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Finissage della mostra GIACOMO VERDE: LIBERARE ARTE DA ARTISTI al CAMeC della Spezia(11-12-13 gennaio 2023)
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Non sarà facile richiudere quelle scatole della memoria che ci hanno regalato cose inaspettate e straordinarie. Faccio fatica a pensare che il CAMeC della SPEZIA dove ci siamo dati appuntamento per ricordare Giacomo Verde così tante volte, per vedere i suoi video, le sue installazioni, i suoi televisori spaccati, non sarà più la sua casa. Tanti amici e appassionati di videoarte sono venuti da Milano, Roma, Torino, Padova, Treviso, Vicenza, Genova, Bologna e persino dalla Svizzera per vedere la mostra e ne sono rimasti entusiasti. Ringraziamo il Comune della Spezia per questa opportunità unica e per aver riconosciuto il valore di un artista non etichettabile. Resteremo ancora alla Spezia a inventariare i materiali e fotografarli grazie all’opportunità offertaci dell’Assessorato al Patrimonio; a breve uscirà anche il catalogo con la grafica di Gabriele Menconi”. Anna Maria Monteverdi

La prima sala di LIBERARE ARTE DA ARTISTI. PH- A. Bronzini.

Comunicato stampa:

CAMeC | La Spezia 25 giugno 2022 – 15 gennaio 2023

3 giorni di finissage per
Liberare Arte da Artisti. Giacomo Verde artivista

11, 12 e 13 gennaio 2023
a cura di Anna Maria Monteverdi

Una vernice con musica e performance dal vivo, il 25 giugno 2022. Il re-opening del 20 luglio con una tavola rotonda sui fatti del G8 di Genova del 2001 e la proiezione del video-docu d’arte di Giacomo Verde, Solo Limoni, girato durante quei giorni di manifestazioni e proteste. Il re-opening del 9 settembre dedicato alla tecnoarte e interazione con la presentazione della ristampa del libro curato da Silvana Vassallo, e il ripristino tecnico di una tra le prime opere di arte interattiva italiana, Reperto AntropoLogico Uno Nove Nove Sette in prestito dal Museo Ma*Ga di Gallarate. E ancora, il re-opening del 18 novembre dedicato all’intera storia teatrale di Verde dagli anni di Pontedera con Marco Paolini a quelli di Santarcangelo con il Teatro delle Albe fino all’ideazione del teleracconto e del suo speciale teatro ‘tecnologico’ presentato a ogni Festival, mostrando le molteplici esperienze creative con artisti e compagnie tra le più affermate, sia nel teatro di ricerca sia in quello dedicato all’infanzia.

La chiusura di una mostra-evento così ricca non poteva, quindi, che prevedere ben tre giorni di finissage per riaffermare la prismatica personalità artistica di Giacomo Verde.

Le fotografie di Massimo Vitali dello studio di Verde. A destra il “Quadro esploso” . Ph. N. Pittaluga

Mercoledì 11 gennaio, dall’apertura fino alle 17.00, sarà proiettato in loop l’ultimo spettacolo teatrale di Verde, Piccolo diario dei malanni, in versione integrale. A seguire, alle 17.00, Annalisa Maggiani, danzatrice Butoh insieme con il videomaker Mario Morleo presenterà in esclusiva Radici, un omaggio coreutico a Giacomo Verde.

Giovedì 12 gennaio, alle ore 16.30, la curatrice Anna Maria Monteverdi si incaricherà dell’ultima visita guidata alla mostra per la Società Dante Alighieri. L’evento, aperto al pubblico, prevederà anche un approfondimento dedicato a Gli archivi video di Giacomo Verde: dalla conservazione alla digitalizzazione. L’incontro vedrà il contributo di Saul Carassale, esperto di video conservazione, collaboratore della Mediateca Regionale Ligure.

Last but not least, venerdì 13 gennaio dalle ore 16 alle 18 il finissage con l’intervento del designer e artista visivo, Gianfranco Martinelli, e Sabatino Verde, fratello di Giacomo che chiuderanno questi sette intensi mesi di (ri)scoperta dell’artivista, net artist, attore, regista, performer, videoartista, Giacomo Verde.  

CREDITS E INFO

Mostra promossa daComune della Spezia Sindaco e Assessore alla cultura, Pierluigi Peracchini
Dirigente Servizi Culturali, Rosanna Ghirri
e prodotta daCAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea
  con il contributo di       

INFORMAZIONI e CONTATTI

titolo: Liberare Arte da Artisti. Giacomo Verde artivista

sezione a cura di: Anna Maria Monteverdi

in collaborazione con: Andreina Di Brino, Sandra Lischi, Tommaso Verde

direzione del progetto: Eleonora Acerbi e Cinzia Compalati
ufficio prestiti: Cristiana Maucci

progetto grafico: Gabriele Menconi

luogo: CAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea, La Spezia, Piazza Cesare Battisti 1

apertura al pubblico: 26 giugno 2022 – 15 gennaio 2023

orari: da martedì a domenica 11.00 – 18.00

biglietti: intero euro 5, ridotto euro 4, ridotto speciale euro 3,50

per informazioni: Tel. +39 0187 727530 | camec@comune.sp.it |http://camec.museilaspezia.it

Il capolavoro di Ariane Mnouchkine/Theatre du Soleil. L’isola d’oro in scena alla Cartoucherie.
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Ariane Mnouchkine “sforna” il suo ennesimo capolavoro. Da strenua difenditrice dei valori umani più alti, quali la libertà, l’uguaglianza, la pace, nel suo ultimo spettacolo alla Cartoucherie di Parigi, ripercorre quegli ideali che hanno dato forma e identità a un teatro che quei principi li ha incarnati da sempre.

L’isola d’oro è quello spazio immaginario dove trovano riparo tutte le utopie, tutti i sogni di democrazia che hanno animato il Théatre du soleil e la vita stessa della Mnouchkine: lì si parla giapponese, con riferimento al primo viaggio della Mnouchkine nel 1963 alla ricerca delle radici teatrali. Inutile dire che questo spettacolo ha il segno se non del commiato, del passaggio di memorie dell’ottantaduenne Mnouchkine.

Qual è il luogo dove far crescere gli ideali del socialismo? Non nella lontana terra ghiacciata raccontata da Julius Verne dove era ambientato Les Naufragés du Fol Espoir perché neanche lì gli uomini riescono a vivere in armonia, accecati come sono dal denaro, dal potere, dalla vendetta.  

Quell’isola- arca- rifugio però, esiste davvero, ed è proprio la Cartoucherie, che ospita dal 1964 il suo teatro e che ha dimostrato che si può vivere in comunità, condividendo vita, ideali e utopie dentro e fuori il teatro. Ariane Mnouchkine ha da sempre usato la scena per portare alla luce i problemi concreti del mondo, non sottraendosi dunque, a quel dovere del teatro, a cui spesso le compagnie si fanno latitanti, di ficcare gli occhi in faccia alla vita: la tragedia dei profughi, le violenze, le persecuzioni, le emarginazioni, la mancanza dei diritti civili nei paesi totalitari, le torture, le discriminazioni, le guerre. La Cartoucherie è veramente il luogo (l’isola d’oro..) dove tutti hanno diritto di cittadinanza, dove è possibile incontrare il teatro degli oppressi, il teatro d’Oriente, quello di Baghdad e dove conoscere altre culture, altre lingue.

Rimaniamo sorpresi che non sia la Mnouchkine ad aprirci la porta del suo Teatro e a staccare i biglietti: apparirà più tardi, visibilmente stanca, accompagnata da un attore della compagnia ma senza trattenersi a lungo. In bella vista appena si entra, una cassetta per la raccolta di fondi per l’Ucraina. Ne usufruirà un Teatro con cui il Soleil è in contatto, e nel frattempo veniamo avvisati che per il bene del Pianeta e del portamonete della Compagnia,  la temperatura rimarrà a 16 gradi, e vengono così distribuite delle coperte con la raccomandazione di “condividerle”. Helen Cixous firma come sempre, il testo dello spettacolo che vede la luce nel marzo 2021. Il teatro è ricoperto di colori e arredi giapponesi, e mentre la troupe si prepara, possiamo mangiare nei tavoli comuni, una minestra orientale e riscaldarci. La numerosa famiglia del Soleil ha attori provenienti da 31 Paesi diversi:  solo in questa produzione ci sono 35 attori in scena di diverse nazionalità (anche se i tratti giapponesi vengono simulati con una calza indossata nel viso). Il Soleil ospita rifugiati politici, stranieri sans papier. Per capire il suo teatro rimandiamo all’enorme archivio video reso disponibile durante il terribile 2020 e a differenza degli altri teatri, rimasto libero. Ecco qua il link

Anche se L’ISOLA D’ORO non è uno spettacolo sul confinamento forzato, il Covid si presenta subito come protagonista, insieme a quei cellulari che continuano a squillare per tutto lo spettacolo, con i video e le comunicazioni istantanee che hanno permesso a molti di noi di essere vicini pur a distanza, ai  nostri cari: la dedica al medico cinese Li Wenliang che per primo in un ospedale a Wuhan tentò invano, di avvisare dei primi segni di una malattia sconosciuta che poi sarebbe stata il Sars Covid 2 di cui lui stesso morì, è un’anticipazione di quello che si vedrà. Eroe per molti ma non per tutti.

Una donna è in un letto di ospedale; si chiama Cornelia (una specie di alter ego della Mnouchkine, anche lei ammalatasi di Covid nel 2020) e sogna o ricorda, di essere in Giappone. Così tra continui passaggi spazio-temporali tra Europa e Giappone si apre un intrigante e visionario racconto reso dinamico dalla costruzione in diretta di palchi e ambienti grazie a servi di scena incappucciati di nero, come da tradizione giapponese. Non si riesce a seguire linearmente la storia perché in realtà, ce ne sono almeno 4 o 5 che vengono continuamente interrotte e riprese. Si parla di un’isola d’oro (con riferimento non casuale all’isola di Sado, luogo di esilio per politici e intellettuali sgraditi al governo ) dove si terrà un festival di teatro, una grande festa “del presente luminoso”; questa è un’isola rifugio per quegli artisti che “resistono alle forze del male”. Il Festival ha come nemici degli speculatori che intravedono ben altri guadagni nel trasformare l’area incontaminata per costruirvi un casinò. Tra apparizioni di scenografie, squarci di vedute del vulcano Fuji e del porticciolo con i suoi pescherecci, il sogno si affolla di altre visioni: la rivolta democratica di Hong Kong, gli esuli afghani, il conflitto senza fine arabo-israeliano. Troviamo pezzi di racconto e modalità di costruire la scena già viste, in una consuetudine rassicurante e in una libertà totale dell’autore e degli attori: un numero incredibile di pedane mobili sono mosse da repousseur, come già ai tempi di Le Dernier Caravansérail. Va in scena il Giappone con le sue millenarie tradizioni teatrali, con le sue maschere e le marionette, con il teatro nô e con la sua forma comica, il kyôgen in una festa di colori e di trucchi.L’oro dell’isola è quello dell’ospitalità, dell’amicizia, della fedeltà.

© Michèle Laurent 

Questa non è una favola.

L’Ile d’Or esiste davvero? Dov’è lei ? Questa volta è in acque giapponesi. Sì, esiste. Non è la prima volta. È già esistita (ed esisterà ancora) più di una volta nella lunga cronaca delle nostre Stelle e dei nostri Disastri. Ogni volta che il mondo è vicino all’autodistruzione, molti allegri difensori dell’onore della speranza, per niente pazzi, si affrettano a trovare l’arca o la nave. Andiamo sull’Isola, sembra un esilio, è un rifugio e un nuovo inizio.

Ricordi Utopia, ovviamente. Un’isola quasi incredibile: in risposta a un re tiranno violento, crudele e reale che ha scosso il pianeta e decapitato come argomento, il coraggioso studioso Thomas More è venuto a scoprire quest’isola promessa. E già, negli anni Trenta del Cinquecento, era la cultura del cuore contro le Potenze Brutali, assassine della mente.

Una maledetta nebbia si è diffusa in tutta la città?

Velocemente ! un’isola. E tutto il necessario per creare il paradiso, l’uguaglianza tra i sessi, la cultura delle arti, la creazione di un linguaggio, l’utopico, liberato dai suoni rochi delle volgarità cosiddette “moderne”. Di questo di cosa parleremo sulla nostra isola? Senza dubbio il melodioso Aureus (oro in latino) del teatro. HELENE CIXOUS

L’ÎLE D’OR

Kanemu-Jima

du 13 janvier au 5 mars 2023

les 24 dernières représentations

Une création collective du Théâtre du Soleil

en harmonie avec Hélène Cixous

dirigée par Ariane Mnouchkine

AL PAC DI MILANO JAPAN. BODY_PERFORM_LIVE 22.11.2022—12.2.2023 a cura di Shihoko Iida e Diego Sileo
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Il PAC prosegue la sua esplorazione delle culture internazionali sulle tracce della contemporaneità con una mostra che si propone di introdurci alle diverse espressioni dell’arte contemporanea giapponese degli anni duemila, concentrandosi in particolare sulle tendenze che coinvolgono i corpi degli artisti, sugli elementi della performance, e sulle dinamiche e i movimenti ad essa pertinenti.

Analizzando criticamente le relazioni tra queste espressioni corporee e la società, l’ambiente e la materialità, nonché la tecnologia, gli artisti invitati racconteranno le loro visioni della vita e della morte, il senso di urgenza sulla politica di identità e come la politica sociale – lo spirito del nostro tempo – si sia rivelato attraverso le pratiche artistiche.

Il progetto proverà a contestualizzare le attuali forme d’arte nella genealogia delle avanguardie giapponesi del dopoguerra, o nel recente passato, generando dialoghi multistrato tra le opere in mostra.

In occasione della partecipazione dei Dumb Type in mostra con la video installazione LOVE/SEX/DEATH/MONEY/LIFE, un incontro con Shiro Takatani – uno dei membri fondatori nel 1984 del collettivo giapponese – sulla storia e sull’evoluzione della loro poetica dagli esordi al Padiglione Giappone ai Giardini dell’ultima Biennale di Venezia. Dialogano con Takatani i due curatori insieme con Franco Laera e Daniele Perra._Docente, giornalista e curatore, Daniele Perra è responsabile dei progetti speciali di exibart e curatore della exibart digital gallery. È docente all’Accademia di Belle Arti G. Carrara di Bergamo, al DAMS di Brescia, all’Università Cattolica di Milano e allo IED di Milano.Direttore artistico e produttore, Franco Laera nel 1989 fonda il nuovo organismo di ideazione e produzione artistica interdisciplinare Change Performing Arts, che si occupa di ideazione e produzione di progetti a livello internazionale in collaborazione con istituzioni, festivals e teatri di tutto il mondo, con il coinvolgimento di artisti della scena mondiale.

Artisti

Makoto Aida, Dumb Type, Finger Pointing Worker/Kota Takeuchi, Mari Katayama, Meiro Koizumi, Yuko Mohri, Saburo Muraoka, Yoko Ono, Lieko Shiga, Chiharu Shiota, Kishio Suga, Yui Usui, Ami Yamasaki, Chikako Yamashiro, Fuyuki Yamakawa, Atsuko Tanaka, Kazuo Shiraga.

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Carlo Infante e Carlo Presotto alla mostra di Giacomo Verde: walkabout tra le memorie e la riproposta del teleracconto sulla guerra.
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Il 18 novembre al CAMEC della Spezia ha avuto luogo una giornata intensa e affollatissima dedicata al teatro di Giacomo Verde, un teatro che sfuggiva alle regole, ai compromessi, un teatro mai adatto alle programmazioni ufficiali, come del resto lo era tutta la sua arte. Un teatro imprendibile, un teatro nuovo, un teatro che cambiava la percezione della tecnologia e del mondo. Un teatro di tutti e per tutti.

