sincero di Lepage a ricostruire un ethos che non si basi più su grandi e illusorie narrazioni, ma su vite, esperienze, utopie e sogni concreti?

Di seguito link ad articoli on line su Lepage in questo sito

Biografia e teatrografia

Intervista a Lepage

Macchine della visione

Cinema e teatro

Lepage e la pittura

ROMAEUROPA FESTIVAL festeggia 30 anni!
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RomaEuropa 75 giorni di festival | oltre 300 artisti | 50 appuntamenti | 14 spazi |

13 incontri con il pubblico | 12 opere e 4 performance a Digital Life-Luminaria

23 settembre | 8 dicembre 2015

Teatro, danza, circo contemporaneo, arte e tecnologia, e soprattutto la musica attraverseranno i 50 appuntamenti del Romaeuropa Festival n. 30, RiCreazione, dal 23 settembre all’8 dicembre in 14 diversi spazi di Roma, in un programma sempre più ricco di incontri con gli artisti e progetti di formazione rivolti al pubblico più appassionato.

“In trent’anni anni abbiamo cercato un modello che restituisse una visione del mondo in movimento -spiega Monique Veaute, Presidente e fondatrice di Romaeuropa assieme a Jean-Marie Drot e Giovanni Pieraccini-. Attraverso il lavoro e lo sguardo degli artisti contemporanei, la programmazione ha privilegiato l’innovazione e il cambiamento, la capacità di leggere la tradizione in modo creativo, senza mai rinunciare al dialogo, alla curiosità, al rispetto, alla ricerca”. “La storicizzazione del contemporaneo e la sua rielaborazione -aggiunge Fabrizio Grifasi, Direttore Generale e Artistico- saranno il fil rouge del Festival, in cui abbiamo voluto sottolineare fin dal titolo l’aspetto ludico e gioioso, e nello stesso tempo alludere alla reinvenzione delle forme, dei tempi e delle estetiche della creazione artistica”.

20 creazioni in prima italiana, 75 giorni di Festival nei quali oltre 300 artisti da 21 paesi racconteranno le trasformazioni del mondo contemporaneo attraverso i loro sguardi, secondo una modalità che in trent’anni ha fatto di Romaeuropa una vetrina d’eccellenza sulla scena internazionale.

Robert Lepage aprirà Romaeuropa 2015 con 887, una potente macchina teatrale che vedrà in scena lo stesso regista; seguiranno altri protagonisti che hanno segnato tappe importanti nella storia del Festival come la coreografa franco-spagnolaMaguy Marin, ospite del primo Romaeuropa nel 1986 e oggi in scena con May-B; Jan Fabre e 27 performer di Troubleyn nella loro sfida più temeraria -24 ore- al tempo e al teatro stesso (Mount Olympus. To glorify the cult of tragedy); Anne Teresa De Keersmaeker (Vortex temporum e Verklärte Nacht, su musiche rispettivamente di Grisey e Schönberg, queste ultime eseguite dal vivo dall’ensemble Ictus), la coreografa canadese Marie Chouinard con il programma in due tempiHenry Michaux: Mouvements e Gymnopédie, di Satie, il belga Fabrizio Cassol con undici musicisti da Egitto, Siria, Turchia, Francia, Belgio, Stati Uniti (AlefBA) e accanto a loro al Festival debutta il coreografo britannico Russell Maliphantcon Conceal|Reveal (tutti gli spettacoli sopra citati sono realizzati da Romaeuropa al Teatro Argentina in collaborazione con il Teatro di Roma).

In questo anniversario non potevano mancare altri grandi amici del Festival come Akram Khan (Kaash, con musica di Nitin Sawhney e scene di Anish Kapoor), all’Auditorium Conciliazione, Emma Dante, al Teatro Vittoria nell’intervista impossibile Io, nessuno e Polifemo e con Operetta burlesca; Romeo Castellucci, con i frammenti dal Giulio Cesare riallestiti per le Terme di Diocleziano, e insieme a Valérie Dréville in Schwanengesang da Schubert, al Teatro India.

Al Teatro India e in collaborazione con Teatro di Roma, nove coreografi di DNA, il focus sulla giovane danza ideato e curato da Anna Lea Antolini, che rafforza il suo orizzonte di ricerca grazie al network Aerowaves (e una seconda sezione tutta italiana negli spazi dell’Opificio Romaeuropa), e il debutto al Festival del gruppo teatrale Carrozzeria Orfeo con Animali da bar. Anche per Ascanio Celestini debutto al Festival con la nuova produzione Laika al Teatro Vascello, che ospita inoltre il collettivo danese Hotel Pro Forma in Laughter in the Dark, adattamento del romanzo di Nabokov tra teatro, installazione, arti visive e coreografia.

