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Digital Performance webzine di Anna Monteverdi
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Intervista all’artista digitale SVCCY: dalla Vaporwave alla scena crypto, tra arte e teatro.
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Svccy, è un digital artist italiano. Ha iniziato la sua formazione artistica nel 2016, specializzandosi nella collage art digitale per poi avventurarsi nel campo della grafica 3D. La sua arte si ispira alla corrente Vaporwave, con una variante più oscura e introspettiva che riflette la condizione dell’individuo contemporaneo influenzato dalla tecnologia e dalla società ultra-consumistica. La sua ricerca artistica esplora temi di identità, autenticità e libertà illusoria nell’era dei media e della rivoluzione tecnologica. Le opere di Svccy sono caratterizzate da figure umane statuarie senza volto o coperte da oggetti, a rappresentare la mancanza di identità individuale nella società odierna. Alle complesse composizione animate aggiunge la musica, anch’essa realizzata dall’artista stesso, per una completezza dell’opera unica a 360 gradi. Nel gennaio del 2023 è stato uno dei primi artisti italiani ad essere stato selezionato per un’esposizione personale presso la celebre e innovativa location di Londra W1 Curates, in Oxford Street, a cura di Zanini Arte dal titolo “Dystopian Constructions”. Un’installazione interamente immersiva che ha anticipato i più celebri nomi della scena crypto internazionale. Nella primavera dello stesso anno, ha esposto a Shibuya, Tokyo e partecipato alla Digital Art Week di Milano.

È stato scelto come artista digitale per illustrare le opere “Norma” di Vincenzo Bellini e “Nabucco” di Giuseppe Verdi durante l’evento Trilogia d’Autunno 2023, del Ravenna Festival, sotto la direzione del Maestro Riccardo Muti. Le innovative opere di Svccy hanno dato vita a scenografie avanguardistiche portando, in maniera rivoluzionaria, l’arte digitale all’interno del mondo classico del teatro, in special modo dell’opera lirica. Selezionato tra i 12 artisti digitali del premio VDA Award per la sua prima edizione 2023. È stato spot artist del software DALL-E, l’algoritmo di intelligenza artificiale in grado di generare immagini, sviluppato da OpenAI. Collabora attivamente in tutto il mondo con Art Point (Parigi, Francia) e con la community web3 WoW (World of Women). Vincitore del premio Giovanarte 2024. E’ rappresentato dalla galleria Zanini Arte (Mantova, Italia) come artista phygital, partecipando a numerose fiere e mostre.

Installazione “Multicolored houses” CAP3000, Nizza, 2024

Anna Monteverdi: Puoi descrivere in breve la tua arte? E come mai hai questo nome d’arte?

SVCCY: La mia arte nasce dall’esigenza di riflettere su temi come l’identità, l’autenticità e il senso di libertà nell’epoca in cui viviamo, fortemente influenzata dai media e dalla tecnologia. Utilizzo principalmente la grafica 3D per creare composizioni animate in cui appaiono statue spesso inserite in ambienti distopici o coperte da oggetti: simbolo della perdita dell’individualità e dell’alienazione tipica della società contemporanea. Mi piace creare atmosfere sospese, quasi fuori dal tempo, dove si percepisce una solitudine digitale profonda. Le mie opere vogliono raccontare quel paradosso che viviamo ogni giorno: siamo sempre connessi, eppure spesso ci sentiamo emotivamente isolati. Nonostante i messaggi siano a volte critici o malinconici, cerco sempre di curare molto l’aspetto visivo: uso colori forti, luci suggestive e composizioni armoniche per attrarre chi guarda e invitarlo a fermarsi, a riflettere. Il nome “SVCCY” nasce da una rivisitazione del mio cognome, Succi. È un rimando alla cultura Vaporwave/Aesthetic, che ha influenzato i miei primi anni di produzione artistica. In quel contesto, molti artisti — appartenenti a un movimento nato e sviluppatosi su internet nel 2011-12 — sceglievano di celare la propria identità reale dietro nomi artistici.