Tra il pubblico sopra: PAOLA ROSSI e TOMMASO VERDE; sotto CARLO INFANTE, CARLO PRESOTTO, MASSIMO MARINO

E’ stata una giornata magica anche perché la modalità ideata per raccontare il teatro era davvero inedita e originale. Carlo Infante, direttamente da Roma ha provato con successo a impiantare il format del suo rodatissimo Walkabout tra le memorie in mostra, di Giacomo Verde che lui conosceva e seguiva sin dai primi anni Ottanta (qua un suo resoconto della giornata) ; ha cercato di mettere insieme il puzzle dei ricordi tra fotografie, dépliant, quaderni, diari e ha raccontato via radio, al pubblico presente (e a quello connesso via facebook) quale nuovo teatro si cominciava a fondare in quei gloriosi anni. Intorno a lui, Dario Marconcini e Giovanna Daddi, già ideatori del Progetto Stanislawsky a Pontedera dove tra i “banchi”, il giovane Giacomo Verde imparava a fare l’attore insieme con Marco Paolini. Anche il critico Massimo Marino ha aiutato Infante nell’impresa di ricordare date e artisti presenti nelle fotografie delle “scatole della memoria” disposte ad hoc: Marino c’era a Bologna, a seguire Lunga vita all’albero, uno dei primi spettacoli con cui Verde iniziò un lungo percorso di collaborazione come attore, con il Teatro delle Albe. Quella iconica foto rimarrà nel suo studio, a ricordo delle radici della sua arte.

Ma poi c’è il video, e la videoarte e il videoteatro, e le tante, mille iniziative di tecnoarte tra centri sociali e manifestazioni importantissime, al POW di Narni ideato dallo stesso Infante, a Tekné di Milano e a Pisa con Mediamorfosi con un evento storico di Sandra Lischi che apriva all’arte interattiva. E poi Infante si avventura tra le pagine della gloriosa Banda Magnetica, che creava performance tecno in strada, con un Verde irriverente, situazionista e folle, accompagnato dal trombettista Frank Nemola. Chiamato sul momento, come vuole il format Nemola ci racconta la storia. E così le teche con i VHS e i 33 giri, e i costumi di scena si animano di vitalità alle parole di Nemola, riportando un soffio di quell’energia profusa in strada dalla BM. Ma poi protagonista è il TELERACCONTO, forse l’invenzione più geniale di Verde, che metteva la TV in mano a tutti per farne oggetto ludico, incarnazione vivente di quel teatro in quegli anni chiamato “elettronico” o videoteatro. E così Renzo Boldrini fondatore con Vania Pucci del Giallomare Minimal teatro, racconta al pubblico via telefono cosa aveva significato per lui l’incontro con Giacomo e con il teleracconto, da loro prodotto. Se nelle teche troviamo proprio i kit utilizzati per i teleracconti, Carlo Presotto con Paola Rossi del teatro La piccionaia di Vicenza ce ne danno un assaggio “live”. Basta documentazione! Il museo diventa teatro! E così la guerra nella ex Jugoslavia prende forma in video nel teleracconto E fu così che la guerra finì, con schegge appuntite di bicchieri, schede di pc, e fiori rossi messi sotto la lente della telecamera: il racconto di Presotto aiuta a farci immaginare quel dramma e quei paesaggi devastati da pochi oggetti taglienti. E’ davvero incredibile come a distanza di moltissimi anni da quel fine millennio il racconto con immagini dal vivo sia ancora così forte, toccante fino alle lacrime.

Il teleracconto e i suoi arnesi video verranno rielaborati da Verde che crea poi, diverse scenografie (o fondali) con aggiunta di computer e software audio video, ma sempre con l’idea della manipolazione live; e così il Museo si anima di immagini da Ovidio Metamorphoseon e da Storie mandaliche, primo ipertesto drammaturgico italiano scritto da Andrea Balzola. Anche in questo caso Infante telefona a Balzola che a distanza di anni, ricorda l’importanza di quella ricerca di un teatro ipermediale, della trasformazione di Verde da raccontastorie della tradizione in cybercontastorie.

La giornata è proseguita con un’altra ora di ricordi e di testimonianze: la giornalista Simona Frigerio ha introdotto e moderato il tavolo dei relatori, ognuno con un ricordo personale del Verde artista di teatro e del Verde artivista, le due cose sempre collegate insieme. Angela Fumarola direttrice artistica di Armunia ricorda le Giornate dell’Etica-Teatro e tecnologia del 2005 con le prove di Storie mandaliche in residenza a Castiglioncello e poi l’attività di formazione di Verde nelle scuole del territorio, fino all’ultimo episodio in cui Armunia ha prodotto il primo ricordo dell’artista con Giuliano Scabia e Tommaso Verde. Presotto ha ricordato come era nato il teleracconto sulla guerra nella ex Jugoslavia, a partire dalla vera esperienza in quei luoghi devastati. Anche Vania Pucci ha voluto essere presente sia pur in video, con una testimonianza del Teleracconto e di come ha adattato l’invenzione di Giacomo alle sue storie teatrali.

Dario Marconcini regista e fondatore del Teatro di Buti, ha ricordato gli episodi della scuola di Pontedera, le lezioni di Marisa Fabbri e ha raccontato la bravura di Verde nella recitazione a suo dire “espressionista”, Alessandra Moretti a nome di Aldes ha ricordato la produzione del Piccolo diario dei malanni e la prima prova pubblica allo spazio SPAM! di Capannori, mentre Massimo Marino, amico di lunga data di Verde, ha letto alcune pagine della sua riscrittura drammaturgica del Piccolo diario, il nuovo progetto teatrale che proprio Aldes vuole produrre per ricordare Verde.

La mostra continua……

Iniziano i seminari on line sugli Archivi Giacomo Verde promossi dalla Fondazione Cini di Venezia. Inizia alle 16 Tommaso Verde in diretta streaming dal Museo Camec della Spezia
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Fin dalla sua costituzione la Fondazione Giorgio Cini ha affiancato alle attività di ricerca e di promozione della cultura italiana e veneziana, la conservazione del patrimonio archivistico.

La Fondazione Giorgio Cini, nel contesto delle attività del Centro ARCHiVe (Analysis and Recording of Cultural Heritage in Venice), presenta ARCHiVe Online Academy, un programma formativo dedicato alla digitalizzazione dei beni culturali e alle Digital Humanities. Per l’edizione 2022/23 gli appuntamenti saranno in modalità ibrida, online (piattaforma Zoom) e on site (Isola di San Giorgio Maggiore). Gli incontri, distinti tra corsi e talks, sono rivolti a chiunque desideri approfondire le proprie competenze nell’ambito della conservazione e valorizzazione digitale del patrimonio culturale. Per partecipare ai corsi o ai singoli talk è necessario registrarsi.

PER REGISTRARSI:

https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLSeJeUCL-CxV6SfKE07fivnpLgelHT5t3Q7ahRmoXVSJe4FMcA/viewform

Agli studenti delle Università Ca’ Foscari e Iuav potranno essere riconosciuti i CFU in base al numero di incontri frequentati (talks e/o corsi).

Giacomo Verde (1956-2020). Dall’archivio del tecnoartista al libro, alla mostra, al film

a cura di Anna Maria Monteverdi

Registrati qui

Giacomo Verde (Cimitile, 1956- Lucca, 2020) in quarant’anni di attività artistica si è confrontato con diversi linguaggi come il teatro di strada, la videoarte, la pittura, il disegno, la  performance, la Net Art con l’idea di indagare le contaminazioni tra i media per creare lavori in cui diverse tecniche artistiche convivono in uno spirito “artivista”. Le quattro lezioni intendono illustrare il metodo di lavoro con cui i materiali inediti dell’archivio multimediale sono diventati un volume edito da Milano University Press e una mostra interattiva, offrendo spunti per un film a venire.

9.11, ore 16:00

L’archivio di un artivista. Giacomo Verde (1956-2020)

Anna Maria Monteverdi (Università Statale, Milano), Tommaso Verde (Dramatic Iceberg)

L’incontro avverrà in diretta dal Museo CAMeC, La Spezia, in occasione della mostra Liberare Arte da Artisti al CAMeC.

ITA; online; 120 minuti

16.11, ore 16:00

Attraversamenti: le ultrascene di Giacomo Verde

Flavia Dalila D’Amico (Università di Roma La Sapienza)

ITA; online; 120 minuti

23.11, ore 16:00

Giacomo Verde: il teleracconto e i suoi doppi. La reinvenzione di una tecnica videoteatrale per bambini

Vincenzo Sansone (Università Statale, Milano)

ITA; online; 120 minuti

30.11, ore 16:00

Dall’archivio al film: da Michele Sambin a Giacomo Verde

Raffaella Rivi, filmaker

ITA; online; 120 minuti

I Vincitori di RESIDENZE DIGITALI 2022. Intervista a Christina G Hadley
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LA SETTIMANA DELLE REIDENZE DIGITALI ON LINE DALL’8 AL 13 NOVEMBRE.

Qua il link per accedere ai biglietti dei singoli spettacoli.

La montagna del sapone è il progetto di Christina G Hadley composto da un film animato in CGI basato su un concept album musicale, un sito web, un server discord e un videogame esplorativo. Il film, suddiviso in tredici capitoli e girato con un motore grafico per videogame è un viaggio metaforico e onirico compiuto da Cindy, un’incarnazione dell’umano medio, negli abissi della rete. Il titolo fa riferimento all’appellativo dato alla borgata di Primavalle e alla sua storia, famoso è il detto “non vengo mica dalla montagna del sapone”: sotto la promessa irrealizzata di un posto idilliaco furono sfollati tutti gli abitanti più poveri del centro storico di Roma. Nel progetto il termine viene reinterpretato come metafora e ossimoro dell’accelerazione tecnologica. Ciò che è solido, una struttura possente e opaca come la montagna dai contorni delineati, diventa un tessuto sfumato. Parte fondamentale del progetto è il networking che su un server Discord che funge da archivio e spazio di condivisione si va a generare dal contributo sui capitoli e sui mondi da parte di altri artisti e/o utenti.

Anna Maria Monteverdi Raccontaci di te, il tuo percorso accademico e le produzioni realizzate finora

Christina G Hadlei. Mi chiamo Christina G Hadley. La G -mi raccomando- non è puntata. Vivo in Emilia Romagna da oltre dieci anni, e dopo aver frequentato Fumetto e Illustrazione mi sono laureata all’accademia di Belle Arti di Bologna in Cinema e Video. Successivamente ho iniziato a interessarmi al mondo dell’hacking etico, e ho cominciato a studiare programmazione e 3D Computer Graphic. Al momento sono tesista per il biennio di Net Art all’Accademia di Brera. La mia ricerca si focalizza sul lato grottesco, oscuro e perturbante del mondo in seguito al progredire della tecnologia. Con il mio lavoro cerco di attivare una visione critica anche attraverso l’ironia. Fra i vari luoghi in cui il mio lavoro è stato c’è La Triennale di Milano, Il Combat Festival di Livorno e la Digital Week, e ho partecipato a festival, come Anca festival, il File, Asolo film festival, CutOut Fest.

Anna Monteverdi Puoi raccontare il lavoro per Residenze digitali? Il tema e le modalità realizzative e di fruizione?

Christina G Hadley La montagna del sapone è un progetto ibrido il cui fulcro essenziale è un film animato in CGI diviso in 13 capitoli. Nel film si racconta di un viaggio dantesco nei meandri di internet, è un pretesto per parlare metaforicamente della condizione esistenziale e sociale che stiamo vivendo noi umani soprattutto in occidente. In questi mesi mi sono concentrata in particolar modo sulla realizzazione di quattro capitoli, dal secondo al quinto. Ogni capitolo del progetto ruota intorno ad alcune tematiche connesse all’uso di internet. Il secondo capitolo tratta il tema della disneyficazione del web.
La rete viene rappresentata come un parco giochi pieno di meme, un non luogo che estende la vita urbana e che ti distrae da essa. Nei capitoli successivi ho cercato di rappresentare simbolicamente tutte quelle espressioni che abitualmente usiamo nel quotidiano quando parliamo di internet: parlo di espressioni come ‘shitstorm’ oppure ‘troll’ che conosciamo tuttə, ma anche metafore spaziali, penso a ‘echo chamber’, la pratica di diffondere informazioni false usata da molti politici nei social media per zittire fonti critiche autorevoli. Oppure al banale ‘room’ quando entriamo in un forum.
Tutto l’ambiente, dagli spazi esterni e interni ai personaggi, è stato creato da me utilizzando vari software 3D. Ho lavorato molto anche sulla recitazione e animazione dei personaggi, sia registrando i miei movimenti, quelli di mia sorella e di alcune spettatrici di Corte Ospitale con la tecnica del Mocap, sia ricreando delle animazioni più macchinose a mano e in codice C#.
Il progetto contempla anche un videogioco, nato in seguito ad una motivazione pratica: per poter creare un film da sola in tempi così ridotti ho dovuto cercare delle soluzioni non convenzionali, come utilizzare un motore grafico per videogame. Il videogame è un non-videogame: è il set del film con i suoi personaggi. L’idea è che gli artisti digitali e filmaker possano scaricarlo e usarlo come base per creare contenuti a loro piacimento sul tema, o fare una storia totalmente indipendente, insomma creare assieme a me una storia collettiva.
E poi ci sono il server su Discord e il canale Tik Tok a completare il progetto.
Il primo funge da archivio d’approfondimento dei temi affrontati, da diario di bordo con il processo del mio lavoro e da luogo di networking in cui chi vuole può scrivere, lasciare un disegno, un pensiero, un meme, un modello 3d. Sul secondo vengono caricati i contributi da parte di altri artisti, o altri contenuti inediti.

A.M.Monteverdi Quali piattaforme social si prestano maggiormente per il tuo lavoro creativo? E come mai hai usato nello specifico, discord?

Christina G Hadley Sono del parere che ogni tipo di piattaforma social può prestarsi a molti tipi di contributi artistici.
Mi vengono in mente anche moltissimi artisti i cui lavori sono inscindibili dai social network.
Penso a lavori anche decisamente lontani nel tempo, quando i social erano agli albori, ad esempio ‘Hell In Lamb Uc’ di Pedro Velez che tramite MySpace ha creato un racconto epistolare inventando 4 personaggi fittizi che intessevano una narrazione interagendo fra loro, oppure lavori più recenti e visuali, come quello di Amalia Ulman su Instagram, che con foto proprie ha costruito per mesi un personaggio con una sua storia e un suo vissuto totalmente immaginario.
Credo che il social che si presta meglio al momento ad un lavoro creativo per via delle sue caratteristiche di funzionamento sia Tik Tok, che permette agli utenti di interagire in maniera originale tra di loro con l’opzione del duetto. Dai duetti derivano spesso contributi interessanti e anche surreali che mi ricordano le dinamiche del gioco surrealista “cadavere squisito”.

Dal punto di vista più attivo, ma anche artivista, trovo discord un’altra ottima piattaforma. La costruzione dei server aiuta persone dagli interessi comuni a riunirsi e a creare nuove “alleanze artistiche digitali”. Ciò che è interessante di Discord è la creazione di vere e proprie community d’aiuto, dietro cui si riuniscono anche hacker etici che spesso rilasciano gratuitamente tools per agevolare la creazione di contenuti artistici/attivisti.

Giacomo Verde artivista/CAMeC della Spezia, inaugura il III° capitolo dedicato al Teatro tecnologico-18 novembre ore 17.00
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Giacomo Verde nasce in teatro, dove esplora le infinite possibilità dell’interpretazione e della regia, lavorando con Dario Marconcini al Teatro di Pontedera e spingendosi fino in Africa con il Teatro delle Albe. Negli anni scoprirà che la sua vocazione è il racconto e il teatro di strada. E poi si volgerà verso quelle nuove tecnologie che lo porteranno a inventare il Teleracconto e a trasformare le sue opere d’arte in installazioni performative.

Per raccontare questo lungo percorso durato quarant’anni, venerdì 18 novembre alle ore 17.00 si inizierà con un walkabout. È Carlo Infante che, negli anni Ottanta ha diretto Scenari dell’Immateriale a Narni – nel cui contesto Giacomo Verde realizzò le sue prime opere multimediali – a spiegarci cosa succederà: «Non si esploreranno solo i territori ma anche gli archivi… Con un walkabout (conversazione radionomade) si attraverserà la mostra su Giacomo Verde,  riallestita attraverso la chiave interpretativa del performing media, e si andrà a cercare tra le sue valigie di artivista errante indizi, informazioni ed emozioni. Si ascolteranno via radio sonorità pertinenti e le voci di alcuni compagni di strada di Giacomo, raggiunti al telefono, evocandone la sua figura di trovatore postmoderno».

Al walkabout potrà partecipare attivamente una ventina di persone ma tutti potranno seguirlo in streaming- durante la conversazione radionomade, Carlo Infante contatterà anche il drammaturgo Andrea Balzola.