Sullo stesso palcoscenico la danza prende i colori del flamenco con la coreografia di Aurélien Bory per Stéphanie Fuster (Questquetudeviens?), accenti digitali con il nuovo lavoro per gli acrobati di Adrien M e Claire B (Le mouvement de l’air), si fonde alle arti acrobatiche anche in Nos limites di Radhouane El Meddeb.

E arte circense, teatro e danza sono anche gli ingredienti di Cuisine et confessions, spettacolo culinario e surreale con cui arrivano per la prima volta al Teatro Brancaccio per il Festival i nove straordinari performer della compagnia del Québec Les sept doigts de la main.

Musica e performing art anche al MAXXI con Alessandro Sciarroni e i danzatori del Balletto di Roma impegnati inTurning. Symphony of sorrowful song, un progetto site-specific per il museo delle arti contemporanee che ospiterà nei suoi spazi anche Musica da cucina di People from the mountains, musicista estroso fin dal nome d’arte, in programma anche al MACRO Testaccio-La pelanda con un secondo lavoro, Matita.

Un fiume di musica esonda tra la Pelanda, il Vascello, l’Auditorium, unendosi al teatro, la performance e l’arte contemporanea: le avanguardie del Novecento sono rappresentate da Stimmung di Karheinz Stockhausen proposto daVoxNova Italia e Acustica di Mauricio Kagel nella versione di Tempo Reale Electroacustic ensemble, fino all’Hyperiondi Bruno Maderna secondo Muta Imago, e ai Sonatas and interludes per pianoforte preparato di John Cage nell’interpretazione di Fabrizio Ottaviucci.

Sotto il segno del rock ci sarà l’incontro di Gianni Maroccolo, Alessandra Celletti e Beppe Brotto con gli artisti Masbedo innulla è andato perso, e Pictures at an exhibition di Musorgskij nella versione di The Winston + Esecutori di metallo su carta. L’arte contemporanea incrocia la musica nel geniale concerto-performance per luce sinfonica The Enlightenment del collettivo Quiet Ensemble, e in Across the line di Rhò, Daniele Spanò e Luca Brinchi.

I nuovi linguaggi del rinascimento africano vivono nei live di Pat Thomas & Kwashibu Area Band, Petit Noir, BLK JKSper la rassegna Afropolitan, in collaborazione con Afrodisia, mentre alla cultura elettronica sono dedicati gli appuntamenti del prestigioso festival Club to club -in collaborazione con il MACRO.

Infine Epica Etica Etnica Pathos, il quarto album -finora mai eseguito dal vivo- dei CCCP, sarà per la prima volta proposto in concerto da una nuova formazione con quattro componenti storici del gruppo e alcuni tra i più interessanti rappresentanti dell’indie italiano.

La pelanda ospiterà anche quest’anno la mostra Digital Life, alla sua sesta edizione con il titolo Luminaria, con 12 installazioni affiancate da un programma di performance. Nell’aula bunker del Foro italico un altro artista visivo Arcangelo Sassolino, propone Time Tomb, una installazione che sfida il tempo e la storia.

13 i percorsi di INformazione rivolti ai più diversi pubblici con laboratori, talks e incontri con gli artisti (Iridico Danza,Racconti di Scena, L’altra Danza, Dna Pictures, Dna Visioni, Dna movie, Dna words, mòsso, InAct, Artist Today, Warming Up!, Dna europe meets Aerowaves, Let’s dance) in una rete di collaborazioni con la Facoltà di Lettere de La Sapienza, Università di Roma, la Scuola di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma, il Balletto di Roma, la European Dance Alliance Valentina Marini Management, Officine Fotografiche, Dynamis Teatro, l’accademia Teatro Azione, il network europeo Aerowaves e scuole di danza di Roma.

 

Da lunedì 25 maggio sarà possibile acquistare e prenotare i biglietti per tutti gli appuntamenti del Romaeuropa Festival 2015, online sul sito www.romaeuropa.net o al telefono chiamando l’ufficio promozione al numero +39 06 45553050/51.

