La XXVII edizione di Danae Festival si presenta con un’immagine di un essere marino appena riconoscibile, che vive a grandi profondità, presente sulla terra da milioni di anni: il capodoglio. Animale dalla grande intelligenza e dallo stile di vita elusivo e enigmatico ha spesso ispirato la creazione di creature mitiche, simboli di forza, potenza della natura e caos.
Un’immagine perfetta per il racconto di questa edizione, che si dispiega a partire dal concetto di “Numinoso”, parola bellissima coniata dal teologo tedesco Rudolf Otto (nella sua opera Das Heilige «Il Sacro», 1917) per indicare l’esperienza peculiare, extra-razionale, di una presenza invisibile, maestosa, potente, qualcosa che incute spavento e riverenza insieme, come il magico e l’arcano.
Il numinoso scaturisce dal paesaggio che Danae Festival va disegnando quest’anno. Si rintracciano nei lavori riflessioni sul divino, il sacro, il mistero, i tabù del nostro tempo come la morte e la vecchiaia. Una tensione verso “un altro mondo” fatto di presenze, voci sottili e misteriose che non sappiamo più riconoscere e ascoltare.
Riecheggia qui la famosa frase di Cristina Campo: “Due mondi – e io vengo dall’altro”. In queste poche parole si condensa il senso di straniamento di molti che sentono un disagio verso il proprio mondo e il proprio tempo. Ma qual è questo altro mondo a cui allude la Campo? Chandra Candiani dice che “l’altro mondo” è già qui e che sarà nostro, vi apparterremo solo se lo avremo scelto e voluto, in un faticoso cammino di liberazione dalle catene del nostro tempo.
Dopo la fine delle utopie degli anni passati in cui si era sperato in un mondo migliore, nel panorama mondiale attuale quale può essere la via per la costruzione di “un altro mondo” in cui ci sia ancora spazio per l’invisibile, per il magico, il numinoso, per tutto ciò che non si comprende razionalmente? E anche “attenzione” ai segni, ai bagliori simbolici, le analogie impreviste o le sincronicità? Perché è solo attraverso le allusioni nascoste nel reale che il mistero si manifesta.
L’arte è quella possibilità, capace di rivelare aspetti della realtà che altre forme di conoscenza, non sono in grado di esplorare. L’arte si manifesta come un modo di conoscere che trascende la semplice percezione sensibile o intellettuale, arrivando a toccare le sfere emotive e spirituali dell’esperienza umana. Nell’arte, il velo della pura conoscenza razionale è squarciato per rivelare una dimensione di conoscenza più profonda e complessa.
E noi siamo in cerca di quei progetti che ci parlino di ciò che siamo e ciò che ci circonda, senza appiattirsi sul presente, consegnandoci visioni, preveggenze, misteri, enigmi.
Buon Festival!
Alessandra De Santis