Alle 18.00, il drammaturgo, attore e regista Carlo Presotto, che ha collaborato con Giacomo Verde allo sviluppo del Teleracconto, una particolare tecnica di interazione tra narrazione e video a circuito chiuso, presenterà – dal vivo – 10 minuti di Teleracconto.

A seguire, presso l’Auditorium, si terrà un incontro con la direttrice artistica di Armunia, Angela FumarolaCarlo Infante, l’attore e regista Dario Marconcini, la danzatrice Alessandra MorettiCarlo Presotto, e la drammaturga e regista Vania Pucci, per ripercorrere l’intera esperienza di Verde in ambito performativo. Conduce l’incontro, la giornalista Simona M. Frigerio.

Fulcro dell’evento l’Antologia video-teatrale (1989-2020), ossia la proiezione per l’intera giornata, senza soluzione di continuità, dei teleracconti e dei video dell’intera carriera di Verde.

Gli eventi sono tutti a entrata libera. Prenotazione obbligatoria per partecipare al walkabout scrivendo una email a camec.reception@comune.sp.it (fino a esaurimento posti).


Parteciperanno:
Andrea Balzola. Drammaturgo, sceneggiatore e regista multimediale, insegna all’Accademia di Belle Arti di Brera. Ha pubblicato diversi libri, tra i quali ricordiamo Le arti multimediali digitali, con Anna Maria Monteverdi (Garzanti, 2004) e Una drammaturgia multimediale (Editoria & Spettacolo, 2009).

Angela Fumarola. Direttrice artistica di Armunia (già condirettrice dal gennaio 2014), fin dal 1999 ha curato i progetti internazionali e coordinato la programmazione e le produzioni danza del Festival che ha reso famoso Castiglioncello nel mondo. Per diversi anni ha altresì seguito i progetti di formazione del pubblico e i percorsi nelle scuole del territorio.

Carlo InfanteChangemaker, esperto di Performing Media, fondatore di Urban Experience. Ha diretto, negli anni Ottanta, Festival come Scenari dell’Immateriale a Narni, ambito in cui s’è sviluppato il videoteatro e le prime sperimentazioni di performing media (nel 1987 il titolo dell’edizione fu La Scena Interattiva). Conduce corsi su Tecnologie digitali e processi cognitivi all’Università Mercatorum e su Performing Media alla Sapienza-Università di Roma e presso l’Accademia di Belle Arti di Bari.

Dario Marconcini. Attore, regista e direttore artistico del Teatro Francesco Di Bartolo di Buti. Nel 1966 fonda il Piccolo Teatro di Pontedera. Nel 1974 co-fonda il Centro per la Sperimentazione e la Ricerca teatrale, che diventerà punta di diamante della ricerca internazionale in Italia, ospitando l’Odin Teatret di Eugenio Barba, il Living Theater di Julien Beck e Judith Malina, il Teatr Laboratorium di Jerzy Grotowski. Dirige Giovanna Daddi in una miriade di spettacoli e monologhi di avanguardia e, insieme, diventano i protagonisti di alcuni tra i lungometraggi più originali dei cineasti francesi Jean Marie Straub e Danièle Huillèt.

Alessandra Moretti.Danzatrice e responsabile del coordinamento artistico di Aldes, associazione di artisti e operatori culturali che, dal 1993, sotto la direzione di Roberto Castello, produce e promuove opere di sperimentazione coreografica con particolare attenzione alle forme di confine fra danza e arti visive, danza e nuove tecnologie, danza e teatro.

Carlo Presotto. Drammaturgo, attore e regista. Il suo lavoro si caratterizza nel panorama del teatro per le nuove generazioni per una continuità di presenza artistica accompagnata da una spinta al rinnovamento. Entra a far parte della Piccionaia nel 1982. Collabora con Giacomo Verde allo sviluppo del Teleracconto. Una tecnica che nasce dall’osservazione del pubblico dei bambini e dalla constatazione (prima empirica e poi strutturata teoricamente) di come siano in atto profonde mutazioni della percezione e della rappresentazione della realtà. Da questa riflessione nascono una serie di opere di video teatro (Storia di una gabbianella 1997, Le stagioni di Giacomo 2000Favole al (video)telefono 2007); e di teatro musicale (Il teatro delle emozioni).

Vania Pucci. Drammaturga e regista, nel 1983 fonda la compagnia Giallo Mare Minimal Teatro di cui è presidente e si occupa di progetti di teatro/scuola. Contemporaneamente porta avanti una particolare ricerca come attrice e autrice e realizza pièce teatrali di narrazione con l’uso di telecamera e televisione – i Teleracconti, con i quali partecipa ai più importanti Festival internazionali di Teatro. Dal 1991 conduce e realizza progetti, laboratori e spettacoli con l’utilizzo creativo e artistico di computer grafica, telecamera, lavagna luminosa, proiezioni con diaproiettori e videoproiettori.

MOSTRA: Liberare Arte da Artisti. Giacomo Verde artivista
sezione a cura di: Anna Maria Monteverdi
in collaborazione con: Andreina Di Brino, Sandra Lischi, Tommaso Verde
direzione del progetto: Eleonora Acerbi e Cinzia Compalati
ufficio prestiti: Cristiana Maucci
progetto grafico: Gabriele Menconi
luogo: CAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea, La Spezia, Piazza Cesare Battisti 1
opening: 9 settembre ore 17.00
apertura al pubblico: 26 giugno 2022 – 15 gennaio 2023
orari: da martedì a domenica 11.00 – 18.00
biglietti: intero euro 5, ridotto euro 4, ridotto speciale euro 3,50
per informazioni: Tel. +39 0187 727530 | camec@comune.sp.it |http://camec.museilaspezia.it
CAMeC La Spezia – www.facebook.com/museo.camec
COMUNICAZIONE
Ufficio stampa Comune La Spezia: Luca Della Torre | Tel. +39 0187 727324 |
ufficiostampa@comune.sp.it
Ufficio stampa del progetto: Simona Frigerio | Tel. +39 340 600 9106 | simona.m.frigerio@gmail.com

Arti Digitali dal Vivo ospite a RomaEuropa/Digital live on site e on line: 6 novembre Robotica e Realtà Sintetiche
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QUA IL LINK per collegarsi on line

Il quadro della creazione nelle arti e nella performance ha assunto al proprio interno una componente sempre più forte di realtà artificiali e sintetiche. Ad esempio, le applicazioni della robotica in campo teatrale si sono sviluppate in relazione alle recenti evoluzioni dell’informatica e delle biotecnologie, manifestando entità sempre più simili all’uomo per aspetto, capacità di comunicazione, proprietà di movimento e caratteristiche cognitive. Alla costruzione di processi automatici resi possibili dalla AI, si affianca la manifestazione di elementi più o meno antropomorfi che partecipano alla realizzazione della performance. I nuovi dispositivi di visione immersiva hanno dato ulteriore slancio alla creazione di ambienti virtuali o di realtà aumentata. L’utilizzo di questi elementi in contesti di fiction o performance implica non solo l’interpretazione autoriale del loro utilizzo, ma anche una riflessione sulla dimensione corporea all’interno di dinamiche di simbiosi. La sessione vuole dunque indagare la prospettiva teatrale nella misura in cui questa problematizzi la relazione sia tecnologica che emotiva tra ambienti sintetici, macchine ed essere umano.

Partecipano alla discussione:
on-site: Alessio Arena, Vincenzo Del Gaudio, Antonio Pizzo, Cinzia Toscano.
on-line: Massimo Bergamasco, Erica Magris.
Coordina: Anna Maria Monteverdi.

Arti Digitali dal Vivo a RomaEuropaFestival/Digital Live 5 novembre on site e on line: Performance, Media e Intelligenza Artificiale.
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L’impiego dell’intelligenza artificiale in ambiente teatrale e performativo appare sempre più frequente nelle produzioni teatrali, performative e coreografiche. Se da un lato tale fenomeno può essere letto nel flusso di sperimentazione delle nuove tecnologie computazionali che hanno da sempre caratterizzato la produzione intermediale, dall’altro l’introduzione di agency artificiali sembra aprire nuove questioni sui metodi che guidano la concezione e produzione dell’evento.

Dalle 15 alle 17: SPAZIO MATTATOIO

QUA per assistere ON LINE ;

L’AI pone problematiche specifiche, le quali integrano snodi socioculturali oggi ampiamente dibattuti, come i bias informatici, il trattamento di dati privati o la capacità cognitiva delle macchine. La sessione si propone di riflettere sulla dimensione drammaturgica, sugli ambienti di programmazione, sulle produzioni nei festival e sulla dimensione estetica, in modo da focalizzare alcuni punti salienti della produzione performativa-digitale odierna.

La discussione sarà aperta da un intervento registrato di Luciano Floridi a cura di Anna Monteverdi e Antonio Pizzo.

Partecipano alla discussione:
on-site: Alessandro Anglani, Luca Befera, Simone Arcagni.
on-line: Antonio Lieto, Massimo Magrini, Vanessa Vozzo.

Coordina: Antonio Pizzo

Kamilia Kard: Danza nel Metaverso. Intervista all’artista per DANCE DANCE DANCE progetto vincitore di Residenze Digitali 2022
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Kamilia Kard è un’artista di base a Milano. La sua ricerca esplora come le nuove forme di comunicazione online abbiano influenzato la percezione del corpo, dei gesti e dei sentimenti. Spazia tra diversi media, dall’immagine stampata, al videogioco, dal sito internet, alla stampa 3D e all’ambiente virtuale. Il suo lavoro è stato esposto in Italia, all’estero e online in istituzioni e gallerie. E’ una delle vincitrici del bando RESIDENZE DIGITALI 2022. La restituzione on line del lavoro sarà dall’8 al 13 novembre e si acquistano biglietti qua:

AMM Puoi dirmi qualcosa sul tuo lavoro legato al digitale e alla rete?
K.K. Il mio lavoro nasce da un’idea forte di unione tra ricerca pratica e ricerca teorica. Il corpo umano e il comportamento umano insieme alle loro declinazioni, sono quasi sempre centrali nella mia indagine.

Lo si vede in maniera esplicita in lavori come Betrayal (2016) installazione video composta da smartphone e peluche, che affronta il tema della manipolazione infantile; o in My Love Is So Religious (2016), una stampa di grandi dimensioni che narra come una relazione sentimentale qualsiasi possa diventare oggetto di discussione online da parte di terzi che ne modificano la natura in base a quello che vedono pubblicare dai componenti della coppia. Nella serie di sculture stampate in 3D Woman as a Temple (2016-2021), il corpo della donna è un elemento sacro e monumentale proiettato in un futuro in cui la digitalizzazione estrema non riesce a soffocare l’idea di corpo umano, anche se prevalentemente inteso come di insieme di dati tracciabili.

Nell’installazionegaming Loading Instructions (Mansplaining) + Zero EXPerience (2021) mostro con un machinima e un videogioco lo stato d’animo della donna che molto spesse viene e si sente marginalizzata a
favore di un maschio meno competente. Molte delle frasi che ho inserito all’interno del video Loading Instructions (Mansplaining) provengono da una call che avevo lanciato su Instagram sul tema appunto del mansplaining.

AMM Qual è la caratteristica di DANCE DANCE DANCE/Toxic garden e come si è sviluppato durante i mesi?

K.K.Toxic Garden è un po’ un punto di inizio e allo stesso tempo di arrivo di una serie di riflessioni che ho fatto sulle relazioni interpersonali che nascono o si sviluppano online. La rete è un luogo in cui molte persone sperimentano il sé sfaccettandolo su diversi livelli: lì, lasciarsi andare a
comportamenti manipolatori o subirli è molto facile. Per esempio, in una intervista, l’artista Cao Fei ha spiegato che mentre stava facendo ricerca per un suo progetto su Second Life, ha osservato che le persone celate/mediate da un avatar cambiavano atteggiamento, diventano a volte più aggressive, meno filtrate dalle convenzioni. Questo accade più frequentemente con avatar con non rappresentano esteticamente la nostra identità reale, ovvero con avatar fantastici. La costruzione di
un avatar è un passaggio fondamentale per un utente che vive in maniera costante e quotidiana ambienti di socializzazione online come Second Life o Roblox.

Roblox ho cominciato a frequentarlo più assiduamente e a studiarlo con attenzione durante la pandemia e il lock down. Mi sono resa conto che, dietro la facciata di una piattaforma di sviluppo di videogame, si cela uno spazio molto frequentato per la comunicazione e lo sviluppo di relazioni
interpersonali. Usato soprattutto da adolescenti e preadolescenti, Roblox è uno strumento importante di esperienza del sé, per una generazione che – nella maggior parte dei casi – non ha
ancora le idee chiare sul proprio io. Durante la mia ricerca ho osservato un gruppo di preadolescenti
alle prese con la ricerca di un outfit giusto, dello slang giusto, delle mappe giuste, delle sottoculture giuste. Proprio queste ultime diventavano un contenitore di molti elementi sia estetici che comportamentali del proprio avatar, con impatti e conseguenze importanti sull’esperienza di gioco.
Ho prestato particolar attenzione alle conseguenze negative di queste esperienze, notando come le relazioni difficili potessero diventare tossiche a tal punto da far si che uno o più giocatori abbandonassero la mappa, o il server.
Estendendo la mia riflessione anche ai rapporti interpersonali non online, ho pensato alle relazioni tossiche come una serie di piante velenose che compongono un giardino. Pur avendo proprietà
tossiche, molte delle piante che ho scelto sono comuni, e spesso coltivate a scopo decorativo. Le vediamo quotidianamente e, nonostante la loro pericolosità, conviviamo con loro. La pianta velenosa diventa metafora di un comportamento umano che in molti casi è latente in noi e viene
fuori solo quando ci sentiamo attaccati, in altri casi invece è un vero e proprio modus operandi atto a perseguire i propri scopi in maniera tossica. Come se un io vegetale, un residuo ancestrale, vivesse
in noi e si manifestasse nella sua accezione negativa sotto questo comportamento o forma.

Queste riflessioni, unite alle mie indagini su Roblox, mi hanno spinto a scegliere proprio Roblox come piattaforma per la costruzione del mio ambiente virtuale Toxic Garden, in cui le piante velenose diventano il soggetto principale, estetizzato ed enfatizzato della mappa gaming da me sviluppata.

Quando l’utente entra nel metaverso che ho sviluppato, abbandona temporaneamente la customizzazione del proprio avatar per assumere quella di una delle sette piante velenose da me modellate: cicuta, ricino, belladonna, tasso comune, digitale purpurea, mughetto e stramonio, una
forma di “vegetalizzazione” della rappresentazione del nostro io digitale. Un connubio tra umano, organismi vegetali e rappresentazione digitale. La natura umana esce fuori in maniera testuale quando si apre il menu della danza, in cui troviamo una serie di passi di danza ognuno ai quali
corrisponde a un’emozione, un’attitudine o stato d’animo. Premettendo che la danza è sempre emozione, la scelta di affrontare le emozioni in maniera così analitica è avvenuta durante il mio periodo di residenza alla Lavanderia a Vapore di Collegno. In quei giorni ho lavorato con quattro
danzatrici del Balletto Teatro di Torino e della Fondazione Egri (Federica Rignanese, Francesca Picca Piccon, Aurora Mecca e Giada Zilio) e insieme abbiamo creato i passi di danza che compongono la coreografia della performance Dance Dance Dance.
Dopo una breve introduzione alle intenzioni di Toxic Garden, le ragazze sono subito entrate in sintonia con il progetto, ragionando ed estrapolando quelle che si possono definire delle ripetizioni di comportamento e di emozioni che si provano durante il coinvolgimento – attivo e passivo – in una relazione manipolatoria o tossica. Riflettendo su dei pattern comportamentali sono emerse parole chiave che a loro volta sono diventate trigger per la composizione del singolo passo. La
coreografia è l’insieme ragionato di questi passi, che formano una narrazione sui generi di una relazione manipolatoria. Abbiamo identificato tre fasi: la prima fase coincide con un momento di
alto coinvolgimento con la persona che esercita la sua posizione di potere, e fa sentire la persona che la subisce al settimo cielo, molto aperta e positiva; quindi arriva la fase del “colpo”, in cui dallo stato esclusivo percepito si cade in un abisso fatto di disorientamento, nuove percezioni, insicurezza e molto altro; infine, si chiude con la fase della consapevolezza e della ripartenza.
Queste tre fasi sono quindi diventate le basi di una “storia”, che abbiamo tradotto nel seguente script, che fa da base alla prima parte della coreografia di Dance Dance Dance:

“Incontro -> seduzione -> Gioco-> Persuasione -> dare -> spensieratezza -> costruire fiducia
-> sicurezza-> up (nuvole) -> up (salti) -> Colpire -> essere colpiti-> disorientamento -> No
ascolto -> maschera -> manipolazione -> nuova fiducia -> pressione -> no gravity ->
Colpire -> essere colpiti -> azione-reazione -> Scudo -> dare e prendere -> animale-
burattino -> Immobilità -> tapisroulant -> ritorno -> dare e prendere -> Oppressione->
insicurezza-> realizzazione -> scudo -> aiuto -> prendo e scappo -> fiducia -> No gravity ->
via di fuga -> ripartire.”