 

 

Lunedì 21 settembre sarà presentato al pubblico e alla stampa lo spettacolo di apertura del Festival, 887. Interverranno il regista Robert Lepage, le istituzioni che sostengono il Festival, Monique Veaute e Fabrizio Grifasi. Aggiornamenti su orario e sede online sul sito www.romaeuropa.net

 

Romaeuropa Festival 2015 è prodotto dalla Fondazione Romaeuropa, ed è reso possibile da una preziosa rete di sostenitori pubblico/privata, italiana ed europea. Ne fanno parte il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Roma Capitale, la Regione Lazio, la Provincia -oggi Città Metropolitana di Roma Capitale-, la Camera di Commercio, la Fondazione Terzo Pilastro- Italia e Mediterraneo, l’Unione Europea, il Gioco del Lotto e la RAI; istituzioni come il Teatro di Roma, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, il MAXXI, il MACRO e la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma; le reti internazionali Theatron, Aerowaves, Réseau Varèse; gli spazi privati dell’Auditorium Conciliazione e dei Teatri Brancaccio, Vascello e Vittoria; le Ambasciate di Francia, Belgio, Regno Unito, Germania, Irlanda, Olanda, Ungheria, Spagna, Danimarca e Svizzera; istituti di cultura quali l’Institut Français, la Délégation du Québec, il Goethe-Institut, il British Council; la Fondazione Nuovi Mecenati e Le Fresnoy-Studio national des arts contemporains; i media partner Rai Radio 2, Rai 5, Rai Radio 3, la casa editrice minimum fax, Deezer.

Ufficio stampa Romaeuropa Festival 2015
Francesca Venuto, Matteo Antonaci
Tel.: + 39 06 45553014 – 60
Email: romaeuropa.stampa2015@gmail.comufficiostampa@romaeuropa.net

 

 

Digital Life 2014 – Un viaggio per scoprire e per creare un nuovo mondo sonoro
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Articolo di Vincenzo Sansone

ROMA – Per il quinto anno consecutivo il Roma Europa Festival scommette sulle tecnologie digitali e sulla loro capacità di trasmutarsi in arte. Dal 9 ottobre al 30 novembre 2014 si svolge infatti Digital Life, l’evento che ospita diverse installazioni in cui le tecnologie si coniugano con l’arte. Il filo che lega quest’anno tutte le installazioni e che le rende parte di un più grande evento performativo sono il suono e la musica. Dieci installazioni fisse accompagnate da diversi eventi performativi scandiscono il periodo di questa mostra.

Si sono osservate e sperimentate in prima persona le installazioni presenti presso La Pelanda (ex mattatoio Testaccio Roma) e complessivamente però si può dire che non mostrano nulla di così innovativo, di così sorprendente se pensate nell’ottica delle tecnologie digitali, anzi sono innocue e molte utilizzano delle tecnologie già abbastanza sperimentate. Infatti, molte delle installazioni sono abbastanza datate (2004-2005) ed è noto a tutti come nel campo delle tecnologie un semplice anno trascorso trasforma tutto e rendo obsoleto quello che qualche mese prima era strabiliante. Ciononostante la mostra, se non permette di accostarsi totalmente alle nuove tecnologie digitali, immette lo spettatore, o meglio l’ascoltatore, in un cammino fatto di melodie e musiche, suoni primordiali e suoni futuristici. Ma analizziamo nel dettaglio le dieci installazioni.

1. Kingsley NG – Métier à tisser musical. Si tratta di una installazione sonora interattiva del 2005. È composta da un antico telaio che può essere agito dall’osservatore. Tramite il solo movimento delle mani le corde del telaio si animano rispondendo con variazioni sonore e luminose.  La tecnologia meccanica dell’età industriale del XIX secolo, diviene qui interattiva, da agire senza l’ingente sforzo fisico che un telaio richiedeva quando veniva utilizzato per tessere stoffe. Kingsley NG, attraverso un processo di rimediazione, ha trasformato quel faticoso lavoro fisico in un lavoro da agire senza il minimo sforzo, agitando soltanto una mano o sfiorando leggermente i fili e i prodotti materici e fisici che il telaio creava in prodotti evanescenti e impalpabili per le possibilità umane: suoni e luci.