AMM: Arte digitale, AI art, Mapping art, Arte proiezionale… Preferisci che la tua opera sia “letta” sulla base delle tecnologie o sulla base delle tematiche o delle estetiche? Ho trovato molto forte nei tuoi lavori il tema dell’identità, del gigantismo dell’umano, dell’antico eroso dal moderno/dalle tecnologie e anche un riferimento non nascosto alla metafisica italiana…

SVCCY: Preferisco che le mie opere vengano lette principalmente sulla base delle tematiche, perché alla fine, è questo che arriva davvero al pubblico che fruisce l’arte. Le tecnologie sono uno strumento importante, certo, ma oggi esistono così tante soluzioni tecniche per ottenere risultati simili che diventa sempre più difficile, soprattutto per chi guarda da fuori, distinguere un workflow da un altro. Per chi invece lavora nel settore artistico, o per le aziende che si avvicinano a progetti artistici, il discorso è diverso: in quei casi è secondo me è importante valorizzare anche la componente tecnica e comprendere il metodo di lavoro dell’artista, per poter selezionare con consapevolezza e capire davvero il tipo di linguaggio e di approccio con cui si ha a che fare. Tutte le tematiche che hai citato fanno parte della mia ricerca: l’identità, il gigantismo della figura umana, il contrasto tra antico e moderno, l’erosione del classico da parte del presente. Sono temi che mi affascinano profondamente, insieme a riferimenti a correnti a me molto care come la Metafisica e il Surrealismo, che sono senz’altro una parte importante del mio immaginario.

AMM: W1 a Londra ti ha scelto come uno dei primi artisti italiani: si tratta di uno spazio davvero spettacolare e immagino tu abbia dovuto ri-creare e riadattare le tue opere in formato immersivo. Questo tema dell’immersività quale valore aggiunge all’opera?

Mostra personale “Dystopian Constructions” – W1 Curates, Oxford Street, Londra, 2023

SVCCY: Per W1 a Londra ho dovuto rielaborare le mie opere in modo che potessero adattarsi a un contesto immersivo. È stato un lavoro interessante, che mi ha permesso di riflettere su come le opere animati si trasformino quando abbandonano il formato “tradizionale” per entrare in uno spazio che avvolge completamente lo spettatore. Il tema dell’immersività è diventato sempre più centrale nella mia ricerca negli ultimi anni. Sto cercando di orientarmi verso progetti che coinvolgano lo spettatore in modo più diretto, attraverso installazioni live in cui audio e video dialogano tra loro in tempo reale. A novembre dello scorso anno, ad esempio, ho presentato in Francia un’opera che si poteva letteralmente calpestare, creando un’interazione fisica con il pubblico. Attualmente sto lavorando insieme al M° Pasquale Corrado a una performance audiovisiva di 45 minuti intitolata Requiem, in cui musica classica ed elettronica si fondono con il mio linguaggio visivo. È un progetto che unisce mondi diversi e che rappresenta perfettamente la direzione in cui voglio portare la mia arte: verso un’esperienza completa, immersiva e sensoriale

Render di anteprima di Requiem

AMM: Refik Anadol è oggi uno degli artisti più famosi nell’ambito dell’AI insieme a Davide Quayola e Sofia Crespo. Ti sei mai confrontato con i loro lavori? Hai dei modelli di riferimento?

SVCCY: Sì, mi sono confrontato con i lavori di Refik Anadol, Davide Quayola, Sofia Crespo e di molti altri artisti che operano nell’ambito dell’AI. Trovo il loro lavoro estremamente affascinante, così come le nuove possibilità espressive e le esperienze artistiche che queste tecnologie stanno rendendo possibili. L’intelligenza artificiale sta davvero aprendo frontiere interessanti per l’arte contemporanea. Detto questo, lavorando principalmente nel campo della grafica 3D, i miei principali punti di riferimento rimangono artisti 3D di fama internazionale. È un ambito che mi permette ancora oggi una libertà e una personalizzazione profonda del lavoro visivo, soprattutto in termini di composizione, modellazione e controllo sui dettagli. Questo non significa che non sia aperto all’utilizzo dell’AI -anzi, ne faccio uso regolarmente per ottimizzare alcuni aspetti del mio workflow, ad esempio per la texturizzazione, l’upscaling di immagini e video, o altre operazioni tecniche che altrimenti mi porterebbero via settimane di lavoro. Quindi, pur restando legato al mondo 3D, considero l’AI uno strumento prezioso, che uso in modo consapevole e mirato all’interno del mio processo creativo.