La seconda parte della coreografia racconta una storia molto più breve, perché chi la vive ha fatto tesoro delle esperienze passate. Questo lo script:

“Ricordo -> gioco -> up (nuvole) -> dare e prendere -> sicurezza -> down (colpi) -> Scudo-
> Tapisroulant x2 -> up (salti) -> realizzazione-> down (rassegnazione) -> Immobilità -> via
di fuga-> stop -> Gioia.”

Tutti questi passi sono stati ripresi con la camera e poi elaborati da un’intelligenza artificiale che li ha trasformati in animazioni 3D. Per riuscire bene nella cattura dei video, le danzatrici dovevano
muoversi dentro un’area specifica, evitare determinati movimenti, essere vestite in un modo specifico che aiutasse l’occhio della macchina a leggere i loro movimenti in maniera più fluida. Uno dei riscontri positivi che ho avuto dalle quattro danzatrici e che ritengo interessante condividere, è che tutti i limiti “imposti dalla AI” hanno in realtà dato loro modo di mettere alla prova la loro creatività e autorialità. Dal canto suo, l’intelligenza artificiale ha voluto partecipare all’assetto coreografico fornendo talvolta delle interpretazioni particolari dei singoli passi: questi passi “interpretati” a volte li ho modificati per riportarli al loro valore inziale, a volte li ho tenuti con la licenza della macchina. Ancora una volta si parte da una ispirazione che parte da un ambito vegetale, dalle piante velenose, si traduce in corpo umano e in movimento che a sua volta viene poi rivisto da un programma, un passaggio naturale tra vegetali, umani, avatar e intelligenza artificiale.
La performance partecipativa Dance Dance Dance che si svolgerà in una sottomappa di Toxic Garden prende il nome dall’omonimo romanzo di Haruki Murakami, nel quale la danza è l’unica azione possibile da fare per assecondare il flusso ineluttabile del tempo che trascina l’essere umano.
“You gotta dance. As long as the music plays. You gotta dance. Don’t even think why. Start to think, your feet stop. Your feet stop, we get stuck. We get stuck, you’re stuck”. Come nella vita, nel testo di Murakami e nella coreografia della performance il ciclo della “danza” fa emergere
problematiche legate ai rapporti interpersonali, talvolta complicati. Le relazioni umane sono corredate da sentimenti e sensazioni che non si possono sempre controllare, ad ogni modo bisogna affrontarle senza smettere mai di “ballare”.

AMM Puoi dire qualcosa sul tuo libro Generatori di sentimenti. Arte e social media?
K.K.
Le nuove forme di comunicazione online, la costante connettività e le pratiche sociali in rete hanno influenzato in maniera radicale il modo in cui viene percepito e rappresentato il corpo, la costruzione e il racconto della soggettività, la percezione e l’espressione dei sentimenti e delle
emozioni. Secondo le più recenti prospettive filosofiche, l’individuo contemporaneo manifesta un’identità mutevole e fluida, condizionata dai ritmi frenetici e accelerati della società e della tecnologia (Peter Sloterdijk); e in quanto utente e generatore di dati, costituisce la base e il punto di partenza dell’infrastruttura a “catasta” della società digitalizzata in cui viviamo (Benjamin Bratton).
Da acuti osservatori dell’ambiente online, gli artisti sono stati in grado di descrivere, interpretare e rielaborare questo cambiamento, fornendo nuovi spunti di riflessione, nuovi linguaggi artistici e nuove estetiche. Ciò nonostante, le indagini dedicate a questa trasformazione sono ancora poche, frammentarie e asistematiche.


Si propone di sanare questa lacuna raccogliendo discorso teorico unitario differenti manifestazioni dell’identità online, spaziando dalla cultura del selfie alla scansione dei corpi, dai video ASMR alle immagini di profilo, dai filtri facciali al cosplay, dalla realtà aumentata alla realtà virtuale alla sfera del gaming. Partendo da un’idea forte di arte come ricerca, Kamilia Kard si avvale di riferimenti a opere contemporanee, di una conoscenza profonda degli strumenti indagati e di differenti metodologie di ricerca – analisi critica, indagine lessicale, studio statistico

5-6 novembre RomaEuropa Festival: incontro con il network italiano Arti Digitali dal Vivo per Digital Live
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Il network di studiosi, curatori e artisti italiani Arti Digitali dal Vivo è protagonista di due giornate di discussione su Teatro e/con Intelligenze Artificiali e Robotica il 5 e 6 novembre negli spazi dell’ex Mattatoio oggi sede della rassegna Digital Live curata da federica Patti per RomaEuropa Festival.

Arti Digitali dal Vivo nasce alla fine del 2021 dalla proposta di Anna Monteverdi e Antonio Pizzo di radunare studiosi e accademici, ma anche curatori e artisti, che affrontano le questioni storiche e teoriche emerse dalla mediatizzazione degli eventi dal vivo, in ambito performativo e teatrale. Questo gruppo si propone come osservatorio critico delle pratiche tecno performative italiane e internazionali, per raccogliere idee, promuovere e diffondere progetti, far conoscere in maniera capillare un ambito di ricerca, formazione e produzione che spesso è unicamente affiliato alle digital arts e all’audiovisivo. Il gruppo intende consolidare un’esperienza diffusa e trentennale ma auspica anche l’apertura di uno spazio culturale per nuove ricerche. Il metodo di lavoro del gruppo, riunito al momento in una mailing list coordinata dall’Università Statale di Milano, è trasversale e transdisciplinare e coinvolge studi che vanno dalla scenografia digitale all’interaction design per il teatro la danza e la musica, include ricerche sulle scienze cognitive, sull’interactive storytelling, sulla sociologia dei media, mantenendo al centro del proprio interesse la performance e il teatro senza escludere categoricamente altri fronti. ADV raccoglie una quarantina di personalità tra le più qualificate in Italia ed è presente con propri panel unitari, nei più importanti convegni mondiali delle discipline teatrali: dalla rete europea dei teatri Eastap (Milano, 23-27 maggio 2022), all’International Federation of Theatre Research (Reykiavik 20-25 giugno 2022).

L’incontro è inteso come momento di discussione transdisciplinare sui temi sviluppati dai/dalle componenti del gruppo nelle loro attività di studio e ricerca, sia nel campo accademico sia in quello curatoriale e produttivo.
L’incontro si articola in due tavoli tematici e un tavolo organizzativo, ai quali si potrà partecipare in presenza o da remoto.
I due tavoli tematici prevedono il contributo di alcuni/e studiosi/e così come di artisti/e che proporranno in breve (10 minuti max) elementi utili al dibattito, da svolgere poi con tutti/e i/le partecipanti.
Il tavolo organizzativo intende fare il punto sulle attività e discutere un documento programmatico.

Sessione: sabato 5 novembre, ore 15:00 – 17:00
Tema: Performance, Media e Intelligenza Artificiale

L’impiego dell’intelligenza artificiale in ambiente teatrale e performativo appare sempre più frequente nelle produzioni teatrali, performative e coreografiche. Se da un lato tale fenomeno può essere letto nel flusso di sperimentazione delle nuove tecnologie computazionali che hanno da sempre caratterizzato la produzione intermediale, dall’altro l’introduzione di agency artificiali sembra aprire nuove questioni sui metodi che guidano la concezione e produzione dell’evento. L’AI pone problematiche specifiche, le quali integrano snodi socioculturali oggi ampiamente dibattuti, come i bias informatici, il trattamento di dati privati o la capacità cognitiva delle macchine. La sessione si propone di riflettere sulla dimensione drammaturgica, sugli ambienti di programmazione, sulle produzioni nei festival e sulla dimensione estetica, in modo da focalizzare alcuni punti salienti della produzione performativa-digitale odierna.

La discussione sarà aperta da un intervento registrato di Luciano Floridi.

Partecipano alla discussione:
on-site: Alessandro Anglani, Luca Befera, Simone Arcagni.
on-line: Antonio Lieto, Massimo Magrini, Vanessa Vozzo.
Coordina: Antonio Pizzo

Sessione: domenica 6 novembre, ore 10:00 – 12:00
Tema: Robot e realtà sintetiche

Il quadro della creazione nelle arti e nella performance ha assunto al proprio interno una componente sempre più forte di realtà artificiali e sintetiche. Ad esempio, le applicazioni della robotica in campo teatrale si sono sviluppate in relazione alle recenti evoluzioni dell’informatica e delle biotecnologie, manifestando entità sempre più simili all’uomo per aspetto, capacità di comunicazione, proprietà di movimento e caratteristiche cognitive. Alla costruzione di processi automatici resi possibili dalla AI, si affianca la manifestazione di elementi più o meno antropomorfi che partecipano alla realizzazione della performance. I nuovi dispositivi di visione immersiva hanno dato ulteriore slancio alla creazione di ambienti virtuali o di realtà aumentata. L’utilizzo di questi elementi in contesti di fiction o performance implica non solo l’interpretazione autoriale del loro utilizzo, ma anche una riflessione sulla dimensione corporea all’interno di dinamiche di simbiosi. La sessione vuole dunque indagare la prospettiva teatrale nella misura in cui questa problematizzi la relazione sia tecnologica che emotiva tra ambienti sintetici, macchine ed essere umano.

Partecipano alla discussione:
on-site: Alessio Arena, Vincenzo Del Gaudio, Antonio Pizzo, Cinzia Toscano.
on-line: Massimo Bergamasco, Erica Magris.
Coordina: Anna Maria Monteverdi.

Redazione di un Documento programmatico Arti Digitali dal Vivo
Domenica 6 novembre, ore 12:00 – 13:00
L’obiettivo di questa sessione è di licenziare un documento/manifesto che rappresenti le motivazioni e gli obiettivi generali del gruppo ADV, un “Manifesto” programmatico che possa orientare la programmazione teatrale nazionale e rafforzare la formazione su tematiche tecnoteatrali, nonché suggerire l’apertura di spazi per la ricerca e la creazione tecnologica in scena.

La settimana delle Residenze digitali 8-13 novembre. Gli artisti: Teatrino Giullare
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La nuova edizione di Residenze digitali 2022 termina con la programmazione degli eventi on line degli artisti selezionati dalle reti teatrali e seguiti dalle tutor (A.M.Monteverdi, Laura Gemini e Federica Patti).

Il progetto delle Residenze Digitali nasce nel 2020 da un’idea del Centro di Residenza della Toscana (ArmuniaCapoTrave/Kilowatt), che da allora ha esteso il partenariato ad Associazione Marchigiana Attività Teatrali AMATCentro di Residenza dell’Emilia-Romagna (L’Arboreto – Teatro Dimora di MondainoLa Corte Ospitale di Rubiera), Fondazione Luzzati Teatro della Tosse di Genova, Associazione ZONA K di Milano, Piemonte Dal Vivo – Lavanderia a Vapore del Piemonte e Fondazione Romaeuropa di Roma.

L’intento è quello di stimolare gli artisti delle performing arts all’esplorazione dello spazio digitale, come ulteriore o diversa declinazione della loro ricerca autoriale.

Ecco gli artisti vincitori delle Residenze Digitali 2022 che porteranno il risultato del loro lavoro nella settimana dall’8 al 13 novembre on line. Al link la prenotazione su LIVE TICKET

Christina G. Hadley-La montagna del sapone

Kamilia KardToxic Garden – Dance Dance Dance

ultravioletto-Hello World!

BOTH Industries-Still Walking, on air

gruppo nanouTHEM [immagine-movimento]

Teatrino Giullare-Drone tragico. Volo sull’Orestea. 

Il calendario è visibile qui ed è possibile likarsi direttamente a LIVE TICKET per prenotarsi. Da oggi conosciamo i singoli artisti e approfondiamo il loro lavoro.

Cominciamo con Teatrino Giullare fondato da Giulia Dell’Ongaro e Enrico Deotti

Come tutti i progetti delle Residenze, ciascuna compagnia e/o artista declina il proprio lavoro in modalità e residenze differenti: Teatrino Giullare hanno approfittato dei viaggi in tournée teatrale per trovare ambienti, situazioni, paesaggi dove trovare le tracce di Oreste protagonista dell’omonima tragedia.

Infatti il loro progetto, ben chiaro sin da subito, è stato quello di realizzare una web serie ispirata al classico che nel corso della settimana delle residenze “rilasciasse” una puntata al giorno di questa ben nota tragedia eschilea raccontata da un video molto speciale, con effetti e trattamenti degni di un’opera di videoarte e con un focus su un concetto chiave,quello della visione dall’alto degli avvenimenti della storia, che si concretizza tecnicamente con le riprese aeree da un drone. Da qui il titolo davvero efficace: Drone tragico. Un titolo che cortocircuita un elemento tecnologico con la letteratura antica e che riporta alla presenza di quegli uccelli che ricordati nei versi dei tragediografi, e che incombono su cadaveri per avere il loro pasto come nell’Antigone.

Come è noto, nella tragedia, la vendetta contro Oreste si interrompe grazie all’intervento di Atena – dea della sapienza– la quale, per giudicare Oreste, istituisce un apposito tribunale, composto da dodici cittadini e presieduto dalla stessa Atena. Davanti a quel tribunale si celebra un processo di matricidio ma al momento della decisione, i voti sono pari, e si procede con l’assoluzione di Oreste perché Atena si schiera a suo favore. Il dramma antico con i suoi interrogativi sui temi della colpa e della giustizia sono ancora qualcosa di vivo e vibrante nella cultura contemporanea: il verdetto della corte nelle Eumenidi verrà verificato con il tempo e con il cammino umano verso la democrazia.

Chi scrive ha già avuto la possibilità di vedere un episodio di Drone Tragico e alcune suggestive fotografie: le caratteristiche della tragedia non si disperdono nell'”aumento” tecnologico dovuto al video a 360° anzi, questo conferisce loro una dimensione attuale e universale, quel messaggio che lo studioso Gilbert Murray sintetizzò con una frase imperativa: “L’Orestea è la più grande conquista dello spirito umano”. Certamente è difficile oggi confrontarsi con un testo che ha avuto molteplici interpretazioni contemporanee rimaste nella Storia del teatro: la tragedia della stirpe degli Atridi è stata letta in chiave politica sia da Peter Stein (1980) che da Peter Hall/Tony Harrison (1981), da Ariane Mnouchkine (la tetralogia Les Atrides, 1992 con aggiunta dell’Ifigenia in Aulide di Euripide), quest’ultima con aggiunta di motivi e elementi del mondo orientale (la danza indiana kathakali, il kabuki e il teatro Nô) e da Romeo Castellucci che nel 1995 propose Orestea (una commedia organica?), secondo Marco De Marinis non una fedele trasposizione del testo classico ma “una straordinaria ricreazione del tragico antico”.

Teatrino Giullare sceglie di concentrarsi sull’uccisione di Clitennestra da parte del figlio Oreste dopo il rientro di Agamennone tornato vincitore da Troia; nuove guerre civili appaiono all’orizzonte.

Cosa raccogliere queste tracce antiche e come proporre la propria visione? La risposta di Teatrino Giullare è evidente: “Non saremo noi a darvi questo punto di vista, lo sceglierete voi”. E così la tecnologia funge da filtro di coscienza per lo spettatore, un’interfaccia etico-morale che vola alto sul destino di Oreste, in uno spazio libero, di condivisione dove vagare insieme con il protagonista in luoghi desertificati che sono i luoghi della sua mente. Nel percorso incontra le maschere tragiche, tutto quello che rimane delle storie degli altri personaggi, da Egisto a Clitennestra. La grafica outline, che scontorna paesaggio e figure rimanda a una versione antinaturalistica e a uno stile minimalista molto evocativo, come fosse un film fatto di disegni realizzati a mano.