2. Veaceslav Druta – Balançoire.  Installazione sonora interattiva del 2004. Lo spettatore si trova davanti una grande altalena composta da due ruote meccaniche, che muovendosi fanno vibrare delle corde di chitarra, producendo dei suoni. L’interattività consiste nella facoltà dello spettatore di sedersi sull’altalena e improvvisare tramite la sua oscillazione una serie di armonie, che cambiano in relazione al peso del corpo e alla velocità di oscillazione. Di sicuro un’opera di grande impatto visivo quando ce la si trova di fronte, che suscita curiosità, tanto che per tutta la visita di Digital Life era sempre occupata, ma che di digitale non sembra aver nulla, piuttosto si tratta di un grande congegno meccanico che ricorda le grandi fabbriche di primo Novecento, che alla vista suscita le ambientazioni di Modern Times di Charlie Chaplin. La stessa interazione dello spettatore con l’opera non ha nulla di digitale, non vi sono sensori, software che processano i suoni, meccanismi di motion capture. È  un’interazione meccanica perché tutto dipende da parametri fisici. Quindi più che essere proiettata in un mondo digitale, fatto di leggerezza ed effimero, sembra ricollegarsi a quella fisica newtoniana che tratta di masse, pesi, forza di gravità.

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3. Léonore Mercier – Le Damassama. Installazione sonora interattiva del 2011. Di più ampio respiro e di grande pertinenza all’interno di un’esposizione digitale, l’opera della Mercier è composta da una serie di campane tibetane disposte ad emiciclo e da suonare come se fossero diversi elementi di un’orchestra. A dirigere tale concerto è lo spettatore, che con i suoi movimenti fa vibrare le diverse campane. L’interazione avviene mediante dei sensori, che riconoscendo i movimenti dell’uomo posto all’interno dell’emiciclo fanno scattare dei dispositivi che sfiorando le campane, producono una composizione sonora avvolgente. La relazione tra lo spettatore e le campane è una relazione alla pari, dove non c’è un dominatore e un dominato. Infatti, le vibrazioni prodotte dal corpo umano sono trasformate in impulsi che si ripercuotono sulle campane. Queste, suonando, producono a loro volta delle vibrazioni che ritornano sullo spettatore, creando uno scambio equo.

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4. Zahra Poonawala – Tutti. Installazione sonora del 2012. Dello stesso respiro dell’installazione della Mercier, l’installazione di Poonawala produce suono in relazione al movimento dello spettatore. A differenza dell’opera della Mercier però dove il suono prodotto è casuale, in questa installazione sono presenti dei suoni e delle armonie pre-registrate. L’interazione dello spettatore con questo materiale registrato genera un mixaggio da cui prendono vita nuove armonie. Nello specifico l’installazione è composta da dei dispositivi che riproducono un suono di sottofondo e da una serie di diffusori di suono che reagiscono al movimento dello spettatore sulla pedana. L’opera dunque prevede un ascolto, che però viene costantemente disturbato e modificato dai movimenti di colui che è preposto proprio all’ascolto. Un’orchestra di nuova generazione dove l’armonia è sì un continuum, che però è costantemente alterato da note dissonanti.

5. Douglas Henderson – Babel V: Dream Man. Installazione sonora del 2012, non presenta nulla di interattivo, né di digitale. È piuttosto un’opera, che sfruttando la potenza degli altoparlanti e della diffusione del suono, si interroga, insieme alle altre installazioni Babel, sul significato delle lingue, sostenendo che il moltiplicarsi delle stesse, in seguito all’episodio della Torre di Babele, non sia un evento negativo, ma piuttosto la creazione di una nuova fonte di bellezza, perché il significante si slega dal significato, divenendo importante per sé, suono puro. In Babel V, la poesia Dream Man di Russel Edson viene spezzata parola per parola e riprodotta dagli altoparlanti di questa struttura elicoidale realizzata in vetroresina, acciaio inox e legno. Non conta il contenuto della poesia ma il suono che le sue parole producono.

6. Heewon Lee – 108. Installazione video-sonora del 2010. Ci si trova davanti a un film composto esclusivamente da lettere; ogni carattere corrisponde a una diversa nota musicale che viene riprodotta dai 108 carillon che si trovano disposti ai piedi dello schermo di proiezione. Il tema dell’opera è di tutto rispetto: porre l’attenzione sul tema dei bambini abbandonati e orfani. Ciononostante l’opera a livello tecnologico non presenta nulla di eccezionale. Non si tratta di un’opera interattiva e sebbene il suono e l’immagine siano connessi da dispositivi informatici, più che appartenere a un’installazione del nuovo millennio, sembra raccordarsi alle sperimentazioni della video arte degli anni Settanta.