Scenografia da Norma, Trilogia d’Autunno – Ravenna Festival 2023, Teatro Alighieri, Ravenna

AMM: Mi interessa la parte teatrale: hai partecipato al Ravenna Festival diretto da Riccardo Muti con una videoscenografia imponente: puoi raccontarci quest’esperienza o altri lavori teatrali?

SVCCY: Il lavoro per il Ravenna Festival è stato un progetto molto particolare e stimolante, perché non si trattava semplicemente di creare dei video o delle immagini da proiettare in accompagnamento alla musica, ma di costruire una vera e propria scenografia visiva in tempo reale, sincronizzata dal vivo con l’orchestra. Per entrambe le opere, Norma e Nabucco, ho realizzato ogni scena come una composizione stratificata di immagini e video su più livelli. Questi livelli sono poi stati integrati all’interno di un software di messa in onda televisiva, che ci ha permesso di gestire in diretta la scenografia durante la performance. In questo modo siamo riusciti a essere sempre perfettamente sincronizzati con l’orchestra, diretta dal M° Riccardo Muti, creando un dialogo continuo tra musica e immagine. Attualmente sto lavorando ad altri progetti legati alla performance, ma sono ancora in fase di sviluppo. Negli ultimi anni mi sono concentrato principalmente su opere pensate per spazi espositivi e installativi, ma il lato performativo è qualcosa che mi interessa molto e che sto cercando di approfondire sempre di più.

AMM: La mostra di un anno fa a Parma ha aperto finalmente, anche nel nostro Paese le porte ad artisti italiani che lavorano su Ai (e non solo), da Lino Strangis a Kamilia Kard a Martin Romeo a Vincenzo Marsiglia. Credi che l’Italia faccia abbastanza per artisti come voi che richiedono un’attenzione speciale in quanto a luoghi e situazioni espositive? Penso a Parigi che ha spazi appositi come il Padiglione immersivo o il Parc de la Villette...

SVCCY: Negli ultimi anni, anche in Italia si sta iniziando a muovere qualcosa per valorizzare l’arte digitale e i linguaggi più innovativi, ma il percorso è ancora lungo. La maggior parte degli spazi espositivi e museali fatica a disporre di ambienti tecnicamente attrezzati per ospitare installazioni immersive o progetti performativi complessi. Solo alcune realtà, spesso private o legate a festival specifici, riescono ad accogliere questo tipo di lavori in modo adeguato. Per questo motivo, gran parte del mio lavoro si sviluppa all’estero, in città come Parigi, Londra, Tokyo o Seoul, dove l’arte digitale è ormai pienamente integrata all’interno del sistema culturale, e dove esistono spazi pensati appositamente per queste forme di espressione. Basti pensare, come citavi, al Padiglione immersivo a Parigi o a istituzioni che da anni investono su questi linguaggi con continuità. Detto questo, sono fiducioso: eventi come la mostra di Parma, che ha dato spazio ad artisti italiani che lavorano con l’AI e la digital art, sono segnali positivi. È importante che sempre più istituzioni in Italia inizino a considerare seriamente questi linguaggi, che ormai fanno parte integrante del panorama artistico contemporaneo.

Nell’ultima Design week di Milano più che AI art c’era molta light art e installazioni immersive davvero importanti. Pensi sia la nuova direzione dell’arte tecnologica?