Nel suo cammino solitario come un Amleto irrequieto, il protagonista incontra le maschere di tutti i personaggi della tragedia, in luoghi significativi: abbandonate in fiumi, dentro spazi svuotati, lungo autostrade desertificate. Scontornate e ridotte ai segni essenziali, sono la forma dell’incubo, del senso di colpa. Il video, volutamente astratto, non riconduce ad alcuna ambientazione specifica: è un paesaggio mentale, un paesaggio di espiazione. Le azioni filmate con un drone e con una videocamera 360 gradi, concedono allo spettatore la possibilità di guardarsi attorno, scegliendo cosa guardare. Ma nella velocità del percorso non riusciamo mai a cogliere l’intera scena: come Oreste, anche noi viviamo solo porzioni di realtà senza conoscere la sostanza reale e integra della vita.

Le riprese sono state effettuate nel corso dei viaggi di lavoro di Giulia Dall’Ongaro e Enrico Deotti che ricordano nel diario realizzato da Francesca Giuliani che li ha seguiti per il blog dell’Arboreto, partner del progetto, SguarDiDimora:La ricerca dei luoghi avviene perlustrando zone che ci circondano e che abbiamo attraversato dalla provincia di Bologna, al nord della Germania, la Sicilia, il Lazio e di recente New York dove eravamo per un’ installazione. Durante questo periodo abbiamo soggiornato in case diverse ed è il tema della casa che ha unito la nostra ricerca visiva insieme a quello del percorso. L’Orestea è il viaggio di Oreste, il suo ritorno a casa dopo un periodo di esilio e poi la fuga dalla casa e il vagabondare ospite in diverse dimore. I nostri viaggi visivi terminano con degli arrivi in case diverse a volte reali a volte miniature. Una parte del lavoro infatti lo abbiamo eseguito in interni, in stanze o case abbandonate ed anche utilizzando case in miniatura”. 

Ennio Bianco racconta la creazione digitale “La Maschera del Tempo” di Mattia Casalegno e Maurizio Martuscello per il Teatro Verde/ Fondazione Cini, on line dall’8 ottobre
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Ennio Bianco, curatore, critico d’arte, esperto di arti digitali ha spiegato al pubblico il 29 settembre in occasione del’l ARCHiVe Online Academy | Talk Sulla creatività digitale, il progetto La Maschera del Tempo, un’opera d’arte digitale prodotta dalla Fondazione Giorgio Cini e realizzata da Mattia Casalegno e il sound artist Maurizio Martusciello aka Martux_m con la collaborazione di Amin Farah, 3D designer.

Al centro è Il Teatro Verde della Fondazione Giorgio Cini riaperto alle visite la scorsa primavera, a seguito di un restauro: quelll’anfiteatro dell’Isola di San Giorgio diventa ambientazione dell’opera La Maschera del Tempo nato dalla combinazione tra ricerche d’archivio, animazione 3D e Intelligenza Artificiale.

Ecco alcuni momenti del talk di Ennio Bianco.

Ennio Bianco curatore del progetto

“Una grande evoluzione sta avvenendo in questo periodo: riguarda soprattutto gli strumenti resi disponibili dalla Intelligenza Artificiale. Qualunque software si è potenziato in modo imprevedibile grazie alla AI. Nell’ultimo periodo sui giornali non si è parlato che di NFT,  blockchain e metaverso. Ma l’arte ha bisogno di altro. Il metaverso è qualcosa che non è ancora presente, siamo agli albori di un suo sviluppo. A mio avviso c’è un entusiasmo esagerato intorno a questo. Prima dovrebbe esserci una definizione consensuale, una descrizione coerente. Si dovrebbero valutare i limiti delle infrastrutture di comunicazione e di calcolo attuali.

Cosa è cambiato? Cosa sono questi software? Sono delle applicazioni formidabili e che permettono di creare e movimentare degli Umani digitali altamente realistici e poi architetture e biomi di qualità cinematografica. Nelle ultime settimane sono letteralmente esplose le applicazioni di “text-to-image”!

Si tratta di un dialogo testuale che permette a un Modello elaborare un’immagine. Si introduce un testo, un promt, una didascalia, e dei grandi modelli fondativi di Open Ai o Google restituiscono immagini di qualità altissima, che sono delle illustrazioni del testo introdotto. Questi software sono esplosi letteralmente.

L’opera di Mattia Casalegno e Maurizio Martuscello (aka Martrux_m) tiene conto di questo panorama tecnologico, come dell’uso sapiente dei droni, della fotogrammetria per la digitalizzazione 3D del Teatro Verde, completamente digitalizzato appunto con i Droni di Factum Arte; e poi sono state introdotte le affascinanti creazioni di Amin Farah, un fashion artist, straordinario creatore di costumi 3D. Ma è un errore considerare che l’opera audiovisuale sia solo una spettacolarizzazione degli strumenti e delle novità tecnologiche. E’ frutto di una progettualità, di una scrittura, di uno story board di lungo periodo. I due artisti si sono lasciati trascinare da tante cose. Le fonti erano la consultazione degli Archivi dell’Istituto per il teatro e del melodramma della Fondazione Cini, che ha messo a disposizione disegni, bozzetti sui costumi del mito greco del Minotauro, della commedia dell’arte goldoniana; ma ancora di più la fonte principale è stata la spinta creativa venuta dalle emozioni che hanno provato visitando prima del restauro, il ventre del teatro, i camerini, le maschere impolverate, i personaggi.

I due artisti si sono ispirati soprattutto al Minotauro e al suo mito. Nel video troviamo un vero laboratorio ipertecnologico che è quello di Dedalo: lì si crea con robot, stampanti 3D, persino consolle di videogiochi. E’ in corso la riproduzione di oggetti sacri in serie. Uno scenario che non dovrebbe sorprendere. Il rapporto di Dedalo con la tecnologia non è legato solo alle ali che lui ha costruito per il figlio Icaro, ma al fatto che ha costruito anche gli agalmata, statue divinità, dei proto-automi diremo oggi. Questa è la chiave di lettura principale, ma le citazioni sono molteplici. In tutte le scene ci sono vari rimandi, alla simbologia esoterica.

C’è nel lavoro una trasfigurazione del Teatro Verde. La natura ribellata all’antropocentrismo. C’è una officina infernale di sotto e sopra la società, i personaggi della Commedia dell’Arte



L’arte digitale secondo me non è fatta di NFT, di meme, di pupazzi che si muovono nei proto-metaversi. Per il momento tutto questo è poco interessante e la convinzione l’ho avuta vedendo le produzione di molti artisti in diversi Festival internazionali. Questi si sono affermati con opere impegnative realizzate con l’Ai.  Questi nuovi strumenti, basati sull’AI, promuoveranno sicuramente un ulteriore sviluppo importante del panorama tecnologico. Tuttavia l’Arte digitale, come nuovo media, in fondo attinge alle stesse fonti a cui l’arte ha attinto da sempre: ai miti, alle allegorie, alle metafore. Si caratterizza anche per lo stupore creato dalle immagini elettroniche, un fattore che permette di comunicare a tutti, soprattutto ai giovani nativi digitali. Lo stupore è l’ingrediente di un linguaggio universale. E poi c’è la rapidità e facilità della creazione, con Ai si possono creare velocemente immagini sorprendenti.  Tuttavia quando un artista inizia a pensare oltre i confini della tecnica, oltre i tecnicismi, l’intelligenza artificiale non è all’altezza di un essere umano. Per ottenere qualcosa di significativo servono persone e artisti veri.

Riparte (on line) la nuova edizione di RESIDENZE DIGITALI dall’8 al 13 novembre.
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La terza edizione di Residenze Digitali, il progetto promosso dal Centro di Residenze della Toscana (Armunia – CapoTrave/Kilowatt) in partenariato con AMAT, il Centro di Residenza Emilia-Romagna (L’Arboreto-Teatro Dimora di MondainoLa Corte Ospitale), la Fondazione Luzzati Teatro della Tosse di Genova, ZONA K di Milano, Piemonte dal Vivo / Lavanderia a Vapore e Fondazione RomaEuropa seleziona 6 progetti che vengono seguiti per sette mesi dalle strutture partner e dalle tre tutor, Anna Maria Monteverdi, Federica Patti e Laura Gemini.

Martedì 8 Novembre

17:00 – La montagna del sapone di Christina G. Hadley (disponibile, su piattaforma online dedicata, fino al 13 novembre compreso)

18:00 – Talk online e primo episodio di Drone tragico. Volo sull’Orestea da Eschilo a Pasolini di Teatrino Giullare (disponibile su YouTube fino al 13 novembre)

21:00 – Toxic Garden – Dance Dance Dance di Kamilia Kard

Mercoledì 9 Novembre

La montagna del sapone di Christina G. Hadley

18:00 – secondo episodio di Drone tragico. Volo sull’Orestea da Eschilo a Pasolini di Teatrino Giullare (disponibile fino al 13 novembre)

21:00 – replica di Toxic Garden – Dance Dance Dance di Kamilia Kard

Giovedì 10 Novembre

La montagna del sapone di Christina G. Hadley

18:00 – terzo episodio di Drone tragico. Volo sull’Orestea da Eschilo a Pasolini di Teatrino Giullare (disponibile fino al 13 novembre)

21:00 – Talk online e replica di Toxic Garden – Dance Dance Dance di Kamilia Kard 

Venerdì 11 Novembre

La montagna del sapone di Christina G. Hadley

Drone tragico. Volo sull’Orestea da Eschilo a Pasolini di Teatrino Giullare

21:00 – Hello World! di ultravioletto – videogame da scaricare

Sabato 12 Novembre

La montagna del sapone di Christina G. Hadley

Drone tragico. Volo sull’Orestea da Eschilo a Pasolini di Teatrino Giullare

18:00 – Still Walking, on air di Both Industries – live streaming 

Domenica 13 Novembre

La montagna del sapone di Christina G. Hadley

Drone tragico. Volo sull’Orestea da Eschilo a Pasolini di Teatrino Giullare

18:00 – Them [immagine e movimento] di gruppo nanou – diretta streaming 

21:00 – Them [immagine e movimento] di gruppo nanou – diretta streaming

 BIGLIETTERIA ONLINE

Frange di interferenza 8 ottobre 2022-Opera di land art di Luca Serasini e Massimo Magrini per EGO-Osservatorio Gravitazionale Europeo di Cascina
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In ascolto del cosmo

Land art/opera di Luca Serasini

Come si cattura il suono del nostro universo? Attesa, immobilità e ascolto sono le idee chiave da cui nasce la riflessione dell’artista visivo Luca Serasini e del sound designer Massimo Magrini per EGO – Osservatorio Gravitazionale Europeo di Cascina, il centro internazionale che ospita il rivelatore di onde gravitazionali Virgo. In questa sede, sabato 8 ottobre 2022  alle ore 18.00, in occasione della Giornata Italiana del Contemporaneo – AMACI, si inaugura l’installazione Frange di interferenza. In ascolto del Cosmo, a cura di Eleonora Raspi, Vincenzo Napolano e Valerio Boschi in seno al dialogo non banale portato avanti dall’Osservatorio tra la ricerca di artisti del panorama nazionale e internazionale e la ricerca scientifica di frontiera.

Frange di Interferenza si sviluppa a partire dalla suggestione provocata dalla capacità dell’esperimento Virgo di ‘ascoltare’ i flebili segnali cosmici generati a milioni o miliardi di anni luce dalla Terra e di monitorare allo stesso tempo i segnali  provenienti dall’ambiente naturale e umano in cui è immerso. Serasini realizza una grande installazione di land art interattiva in uno degli spazi verdi dell’osservatorio volta a ricreare, su una scala molto maggiore di quella dell’esperimento, la figura delle “frange di interferenza”, il segnale di luce tramite cui le onde gravitazionali si rivelano e prendono una forma ‘visibile’ in Virgo. Nell’ottica di una completa interazione con l’opera, i visitatori saranno immersi in un paesaggio sonoro creato appositamente da Massimo Magrini, attraverso una app scaricabile sul proprio smartphone e funzionante solo in prossimità dell’installazione. Nell’opera, come nell’esperimento, la rivelazione di remoti echi cosmici si confonde e identifica con la rilevazione dei ‘rumori’ ambientali più prossimi: le vibrazioni della terra o il sibilo del vento, il battito delle pale eoliche, l’impatto delle onde del mare sulla costa tirrenica, i rumori prodotti dall’uomo.

L’installazione Frange di interferenza sarà visitabile, con accesso gratuito e su prenotazione, ogni martedì dalle 11 alle 13 e il sabato dalle 17 alle 19, dall’ 8 fino al 22 ottobre 2022. Collegata a questo progetto, dal 24 al 30 settembre allo Spazio Cascina – Arte al Centro sarà allestita una mostra dedicata alle fasi di ideazione e realizzazione del progetto, dal titolo Geometria del Tempo. La mostra includerà opere su carta di varie dimensioni e tecniche, suoni e una videoinstallazione realizzata per questa occasione.


EGO 

EGO, l’Osservatorio Gravitazionale Europeo, a Cascina in provincia di Pisa, è la sede dell’interferometro Virgo. EGO è impegnato da diversi anni in progetti relativi all’impatto della ricerca sulle onde gravitazionali sulla società, il coinvolgimento di non scienziati nella ricerca (citizen science), organizza eventi e mostre per il grande pubblico e si dedica alla ricerca di nuovi linguaggi all’intersezione tra arte e scienza. Da molti anni ha sviluppato un percorso tra arte e scienza attorno ai temi dello Spazio, Tempo e Cosmo, con il coinvolgimento di artisti di grande rilievo internazionale come Tomas Saraceno, Liliane Lijn e Raphael della Porta. EGO è finanziato dal Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS) in Francia, dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) in Italia e dall’Istituto Nazionale di Fisica Subatomica (Nikhef) nei Paesi Bassi.

Artisti

Frange d’interferenza si inserisce nel lavoro di ricerca intrapreso negli ultimi anni da Luca Serasini, e instaura un dialogo con i precedenti lavori di land art dell’artista quali: la land art Les étoiles binaires per la residenza d’artista ad Ifitry (Marocco) nel 2019, l’installazione interna per la bipersonale Khaos/Order/Dispose (Volterra, 2018); la grande installazione light art sui refrigeranti Enel Green Power, Costellazioni Larderello/light art (Larderello, 2018); l’installazione luminosa The Kháos of Cosmos alla galleria Gazelli Art House (Londra, 2017); Orione, il grande cacciatore, per la residenza d’artista Materia Prima a Ceppaiano (2015), Alcor & Mizar in occasione di Art in the Woods, Holmfirth Arts Festival (Yorkshire, 2016), Pegaso, 10 storie per 10 stelle per M’Arte Personale 2016 a Montegemoli e Große Wagen per il simposio di scultura wo der Mensch spielt, ist er ganz Mensch a Weimar (2017); Costellazione Toro (Montegemoli, 2013). 

Massimo Magrini svolge attività di ricerca all’interno dell’Istituto di Scienza e Tecnologie dell’Informazione del Consiglio Nazionale delle Ricerche, dove si occupa di elaborazione dei segnali e di sistemi multimediali interattivi destinati ad applicazioni artistiche e riabilitative. Attivo da molti anni anche come musicista elettronico, con il progetto Bad Sector ha realizzato decine di album e si è esibito dal vivo in Europa, Russia, Australia. Dal 2017 insegna Interaction Design presso l’Accademia di belle arti Alma Artis.


Il progetto, nato a seguito di due fasi di ricerca e sperimentazione dal titolo Campionamenti e Riflessioni a giugno e settembre 2021 e realizzato grazie e con il supporto di EGO/Virgo, gode della collaborazione di Fondazione Materia Prima, del network Cooltsalon, del Festival internazionale di videoarte Over The Real, dello Studio Gennai Arte contemporanea, del Progetto Nadar – Camera Oscura Sociale, di InAbsentia, dell’associazione culturale Cantiere Nuovo e del patrocinio del Comune di Cascina.
Per prenotare le visite o ulteriori informazioni di accesso scrivere a info@ego-gw.it

Contatti stampa:

Eleonora Raspi

Independet Curator

eleonora.raspi@gmail.com

Mob. +393890476417

…..