7. Alexandre Burton_Artificiel – Impacts. Si tratta di un’installazione del 2012 composta da una serie di elementi, ognuno dei quali è costituito da una lastra di vetro e da una bobina Tesla. L’opera è interattiva, perché prende vita quando ci si avvicina ai suoi elementi. Quando ci si trova in prossimità dell’opera, la bobina genera dei fasci energetici che, impattando sulle lastre di vetro, generano diverse creazioni visive e sonore. Bellezza e pericolo sono i temi di quest’installazione. La bellezza delle immagini provocate dalle scariche e il pericolo delle stesse scariche. L’invito ad avvicinarsi all’opera è dunque un invito ad avvicinarsi alla bellezza, allo stesso tempo l’avvicinarsi alle scariche può anche essere pericoloso. L’impatto della bellezza dunque è pericoloso. La bellezza è pericolo, ciononostante tutti siamo travolti dal desiderio di raggiungerla, non curandoci dei rischi che si corrono.

8. Cod.Act, André & Michel Décosterd – Cycloïd-E. Si tratta di un’installazione cinetica e sonora del 2009, composta da diversi segmenti metallici provvisti di speaker che producono suoni in base ai movimenti di rotazione. Ogni segmento dell’installazione è un pendolo e l’unione di un numero elevato di tali oggetti aumenta la varietà visiva e sonora. I vari segmenti sono sfalsati l’uno con l’altro di modo che possano sovrapporsi tra di loro durante la rotazione. Il braccio, che compie un movimento rotatorio su un piano orizzontale, è legato a un’asse verticale che permette di annullare l’effetto della gravità. Un motore centrale dà l’impulso per il movimento che, anche se determinato, è allo stesso tempo caotico. Il moto di questo pendolo varia costantemente sia nella traiettoria che nella velocità. Le variazioni sono dunque provocate sia dall’impulso casuale del motore che dal trasferimento di energia cinetica tra i segmenti.

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9. Donato Piccolo – Orchestra Stocastica. Una serie di installazioni immette l’osservatore dentro un universo sonoro composto dall’accostamento e dalla sovrapposizione di tutti i suoni che ciascun oggetto produce singolarmente: una scarpa azionata da un braccio meccanico che scalcia colpendo la lastra che la racchiude, una lattina percorsa da una scarica elettrica, un tubo oscillante stracolmo di palline. Un insieme di rumori comuni che generano una strana partitura da ascoltare.

10. Pietro Pirelli, Gianpietro Grossi – Arpa di luce. Si tratta di una installazione interattiva e strumentale e allo stesso tempo è una performance multisensoriale. Realizzata nel 2010 e adattata nei diversi luoghi dove viene ospitata, l’opera colpisce subito, perché alzando gli occhi si notano dei fasci di luce verdi che percorrono l’intera stanza. Sono le corde di un’illusoria arpa, che possono realmente essere suonate sia con le dita, che muovendo un pendolo presente al centro della stanza, che colpendo le corde genera una melodia infinita e uno straordinario gioco di luci. L’opera in questione è pienamente digitale e pienamente interattiva.

A conclusione di questo percorso si può dire che le opere pienamente digitali son davvero poche e più che le tecnologie digitali, a far da padrone in Digital Life 2014 è il suono e i diversi modi in cui può essere agito, realizzato, ascoltato. Un suono che può essere meccanico, realizzato per contatto fisico tra due oggetti, come nel caso di Donato Piccolo, un suono cinetico, realizzato dalle variazioni di velocità come nell’opera Cycloid-E, fino al suono evanescente e misterioso creato dalle corde di luce tesa, in cui un software dialogando con i raggi laser emette i suoni ad essi associati. Un’esperienza sensoriale che mette in risalto il senso dell’udito, riportandoci a una fase pre-rinascimentale, pre-vista, un mondo in cui ancora vi era una reale forma di socialità, dove i racconti si raccontavano sul serio a voce alta tra amici e non si scrivevano sui libri relegando l’uomo all’isolamento con se stesso. In Digital Life 2014 si può rivivere, insieme agli altri partecipanti, questo percorso tutto sonoro dove noi osservatori contribuiamo con il nostro esserci, con il nostro interagire, allo sviluppo di un racconto orale dove a contare è il suono e non il significato.

Digital Life 2014

Roma Europa Festival

La Pelanda (ex mattatoio Testaccio)

In mostra dal 9 ottobre al 30 novembre 2014 dalle 16 alle 20 escluso il lunedì

Biglietto: 7 €