SVCCY: Secondo me, più che parlare di una direzione unica, oggi stiamo assistendo a un’interessante fusione tra linguaggi diversi: AI art, light art, installazioni immersive… non si escludono a vicenda, anzi, spesso si sovrappongono e si contaminano. Durante l’ultima Design Week di Milano, ad esempio, ho visto molte installazioni che, pur non utilizzando direttamente l’AI, avevano comunque un forte impatto tecnologico e immersivo. Questo dimostra quanto l’arte stia evolvendo in direzioni ibride. Personalmente, credo che il futuro dell’arte digitale sia proprio in questa ibridazione: tra strumenti, tecniche e mondi diversi. L’intelligenza artificiale avrà sicuramente un ruolo sempre più centrale, non solo come supporto tecnico ma come parte attiva del processo creativo. Alcuni artisti già oggi lavorano fianco a fianco con algoritmi che generano contenuti in tempo reale, o che si adattano all’interazione del pubblico. Allo stesso tempo, l’arte digitale sta uscendo dagli schermi e sta entrando negli spazi fisici, trasformandosi in esperienze immersive che uniscono video, suono, luci, dati e movimento. Penso che il vero cambiamento non sia tanto nella “tecnica dominante”, ma nella capacità dell’arte contemporanea di muoversi liberamente tra reale e virtuale, tra installazione e software, tra passato e futuro.

AMM: Le tue opere sono sia “immateriali” o video che fisiche e vendi i tuoi lavori come NFT. Ci puoi far capire come funziona questo sistema dell’arte?

SVCCY Attualmente vendo le mie opere sia in formato digitale che fisico, a seconda del tipo di progetto e del contesto. Per quanto riguarda il digitale, utilizzo gli NFT, che sono certificati digitali registrati su blockchain e che garantiscono l’unicità e la provenienza dell’opera. In pratica, quando qualcuno acquista un mio NFT, sta acquistando non solo il file video dell’opera, ma anche un certificato che ne attesta l’autenticità e la proprietà. Questo sistema permette di collezionare arte digitale in modo trasparente e sicuro, ed è particolarmente adatto per chi è interessato a questo tipo di linguaggio contemporaneo. Sul fronte fisico, invece, realizzo delle stampe uniche su lastra di alluminio, che poi incornicio. Ogni stampa è pensata come un pezzo singolo, un 1/1, proprio come avviene con l’arte tradizionale. Questo mi permette di dare anche una dimensione “tangibile” ai miei lavori. Ultimamente sto anche sperimentando con soluzioni ibride: ad esempio, la vendita di opere animate inserite all’interno di cornici digitali da parete. Sono display pensati proprio per essere appesi come quadri, ma che permettono all’opera di vivere nel suo formato originale, cioè in movimento. È un modo interessante per portare l’arte digitale dentro gli spazi domestici o espositivi, senza rinunciare all’aspetto estetico e installativo.

AMM: Ho visto che alcune tue opere sono state usate anche da brand importanti: come conciliare la parte artistica con quella commerciale?

Cornici digitali con le opere Pink house e Orange house

SVCCY Per come lavoro io, la parte artistica e quella commerciale vanno spesso di pari passo. Quando un brand si rivolge a me, di solito è perché ha già visto i miei lavori e si riconosce in quello che faccio, nel mio stile, nelle atmosfere che creo. Questo significa che, anche se ovviamente ci sono delle linee guida o dei valori da rispettare, legati all’identità del brand, il mio linguaggio rimane centrale. Quindi il risultato non è un compromesso, ma piuttosto una collaborazione in cui ognuno porta qualcosa. Per me è importante che anche nei progetti commerciali ci sia una coerenza con il mio percorso. È chiaro che il contesto cambia, ma se la poetica resta, allora anche quel tipo di lavoro può avere un valore artistico vero. Anzi, a volte proprio da queste contaminazioni nascono cose interessanti, perché costringono a metterti in gioco in modi nuovi, senza perdere la tua identità.

Opera animata per The Venetian Resort Las Vegas, 2024

16/06/2025 annamaria monteverdi

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