Vincenzo Napolano

EGO Communication Responsible

napolano@ego-gw.it

Mob. +393472994985

tel: +39050752464

tw:@ego_virgo | fb:@EgoVirgoCollaboration

Il MiC a Lubec per presentare l’impatto reale che ha il digitale sui beni culturali: incontri, laboratori, stanze immersive
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Progettualità, storia e futuro, nuove opportunità che arrivano dal settore digitale, sostenibilità. Sono questi i tratti distintivi della partecipazione del Ministero della cultura alla XVIII edizione di “LuBeC – Lucca Beni Culturali”, la manifestazione dedicata allo sviluppo e alla conoscenza della filiera “cultura – innovazione”, che si svolgerà il 6 e il 7 ottobre al Real Collegio di Lucca. Con la presenza dei suoi Istituti e delle Direzioni generali, coordinati dal Servizio VI del Segretariato generale, il Ministero della cultura presenta un corposo programma di incontri, laboratori pratici e uno spazio espositivo istituzionale.

GLI INCONTRI – Si partirà, giovedì 6 ottobre alle ore 14, con una riflessione particolare su GESTIONE, VALORIZZAZIONE E ACCESSIBILITÀ TRA PNRR CULTURA E PROGETTI EUROPEI in cui verranno presentati obiettivi e investimenti del Ministero della cultura, con particolare riferimento agli interventi nazionali e transnazionali, rivolti alle imprese culturali e creative e al miglioramento della accessibilità –  sia fisica che digitale – e della sicurezza. Nel corso di un incontro promosso dal Servizio III del Segretariato generale in collaborazione con la Direzione generale Educazione, ricerca e istituti culturali e la Fondazione Scuola per i Beni e le Attività Culturali sarà presentato il “Grant Office”. Le attività di questa struttura, istituita da poco più di un anno, sono dirette non solo agli istituti del MiC intenzionati a rispondere a bandi europei, ma anche a interlocutori esterni che possono così conoscere il punto di contatto dell’amministrazione per la ricerca di partner istituzionali da coinvolgere nella costruzione di partenariati europei. 

Sempre in questo contesto, a seguire, si parlerà di “COOPERAZIONE ISTITUZIONALE PER LA VALORIZZAZIONE DEL PAESAGGIO E DEL PATRIMONIO CULTURALE”, alle ore 14.30, nell’incontro curato dalla Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio in collaborazione con gli Uffici Territoriali aderenti.

Seguiranno poi workshop e convegni – nella giornata di giovedì 6 ottobre – raggruppati in altre due aree tematiche. 

Nell’ambito della VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO: TRA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE E CAMBIAMENTO CLIMATICO verrà affrontato il binomio patrimonio culturale e sostenibilità, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030. Un’occasione per illustrare le strategie per la conservazione e la promozione del patrimonio culturale e naturale messe in atto in particolare dalla Soprintendenza Nazionale per il patrimonio culturale subacqueo con il suo PROGETTO CREAMARE: UN MODELLO DI COLLABORAZIONE FRA ISTITUZIONI CULTURALI E IMPRESE CREATIVE PER LA VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE SUBACQUEO (in agenda alle ore 15.25).

L’area tematica COLLABORAZIONE PUBBLICO-PRIVATO PER LA VALORIZZAZIONE E LA FRUIZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE si concentrerà, invece, nel mostrare l’alleanza pubblico-privato per la creazione di nuovi modelli di gestione e valorizzazione del patrimonio culturale per la condivisione degli aspetti finanziari, organizzativi e della governance, aperti al coinvolgimento delle comunità sociali e produttive locali. Un susseguirsi di incontri (a partire dalle ore 14) in cui sarà protagonista– tra gli altri – il Museo Reggia di Caserta con un workshop su “Semi-Sviluppo e Meraviglia di Impresa”: un incubatore imprenditoriale che promuove il primo progetto dedicato al restauro e alla rigenerazione in chiave culturale, sociale e produttiva delle serre borboniche della Reggia.

L’intera giornata di venerdì 7 ottobre, invece, sarà dedicata al tema LE SFIDE DEL DIGITALE DALLA VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE ALL’INTERAZIONE CON I NUOVI PUBBLICI. BUONE PRATICHE per dare evidenza al valore del patrimonio culturale – inteso nella sua accezione più ampia, sia esso analogico, digitalizzato o creato in digitale – e le modalità per valorizzarlo anche attraverso i nuovi strumenti digitali. Il Museo Archeologico Nazionale di Taranto che presenterà “Taras e i doni del mare”. Una mostra “phygital”, fisica e digitale, basata su una combinazione di virtualità e materialità degli oggetti, multimedialità e tradizione, per un’esperienza di visita innovativa e coinvolgente (alle ore 14.30). Si proseguirà anche con altri progetti tra cui quello che di Villa Adriana e Villa d’Este, che ha avviato la documentazione delle collezioni a fini di tutela e valorizzazione attraverso la modellazione tridimensionale.

Oltre a queste tematiche, il Ministero parteciperà anche ad altri momenti di dibattito, come quello di giovedì 6 ottobre alle ore 15, dedicato al PIANO NAZIONALE BORGHI: COMPLESSITÀ, SOLUZIONI E STRATEGIE PER L’ATTUAZIONE DEI PROGETTI. Il venerdì 7 ottobre alle ore 10, invece, in collaborazione con la Direzione Generale Spettacolo si affronterà il tema SPETTACOLO DAL VIVO. NUOVI AUTORI E LINGUAGGI CONTEMPORANEI PER COSTRUIRE NUOVI PUBBLICI. STATO DELL’ARTE, POLITICHE E RUOLI CHIAVE.

Anche in questa edizione, inoltre, in collaborazione con Ales – Arte Lavoro e Servizi ci sarà un momento dedicato all’Art Bonus, venerdì 7 alle ore 10, con la presentazione della ricerca “Art Bonus: dinamiche relazionali e distribuzione sul territorio dal 2014 ad oggi”, volto a dare risalto alle dinamiche relazionali, sociali e professionali alla base dei casi di successo delle raccolte Art Bonus, presentandoli come buone pratiche di riferimento per enti culturali e mecenati.

I LABORATORI – Quest’anno la presenza del Ministero della cultura a LuBeC sarà ancora più dinamica. Ci si potrà cimentare, infatti, anche in un laboratorio sulla Gamification articolato in due fasi distinte: la prima, prevista il 6 ottobre, a cura del MANN, dei Musei Reali di Torino e del Palazzo Reale di Genova, sarà dedicata alla presentazione dei game ideati per i musei, evidenziandone potenzialità e opportunità. La seconda parte, attiva in entrambe le giornate, verterà sullo svolgimento di un’esercitazione pratica coordinata dai Musei Reali di Torino e dal Palazzo Reale di Genova con la collaborazione di Visivalab e ETT, in cui gli utenti partecipanti, potranno sperimentare i vari aspetti che interessano lo sviluppo di un progetto di gaming e simulare le differenti figure professionali coinvolte (fundraiser, storyteller, project manager, il curatore, l’operatore didattico ecc..) come in un gioco di ruolo. Sarà possibile, inoltre, testare i game nell’area antistante i laboratori.

LO SPAZIO ESPOSITIVO: STANZE IMMERSIVE – Tramite un allestimento multimediale – comprensivo di postazioni interattive e ambienti immersivi – saranno esposti al pubblico numerosi progetti e attività del MiC in linea con le principali tematiche della manifestazione, quali l’innovazione digitale, la valorizzazione del patrimonio culturale, le tecnologie applicate al settore dei beni culturali. Tra le iniziative in mostra, il Parco Archeologico di Sepino (Campobasso) proporrà un’esperienza di “Realtà virtuale e realtà aumentata per un racconto museale innovativo” – qui gli utenti potranno visualizzare in realtà virtuale modelli 3D di reperti e antichi strumenti romani – e una visita guidata virtuale nel Metaverso al Parco Archeologico.

Saranno presenti, con postazioni multimediali, anche l’Archivio di Stato di Foggia e il Museo Archeologico di Medma-Rosarno (Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia), quest’ultimo con un interessante progetto di comunicazione integrata e multimediale “sound and spech tour”.Da segnalare la presenza di “stanze immersive” dedicate a iniziative curate dall’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale (ICPI) e dal Parco Archeologico dell’Appia Antica. In particolare, il Parco Archeologico coinvolgerà i partecipanti con ricostruzioni virtuali in 3D del Palazzo Caetani, un videomapping sull’evoluzione storica del paesaggio dell’Appia e un videogioco interattivo (“Minecraft Appia Adventure”) ambientato nel sito di Villa dei Quintili. L’ICPI presenterà “Le Stanze della Memoria” di Tricase: uno spazio di fruizione dedicato alla restituzione delle memorie collettive (raccolte dai ricercatori di “Liquilab ORS. Osservatorio di Ricerca Sociale del sud Salento”), ove sarà possibile fruire in modalità immersiva di materiali audiovisivi prodotti da Liquilab e materiali provenienti dall’Archivio di Antropologia Visiva dell’ICPI, tra i quali importanti documenti storici sulla meloterapia del tarantismo in terra salentina.
#MiCLuBeC2022Roma, 28 settembre 2022

A Lucca Effetto Cinema 2022 Live multimedia con Lino Strangis e Alberto papotto aka Sysiphus
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Durante l’attesissimo Lucca Effetto Cinema 2022 in programma la sera di sabato 1 ottobre,  Over The Real diretta da MAURIZIO MARCO TOZZI presenterà una multimedia live performance incentrata sull’incontro di musica sperimentale, videoarte e installazioni audio-video interattive con le esibizioni musicali live di Alberto Papotto aka Sysiphus e Marco uBIK Bonini immersa negli ambienti scenici audiovisivi di Lino Strangis, a cura di Veronica D’Auria (C.A.R.M.A. Roma). Un evento da non perdere per immergersi nella ricerca e nella sperimentazione multimediale dell’arte contemporanea a 360 gradi. Appuntamento alle ore 21,30 presso la Biblioteca Civica Agorà, via delle Trombe 6, Lucca.

Vi ricordiamo gli altri appuntamenti in programma:

GIOVEDI 29 SETTEMBRE

ORE 17 SALA CONFERENZE Vincenzo da Massa Carrara del Complesso San Micheletto

VIDEO SELECTIONS:

REOCCUPATION Curator: Eirini Olympiou (GRC)

VIDEOFORMES SELECTION Curator: Gabriel V. Soucheyre (FRA)

NO LOCKDOWN VIDEOS Selection Transcultures/Pépinières européennes de Création Curator: Philippe Franck (BEL)

VENERDI 30 SETTEMBRE

ORE 10 SALA CONFERENZE Vincenzo da Massa Carrara del Complesso San Micheletto

MASTERCLASS ALESSANDRO LUDOVICO

ORE 17 SALA CONFERENZE Vincenzo da Massa Carrara del Complesso San Micheletto

VIDEO SELECTIONS:

OVER THE REAL 2022 STUDENTS

OVER THE REAL 2022 SELECTION Curators: Veronica D’Auria, Lino Strangis, Maurizio Marco Tozzi

SABATO 1 OTTOBRE

ORE 17 SALA CONFERENZE Vincenzo da Massa Carrara del Complesso San Micheletto

VIDEO SELECTIONS:

UKRAINIAN VIDEOART PROGRAM Curator: Iury Lech (URK/ESP) MADATAC

ONCE UPON A TIME IN AFRICA. VIDEOART VISIONS Curators: Alessandro Romanini & Maurizio Marco Tozzi

ORE 21.30 BIBLIOTECA AGORA’

MULTIMEDIA LIVE PERFORMANCE DI

MARCO uBIK BONINI; ALBERTO PAPOTTO Sysiphus

a cura di Veronica D’Auria

ambienti scenici audiovisivi di Lino Strangis

DOMENICA 2 OTTOBRE

VIDEO SELECTIONS

ON LINE DALLE ORE 10 ALLE 24

https://www.youtube.com/channel/UCdSmopIPn4-qfZRuCTmtHJA/featured

Maurizio Marco Tozzi
https://mauriziomarcotozzi.wordpress.com/https://overthereal.com/https://www.instagram.com/over_the_real/cell.+39 3356633100
upcomingVII ed. OVER THE REAL II part – September 23 > October 02.2022LUCCA 

Prorogata la mostra ATTRAVERSO L’ARTE  La galleria IL GABBIANO 1968-2018 Cinquant’anni di ricerca artistica. Al CAMeC della Spezia.
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Cinquant’anni di attività raccontati attraverso oltre 250 opere. Grazie alla disponibilità dei prestatori, è stata prorogata fino al 19 marzo 2023 l’esposizione “Attraverso l’arte. La galleria Il Gabbiano 1968-2018”, promossa dal Comune della Spezia negli spazi del CAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea.
Una nuova occasione – per gli spezzini, i turisti, gli studenti e le scuole dopo il periodo estivo – per conoscere la storia unica di una galleria strettamente legata alla città e allo stesso tempo in dialogo con numerose realtà artistiche in Italia e all’estero. Nei mesi a venire saranno dunque proposti ulteriori incontri di approfondimento, attività performative, percorsi didattici e laboratoriali per i bambini e le famiglie, la cui programmazione sarà indicata sul sito http://camec.museilaspezia.it/. 
Il Gabbiano, con oltre 500 mostre nell’arco dei suoi cinquant’anni di attività, ha portato alla Spezia le eccellenze dell’arte contemporanea italiana e internazionale, con approfondimenti dedicati alla Poesia visiva, a Fluxus (di cui nel 2022 ricorre il sessantennale della nascita), all’Arte concettuale, alla Body Art e alle esperienze legate alla musica, al suono e alla performance. Un viaggio nella storia dell’arte e della città.
A integrare e completare il percorso espositivo, che si sviluppa al secondo piano del Museo, l’installazione corale nella project room, dove cinquanta artiste e artisti (che negli anni hanno esposto e collaborato con il Gabbiano) hanno creato un’immagine, a simbolo della loro arte e in omaggio alla galleria, tradotta sotto forma di bandiera. La bandiera diventa così simbolo di libertà e leggerezza, elementi che hanno sempre contraddistinto l’identità del Gabbiano nella sua lunga e autonoma ricerca artistica. Le immagini in mostra vanno dal collage del 1964 proposto da Lamberto Pignotti, tra i fondatori e teorici della Poesia Visiva italiana, alla ricerca NFT di Alfio Antognetti con la sua “Paper Red”, passando attraverso, ad esempio, Alessio Gianardi che propone un approfondimento sulla fotografia, sulle sue sembianze, quindi sull’esistenza, Marco Casentini con la sua instancabile ricerca sul colore e la sua luce, e il gruppo degli artisti canadesi, da sempre attenti alle tematiche green: Lynn Campbell, Anne O’Callaghan, Sylvia Ptak, Yvonne Singer, W. Mark Sutherland, Francesca Vivenza.
L’esposizione è curata da Mario Commone in dialogo con Mara Borzone, Francesca Cattoi, Cosimo Cimino, Lara Conte e Marta Manini, ideatrice del progetto grafico e di allestimento; la direzione del progetto è affidata ad Eleonora Acerbi e Cinzia Compalati, conservatrici del Centro.
La mostra al CAMeC è parte del percorso di ricerca condotto sugli Archivi della Galleria che confluirà nella pubblicazione di un volume a cura del Circolo Culturale, nel quale sarà documentata la storia della galleria attraverso le mostre, le performance, i concerti e le conferenze realizzate durante gli anni di apertura nelle sedi di via Don Minzoni 63, poi 53 e infine via Ricciardi 15 e in diversi luoghi della città.
La galleria Il Gabbiano nasce alla Spezia nel 1968 per volontà di una dozzina di artisti. Un’esigenza probabilmente scaturita dalla mancanza in città di situazioni analoghe ed essendo venuto meno da pochi anni anche il Premio del Golfo, rassegna periodica di pittura di rilevanza nazionale. Il Gabbiano ha avuto il merito di porre al centro del suo percorso la figura dell’artista, attenzione posta fin dagli esordi probabilmente perché la galleria, attiva dal 1968 al 2018, è stata sempre condotta da soli artisti, spinti dalla necessità di avere tra di loro e con il pubblico uno spazio di dialogo e di confronto.
L’esposizione è visitabile fino al 19 marzo 2023, da martedì a domenica dalle 11.00 alle 18.00, chiuso il lunedì, Natale e Capodanno. Ingresso intero euro 5, ridotto euro 4, ridotto speciale euro 3,50. Per informazioni: tel. +39 0187 727530, camec@comune.sp.it, http://camec.museilaspezia.it. Nel corso della mostra saranno proposti incontri di approfondimento, attività performative e percorsi didattici e laboratoriali per i bambini e le famiglie.

CAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea
Piazza Cesare Battisti, 1
19121 La Spezia – Italy
ph. +39 0187 727530
camec@comune.sp.it

Sabato 24 settembre si apre l’attesa sezione DIGITAL LIVE di ROMAEUROPA. Intervista alla curatrice FEDERICA PATTI.
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Si apre il 24 settembre alle 21 con l’artista singaporese con base a Berlino Choy Ka Fai e il suo progetto di danza digitale Yishun is burning al Mattatoio la sezione DIGITAL LIVE di ROMAEUROPA 2022 curata da Federica Patti. Attraverso viaggi di ricerca, esperimenti pseudo-scientifici e performance documentarie, Ka Fai si appropria di tecnologie e narrazioni per immaginare nuovi futuri del corpo umano.

Digital LIVE ha base all’ex Mattatoio del Testaccio e unisce proposte legate all’AI con live media performance.

Abbiamo intervistato la curatrice e selezionatrice FEDERICA PATTI, storica dell’arte, la cui ricerca si concentra sulle arti multimediali digitali, su progetti interattivi e partecipativi, sulle live media performance e sulla valorizzazione di giovani artisti emergenti, con una propensione all’apertura e alla contaminazione verso pubblici e spazi non convenzionali. Vincitrice della nona edizione dell’Italian Council (2020) con un progetto di ricerca dal titolo “La performatività Posthuman. Una definizione transdisciplinare della live media performance” realizzato grazie al sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo nell’ambito del programma Italian Council, attualmente collabora con diverse realtà (fra tutte: MAMbo – Museo d’Arte Moderna Bologna, CUBO – Centro Unipol Bologna e Romaeuropa Festival) nell’ideazione e realizzazione di mostre e attività educative legate ai temi di arte, scienza, nuove tecnologie. E’ membro del collettivo LaRete Art Projects e di IKT – International Association of Curators of Contemporary Art. E’ fra le tutor del progetto “Residenze digitali” e partecipa alle giurie di numerosi premi internazionali dedicati alla sperimentazione artistica multimediale (i più recenti: STARTS prize Piedmont, RE:Humanism 2021).

Federica Patti

Anna Monteverdi: La nuova edizione vede selezionate proposte legate all’AI. Quali sono gli artisti e quali sono stati i tuoi criteri di scelta per questa edizione 2022?

Federica Patti: L’edizione di quest’anno di DIGITALLIVE si è coagulata intorno a diversi momenti del programma del calendario e a diverse tematiche: affronta alcuni momenti in maniera verticale. Nei week end dal 4 al 6 novembre il tempo e lo spazio dello spettacolo è concentrato su performance e produzioni in dialogo con l’Intelligenza Artificiale. Gli invitati sono Franz Rosati, Sofia Crespo, Libbie Heaney: tutti e 3 gli artisti rappresentano in maniera eccellente tre possibili declinazioni del possibile rapporto con questi algoritmi complessi. Franz Rosati per la composizione musicale, Sofia Crespo per il video, e ancora per l’immagine video e suoni, l’artista inglese Libbie Heaney che per prima ha potutto portare questa ricerca in relazione con l’utilizzo di computer quantici: ha presentato quest’estate una produzione video attraverso algoritmi di Intelligenza Artitificiale e computer quantici con supporti di centri di ricerca specialzizati. Da noi presenta in forma performativa il risultato di questa sua ricerca di produzione di immagini.

FRANZ ROSATI, Distantia

Anna Monteverdi: Come si colloca la tua attività di ricerca su Performance posthuman con la pratica curatoriale? Ci sono aspetti che indaghi di più?

Federica PATTI: Diciamo che la pratica curatoriale che svolgo ha un dovere -oserei dire- anche di coerenza e di risposta nei confronti sia di una programmazione più ampia, quindi di relazione con altre discipline e linguaggi, sia di messa in armonia di questi contenuti nei confronti di una sorta di narrazione per il pubblico. Le scelte curatoriali ogni anno sono indicate da il tipo di ricerca che o io o gli artisti con cui solitamente mi interfaccio, svolgiamo, con cui siamo sintonizzati in quel periodo, ma c’è poi una ricaduta produttiva e di programmazione nei confronti del pubblico. Uno degli esempi più lampanti è effettivamente la pratica e i linguaggi performativi multimediali e posthuman in ambito digitale e virtuale. Sta crescendo sempre più l’interesse e curiosità verso ciò che avviene in quello che chiamiamo Metaverso, quelle possibilità e ambientazioni virtuali, estese aumentate che stanno nascendo in modo embrionale che è ancora è difficile presentare ad un pubblico più sintonizzato con una programmazione come RomaEuropa festival. Sicuramente l’attenzione è spostata sull’attenzione dell’evoluzione del concetto di identità con la sua deriva etica. Per me il posthuman è la possibilità di andare a individuare delle caratteristiche identitarie, anche al di là della definizione canonica di umano; quindi andare a interagire e integrare con queste categorie con ciò che è non umano, sia artificiale sia naturale.

Anna Monteverdi Un pensiero per Salvatore Iaconesi a cui dedichi un appuntamento.

Federica Patti: L’invito a Salvatore è nato un anno e mezzo fa per fare un workshop in cui sviluppare e coinvolgere un gruppo di artisti e performaner nel progetto ARCHIVI DEL NUOVO ABITARE.

La contingenza ci ha portato a rimodulare l’appuntamento, volendo conservarlo con la visione -che Salvatore ha sempre portato e messo a disposizione- della sua produzione artistica e culturale. Il messaggio è sicuramente di proseguimento, di continuità con la strada che è stata designata e disegnata in maniera generativa e potente da Salvatore e che continua. Con ARNA continuiamo a collaborare con la presentazione al pubblico di questo archivio vivente, un vero lascito vivente delle sue produzioni.

Anna Monteverdi Residenze Digitali: RomaEuropa è entrato per il primo anno come partener. Puoi raccontare quale progetto ha supportato?

FEDERICA PATTI: Kamilla Kard è l’artista che seguiamo come ROMAEUROPA per Residenze digitali e con la quale abbiamo già avuto modo di collaborare; nella ricerca per RD ha sviluppato Dance dance dance che si colloca nella piattaforma social Roblox; è molto focalizzato sull’elemento di danza degli avatar che popolano questo ambiente ma anche sul concetto di danza come stilema di dialogo tra gli utenti. Ha questa peculiarità di far interagire gli avatar danzando, esprimendosi a gesti, componendo coreografie colloquiali, di dialogo. La Kard sta costruendo un ambiente specifico in cui gli spettatori e gli utenti saranno invitati a personalizzare avatar e interagire con i movimenti di danza.

KAMILLA KARD, Dance dance dance
LOGO di Arti Digitali dal VIVO

Anna Monteverdi Parliamo di ARTI Digitali dal Vivo: C’è necessità di riunire teorici e tecnoartisti?

FEDERICA PATTI: Mi viene da dire che non c’è necessità perché spesso le due cose coincidono, è il dialogo è sempre attivo: per fare ricerche di questo tipo, in questo settore bisogna farne parte, seguirle, inseguirne le apparizioni mutevoli e cangianti in maniera rapida. Con ADV la necessità in più è quella di prendersi il tempo dello scambio collettivo e reciproco, nel confronto, nell’arricchimento reciproco tra vari nuclei che finalmente messi in network, dotati di tempo e spazio per aumentare lo scambio, possano arrivare a produrre papers, nuovi statements, indirizzi, networks di produzione e di ricerca. Il tempo di incontrarsi: questa è la necessità che emerge di più, per quel che mi riguarda, e che mi ha portato a far parte di Arti Digitali Dal Vivo.

Il Festival internazionale di videoarte OVER THE REAL, inaugura la settima edizione a Lucca dal 23 settembre
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Dopo il successo della mostra Bill Viola The Seventies della scorsa primavera, Over The Real terrà
la seconda parte della sua settima edizione dal 23 settembre al 2 ottobre in varie sedi della città di
Lucca. Il Festival Internazionale di Videoarte, realizzato in coproduzione con il Lucca Film Festival
e con il sostegno della Regione Toscana_GiovaniSì_Toscanaincontemporanea2022; della
Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca; del Dott. Emanuel Bertuccelli (Family Banker Banca
Mediolanum); prevede una serie di eventi con l’intento di presentare le più significative linee di
ricerca emerse negli ultimi anni nel panorama internazionale delle arti digitali.
Venerdì 23 settembre alle ore 10 presso il Cinema Centrale, sarà Studio Azzurro ad aprire la
kermesse con una masterclass che propone di mettere a tema l’esperienza cinematografica di Studio
Azzurro in relazione con opere non cinematografiche dello stesso periodo. Filo rosso diventano le
collaborazioni con sceneggiatori, attori, registi e musicisti con i quali si condivide una particolare
desiderio di sperimentazione specifico. Queste collaborazioni sottolineano la porosità dei progetti di
Studio Azzurro e l’attitudine a farsi attraversare dai linguaggi per rendere trasversali i modi della
ricerca. Saranno presenti Fabio Cirificno e Laura Marcolini.
Seguirà nel pomeriggio (alle ore 17 presso l’Auditorium Palazzo delle Esposizioni) e nella giornata
successiva di sabato 24 settembre (alle ore 21 presso la sala conferenze Vincenzo da Massa Carrara
del Complesso San Micheletto) una rassegna di film e video del collettivo nato nel 1982 da Fabio
Cirifino, Paolo Rosa (1949-2013) e Leonardo Sangiorgi dando vita a un’esperienza che nel corso degli anni
esplora le possibilità poetiche ed espressive dei nuovi linguaggi tecnologici. A loro si aggiunge, dal 1995 al 2011, Stefano Roveda, esperto di sistemi interattivi. Attraverso la realizzazione di videoambienti,
ambienti sensibili, percorsi museali, performance teatrali e film, disegnano un percorso artistico
trasversale alle tradizionali discipline e formano un gruppo di lavoro aperto a differenti contributi e
importanti collaborazioni. È così che Studio Azzurro prende la forma di un laboratorio di ricerca
artistica spesso paragonato a una bottega rinascimentale.
La seconda masterclass venerdì 30 settembre alle ore 10, presso la sala conferenze Vincenzo da
Massa Carrara del Complesso San Micheletto,
vedrà protagonista Alessandro Ludovico ricercatore,
artista e caporedattore della rivista Neural dal 1993. Ha conseguito il dottorato di ricerca. Laurea in
Inglese e Media presso l’Anglia Ruskin University di Cambridge (UK). È professore associato
presso la Winchester School of Art, University of Southampton e docente presso Parsons Paris –
The New School. Ha pubblicato e curato diversi libri e ha tenuto conferenze in tutto il mondo. È
stato anche consulente per il progetto Documenta 12 Magazine. È uno degli autori della premiata
trilogia di opere d’arte Hacking Monopolism (“Google Will Eat Itself”, “Amazon Noir”, “Face to
Facebook”).
A termine della conferenza seguirà la consegna del Premio per la realizzazione del manifesto 2022
che questa edizione è stato vinto da Giovanni Piscitelli, studente dell’Accademia di Belle Arti Alma
Artis di Pisa. Un riconoscimento importante dedicato ai giovani studenti della Toscana che Over
The Real ha istituito dallo scorso anno ed al quale hanno partecipato decine di ragazzi e ragazze di
grande creatività.
Come ogni anno Over The Real presenterà (dal 29 settembre al 1 ottobre, dalle ore 17, presso
l’Auditorium della Fondazione Ragghianti) una serie di selezioni di opere audiovisive realizzate da
importanti curatori e direttori dei maggiori festival di videoarte internazionali con i quali Over The
Real ha creato da anni un forte interscambio culturale.

Oltre alla selezione dei direttori artistici delFestival Maurizio Marco Tozzi, Veronica D’Auria e Lino Strangis si segnalano le rassegne della curatrice greca Eirini Olympiou, del direttore belga di Transulcultures Philippe Franck, di Gabriel Soucheyre direttore dello storico festival francese Videoformes. In questa settima edizione vengono inoltre proposte due rassegne speciali: la prima dedicata alle opere di artisti dell’Ucraina, curata da Iury Lech (direttore del Festival madrileno MADATAC) e la seconda incentrata sui lavori di artisti africani a cura di Alessandro Romanini e Maurizio Marco Tozzi. Un totale di 55 opere audiovisive monocanali provenienti da tutto il mondo con molte anteprime internazionali.
Si inaugura inoltre la nuova sezione Over The Real Students dedicata agli studenti della Regione
Toscana che presenteranno i loro lavori video.
Spazio anche alle performance che andranno in scena durante l’attesissimo Lucca Effetto Cinema
2022 in programma la sera di sabato 1 ottobre, nel corso della quale Over The Real presenterà una
multimedia live performance incentrata sull’incontro di musica sperimentale, videoarte e
installazioni audio-video interattive con le esibizioni musicali live di Alberto Papotto aka Sysiphus
e Marco uBIK Bonini immersa negli ambienti scenici audiovisivi di Lino Strangis, a cura di
Veronica D’Auria (C.A.R.M.A. Roma). Un evento da non perdere per immergersi nella ricerca e
nella sperimentazione multimediale dell’arte contemporanea a 360 gradi. Appuntamento alle ore
21,30 presso la Biblioteca Civica Agorà.
Non mancheranno poi i talk: lunedi 23 settembre ore 18 “30 anni di canecapovolto” con
canecapovolto; martedi 24 settembre ore 18 “I Festival in Italia” con Luca Basilico direttore di
About The Future; Francesca Leoni e Davide Mastrangelo direttori di Ibrida Festival; mercoledi 25
settembre ore 18 “Elettronic Music e performance intermediali” con Marco uBIK Bonini; Alberto
Papotto.
Sarà possibile seguire diversi appuntamenti del Festival anche on line.
Per il programma completo www.overthereal.com/program
Over The Real – Festival Internazionale Videoarte
Over The Real, ideato e diretto da Maurizio Marco Tozzi, Lino Strangis, Veronica D’Auria, nasce nel 2015 con l’intento di presentare le più significative linee di ricerca emerse negli ultimi anni nel panorama internazionale delle arti digitali. Over The Real ha avviato un processo di forte interscambio culturale creando un network di curatori internazionali per la realizzazione dei suoi eventi: mostre, incontri didattici, workshop e conferenze legati alla multimedialità ed al rapporto con il patrimonio artistico e culturale. Durante le precedenti edizioni sono state presentate circa 400 opere audiovisive di artisti provenienti da tutto il mondo e sono stati ospitati autori storici fra cui Studio Azzurro, Maurizio Camerani, Federica Marangoni, Fabrizio Plessi, Michele Sambin. Over The Real dedica ampio spazio agli incontri didattici e workshop presentando le modalità estetiche e creative dei software ed i mezzi più evoluti (dal video alla realtà virtuale, fino all’intelligenza artificiale), al fine di fornire agli studenti e non, una visione completa
degli ultimi mezzi tecnologici. Durante il Festival non mancano spettacolari momenti di performance intermediali con artisti di alto profilo. Over The Real contribuisce alla diffusione dell’arte digitale partecipando ad importanti eventi sia in Italia che all’estero fra cui: Festival di Videoarte di Camaguey (Cuba); International Motion Festival Cyprus; Semana Internacional de Videocreacion de Lanzarote (Spagna); Videoformes (Clermont-Ferrand, Francia); Torrance Art Museum (Los Angeles,Usa); Areté Venue & Gallery (New York, Usa); Field Projects Gallery (Chelsea, New York,
Usa); MACRO (Roma); Gebre Kirsots Desta Center Modern Art Museum – AVAF (Addis Abeba, Etiopia); Moscow Museum of Modern Art (Russia); Athens Digital Arts Festival (Grecia); Festival Les Instants Vidéo (Marseille, France); Video Art Miden (Grecia), SPLIT VIDEOART FESTIVAL (Croazia).
www.overthereal.com

Intervista a Gabriele Menconi, autore dell’installazione-omaggio a Giacomo Verde per la mostra Liberare Arte da Artisti
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Gabriele Menconi è uno degli artisti che ha portato un omaggio in forma di installazione, alla mostra dedicata a Giacomo Verde, Liberare Arte da ARtisti al CAMeC della Spezia; è stato anche il designer scelto per creare il layout, il visual e la grafica coordinata della mostra. Il suo intervento creativo, di grande effetto, ha permesso, un’efficace comunicazione visiva della mostra. Sua è la scelta dei caratteri per l’headline che anticipa il contenuto dell’esposizione con una specie di effetto sia pixel che di “falso 3D”, l’organizzazione cromatica intorno a tre colori che si ritrovano anche nell’immagine scelta per la locandina, e infine l’impaginazione dei fogli di sala. Per questi ultimi ha liberamente interpretato una suggestione del gruppo curatoriale, immergendo il lettore nell’atmosfera delle punk zine, delle pubblicazioni autoprodotte underground anni Ottanta, che è poi la data di partenza del percorso della mostra. Il foglio-fanzine va a definire il territorio e la scena indipendente in cui aveva operato l’artista.

1. Puoi raccontarci la tua biografia artistica a partire dall’Accademia di Belle Arti dove hai conosciuto Giacomo Verde, e le tue prime installazioni?
Gabriele Menconi: Partirei con la mia bio dal 2011, anno in cui ho lasciato un noioso lavoro dipendente per intraprendere gli studi all’Accademia di Belle Arti di Carrara: triennio in grafica e biennio specialistico in Arti Multimediali con tesi finale sulle installazioni sonore (2016). Ho sviluppato i primi progetti artistici con il prof. Robert Pettena, e uno di questi è stato esposto a Curitiba, in Brasile, nella collettiva fotografica Italia Mon Amour, curata dalla docente Gaia Bindi (2014). Al biennio specialistico ho approfondito gli interessi per le installazioni sonore, per la fragilità del digitale e per le problematiche legate all’internet dipendenza (IAD). Proprio su questo argomento si basa l’opera Keep Calm, un’installazione con smartphone e calchi in gesso realizzata per il corso di videoinstallazione con Giacomo Verde, attualmente esposta al CAMeC in occasione della mostra Liberare Arte da Artisti. Giacomo Verde Artivista, tra gli omaggi all’artista. Ho trascorso l’ultimo anno accademico in Erasmus a Valencia preparando l’installazione sonora oggetto della tesi. Lavoro inoltre come graphic designer freelance, principalmente su progetti artistici e musicali, e faccio parte del collettivo artistico BAU di Viareggio, dove curo il lato visual e con cui ho partecipato a mostre collettive (non ultima la retrospettiva sui 16 anni di BAU, esposta al CAMeC nel febbraio 2020) e tenuto performance sonore in spazi artistici e gallerie, tra i quali La Triennale di Milano e il MACRO di Roma.

2. Dall’Accademia all’attività lavorativa, le Accademie formano per il mercato del lavoro?
Gabriele Menconi: Devo ammettere che quando ho frequentato l’Accademia non c’erano corsi mirati a formare per il mercato del lavoro e anzi, alcuni corsi laboratoriali tendevano a ripetersi negli anni successivi, aumentando magari il grado di difficoltà di un elaborato ma senza mai interfacciarsi con una produzione concreta e reale dove spesso ti scontri con problematiche tecniche, committenti testardi e budget risicati. A Valencia invece l’università offriva corsi che preparano, per esempio, ad organizzare una mostra partendo da zero e ricoprire tutte le fasi (curatoriale, artistica, addetto stampa e diffusione, allestimento e catalogo finale) o come impostare un portfolio artistico. Mi auguro che le cose siano cambiate anche da noi, perché ritengo importante far capire a uno studente che può effettivamente fare l’artista o il creativo e dirlo tranquillamente senza sentirsi domandare “Ok, ma di lavoro vero che fai?” 

3. Tra i tuoi ambiti preferiti c’è l’antidesign, cosa significa esattamente e come lo sviluppi?
Gabriele Menconi: Potremmo dire che l’antidesign rappresenti il superamento di quel minimalismo che nell’ultima decade ha caratterizzato la grafica, soprattutto in ambito web, portando buona parte dei siti e delle interfacce a somigliarsi e confondersi l’uno con l’altro, figli di una progettazione rigorosa e formale molto attenta alle regole della UE (User Experience) ma che ha stancato rendendo tutto piuttosto anonimo e piatto. Ispirandosi ad alcuni principi del Brutalismo in architettura, movimento di rottura con il modernismo e il minimalismo dell’immediato dopoguerra, l’antidesign rifiuta l’estetico e il bello, fa uso spesso di immagini in bassa qualità, quasi a voler sottolineare la noia per quelle foto perfette e patinate, guarda alle grafiche anni 90, rompe le regole base della composizione grafica, ad esempio non rispettando le gerarchie fra diversi elementi, usa molto testo con caratteri spesso molto grandi. Probabilmente anche il brutalismo prenderà campo e quasi tutti si uniformeranno, ma in quel momento alcuni avranno già fatto un passo oltre. 
A livello personale, in ambito grafico, mi interessa creare composizioni a prima vista stranianti, apparentemente sovraccariche di informazioni, spesso con blocchi di testo ruotati o altre soluzioni grafiche per far “interagire” il fruitore e, perché no, infastidirlo un poco. Uno dei primi banchi di prova è stato il mio sito personale (gabrielemenconi.com) in cui ho deciso di non usare più immagini e anteprime nella home, ma solo nella singola dell’opera. Tutto il resto è testo su uno sfondo simpaticamente giallo Simpson.

4. Quanto margine di libertà c’è tra la richiesta della committenza e la realizzazione finale nell’ambito della comunicazione? Cioè è possibile imporre un proprio punto di vista inusuale?
Gabriele Menconi: Non è facile ma nemmeno impossibile. Come anticipato sopra, il più delle volte ci si scontra con il cliente che ha un suo punto di vista e non lo abbandona, questo forse perché il lavoro del creativo è visto come alla portata di tutti, ognuno si sente in grado di farlo e l’unico limite, quando va bene, è quello tecnico: e così il grafico è quello che sa mettere sul computer l’idea di turno.Però non è tutto così drastico. Personalmente mi ritengo fortunato perché ho lavorato e collaborato, e tutt’ora lavoro e collaboro, con persone disposte a fidarsi e lasciare addirittura carta bianca in certe occasioni.È successo per progetti in ambito artistico e musicale, sia con associazioni e committenti privati che con istituzioni. Un esempio? La comunicazione grafica per le mostre al CAMeC, tra cui questa per Giacomo. 

5. Quali sono i tuoi modelli artistici e i tuoi artisti preferiti?
Gabriele Menconi: Argh, questo tipo di domanda mi mette sempre in difficoltà, non so mai da dove iniziare e mi dimentico sempre qualcuno… Non farò nomi per non dilungarmi, ma posso dire che tra i movimenti artistici che più hanno segnato il mio modo di pensare l’arte ci sono il Minimalismo e l’Arte Concettuale più radicale per la spersonalizzazione dell’artista e per aver messo l’idea al di sopra del risultato estetico, la Land Art per il rapporto con il contesto, la Net-Art e la Sound Art per il rapporto, spesso critico, con la tecnologia e per non coinvolgere solo il senso della vista. E tutti questi movimenti citati ritrovo opere “interattive” dove lo spettatore  è messo al centro dell’opera se non addirittura diventa l’opera stessa. 

6. La bella proposta visual per Liberare Arte da Artisti. Una grafica che sembra una scritta 3D che anticipa il contenuto dell’opera. Come è venuta in mente questo lettering e questa composizione?
Gabriele Menconi: Ho optato per una soluzione che potremmo definire scheumorfismo digitale, con un font che allude alle scritte a matrice per punti delle stampanti di prima generazione ma che ricorda anche i pixel dei primi monitor al fosforo verde. Le bande nere che fanno da sfondo al titolo sono un richiamo a quelle etichette adesive goffrate che si facevano home made, in pieno spirito DIY. Per il resto si torna un po’ al brutalismo di cui si parlava sopra: i fogli di sala hanno una impaginazione non convenzionale, con blocchi di testo disallineati e a volte ruotati, come a voler sottolineare la traiettoria artistica non facilmente inquadrabile di Giacomo Verde.

Il “caos ordinato” del Festival “Orizzonti Verticali”. Suoni, corpi, immagini e visioni secondo Tuccio Guicciardini e Patrizia De Bari.
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In un’estate teatrale fatta di convenzionalità un po’ opaca, il Festival Orizzonti Verticali-Arti sceniche in cantiere di San Gimignano nella sua decima edizione, si è aperto invece, a una grande varietà di proposte artistiche articolate in un’intrigante mappa di suoni, danze, visioni e parole. La direzione artistica di Tuccio Guicciardini e Patrizia De Bari (Compagnia Giardino Chiuso) ha improntato l’edizione 2022 sul tema degli Horti conclusi. Visioni prospettiche, ospitando le tante, multiforme apparenze del teatro e della danza, navigando anche tra i confini del video, delle installazioni e della realtà virtuale: il cortocircuito con i luoghi diventa la chiave di volta di quest’edizione di un Festival già riconosciuto dal Ministero.

Tuccio Guicciardini, presidente di Fondazione Fabbrica Europa di Firenze, drammaturgo e regista, e Patrizia De Bari danzatrice, hanno invitato il numeroso pubblico, all’ascolto dei luoghi di San Gimignano che nascondono oltre al magnifico paesaggio collinare della Val d’Elsa, ai giardini dei monasteri, alla rocca, ai cortili dei palazzi, ai torrioni, alcune preziosità d’arte contemporanea come la suggestiva installazione sotterranea di Anish Kapoor dal titolo Underground.

Dal 2016 Orizzonti Verticali si arricchisce della collaborazione con Fondazione Fabbrica Europa per le arti contemporanee (FI). Tra le ultime produzioni della compagnia: Inverno (2017) con la musica originale della violoncellista Julia Kent, Macchine tratto da un romanzo di Sebastiano Vassalli, Pinocchio (2019, Maggio Musicale Fiorentino), Bianchisentieri (in tournée dal 2013).

Bianchisentieri

I protagonisti teatrali delle tre giornate del Festival hanno dato vita a uno scenario eccentrico tra le arti, dalla danza, alla musica alla poesia, alla narrazione, alle arti visive in un formato “site specific”. Con Michele Santeramo, Instabili Vaganti, Atacama, Ivona, Teatro dell’Argine, Marco Baliani, la compagnia di Tiziana Arnaboldi e lo stesso Giardino Chiuso, il Festival ha messo in circolo le arti in luoghi inaspettati, inattesi, da scoprire, da ammirare. E’ stata un’occasione magnifica di incontri di universi quasi paralleli e una genuina operazione di rilancio e ricostruzione dello spazio pubblico, che ha promosso luoghi di socialità e intrecciato sapienza teatrale e coreutica con visioni tecnologiche di ultima generazione.

La danza della realtà (ATACAMA-)
Il labirinto (Teatro dell’Argine)

E così il visionario Ballard che aveva ben colto la relazione tra psiche e paesaggio, prende forma anzi una “mutaforma” nello spettacolo Lo spazzasuoni a firma di Giardino Chiuso con la collaborazione di Carla Tatò, che allarga la possibilità di un’esperienza teatrale in luoghi abbandonati o zone di collasso come il rifugio antiaereo scelto come spazio di rivelazione. La ri-animazione del testo letterario si nutre di sonorità spezzate, di frammenti di corpi-immagine e il teatro va in esplorazione dei potenti e distopici paesaggi ballardiani. Si tratta di un primo studio arricchito di un sapiente design di luci e sonorità spazializzate che vede protagonista Patrizia De Bari.

Ma il Festival è anche il teatro di narrazione di Marco Baliani. Un atteso ritorno particolarmente gradito dal pubblico presente alla Rocca di Montestaffoli: lo spettacolo si intitolava Opposti flussi. Partendo dalla lettura di una prima parte di un suo racconto pubblicato (La metà di Sophia) dove si parla di uno scultore polacco che ha creato un’enorme statua della Loren, di cui si è conservata solo la parte inferiore perché la metà superiore è oggetto di culto da parte di un gruppo di albanesi devoti a Santa Sofia, Baliani spiega al pubblico la differenza tra lettura e oralità, tra scrittura e parlato. E così la storia, la memoria, si intreccia a episodi autobiografici, e il tutto si manifesta e si materializza attraverso la voce dell’attore nello studiato gioco dell’azione parlata. Accade così da sempre.  La leggenda africana del perché gli uomini si uccidono tra loro si incide nelle parole “incorporate”, “fisiche” di Baliani che a loro volta evocano l’immagine potente dell’aquila uccisa mentre stava salvando un bambino. Tutto questo era raccontato un tempo dai griot, preziosi custodi della cultura africana e oggi dal narratore che utilizza quelle stesse tecniche. Baliani, come spiega lui stesso, è stato allievo del griot per eccellenza, l’attore di Peter Brook Sotigui Kouyaté. L’ingresso nella storia si allontana man mano che la vita entra in un’aura mitica: il tempo nell’oralità non ha più un passato. Siamo nel qui e ora.

Abbiamo intervistato i direttori artistici a cui abbiamo chiesto le motivazioni del Festival e di parlarci della nuova produzione ancora in”progress” Lo Spazzasuoni.

Tuccio Guicciardini e Patrizia De Bari: Orizzonti Verticali nasce da una protezione della memoria, da una volontà di rimettere in circolo la memoria. “Caos ordinato”: noi lo definiamo così perché vogliamo mescolare generi e generazioni, linguaggi e formati, creare un “fuori formato”.  Il festival è uno specchio di varie attività. Di risvegli, di dialogo. Abbiamo chiamato compagnie con cui ci rispecchiamo, anche giovani artisti. Cercavamo lavori con una matrice forte, una drammaturgia chiara anche nella danza, con riferimento alla ricerca e all’estetica che è quello che inseguiamo anche noi come compagnia.

Abbiamo utilizzato un rifugio antiaereo per questo lavoro sulla perdita della memoria. Ne Lo spazzasuoni il suono rimane letteralmente attaccato alla parete. La luce, la tecnologia è parte anche della scenografia, ci stiamo immaginando sviluppi successivi con una possibilità di tridimensionalità del suono, con una sua spazializzazione. In questo clima un po’ underground raccontiamo una storia che abbiamo sintetizzato per renderla un’esperienza visiva e sonora completamente immersiva.

Siamo in un mondo in cui la musica, la voce recitata, per come le conosciamo adesso, non esistono più: si ascolta ora, in maniera inconscia, attraverso una tecnica ultrasonica, e il suono rimane intriso nelle stanze dove viene ascoltato; motivo per cui viene istituita una figura di “pulitore”, lo spazzasuoni. Un’attrice, Madame Gioconda, devastata dalla fine della sua carriera e dalle droghe, tenterà una sfiancante e effimera difesa dei suoni, della musica, del pensiero e della scrittura espressa vocalmente, dell’arte “sporcata” dall’esuberanza dei vizi acustici quotidiani e inaspettati ma quindi viva e irripetibile. La nostra Madame Gioconda si nasconde in un rifugio sotterraneo dove i suoni le sembrano protetti, e incessantemente tenterà di replicarli all’infinito; sono suoni pieni di sporcature che si depositano nelle intersezioni del muro, in ogni crepa, in ogni angolo. L’arrivo dello spazzasuoni metterà tutto il suo sforzo in pericolo, tutto rischia di essere ripulito, sterilizzato.

16 – 17 Settembre, Mantova | Ariella Vidach AiEP – Simposio Common Cloud + Performance conTEmporanea
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Il 16 e 17 settembre il progetto arriva a Mantova nella prestigiosa sede di Palazzo Te con due giornate di talk e lecture, in duplice modalità in presenza e online tramite dirette sui principali canali social, per condividere i percorsi svolti nella prima fase di COMMON CLOUD. Si focalizzerà la discussione sul ruolo delle tecnologie nelle pratiche culturali e artistiche e sul loro potenziale come strumento a disposizione delle istituzioni culturali nella relazione e attivazione dei territori. 

A partire dalle riflessioni nate nell’ambito della Scuola di Palazzo Te, quest’anno dedicata alla Conservazione Digitale col titolo Recording Giulio Romano: Shape & Surface, incentrata sulla formazione alle nuove tecnologie digitali come strumento di conservazione, studio e divulgazione del patrimonio culturale in un percorso di collaborazione tra Factum Foundation e ARCHiVe (Analysis and Recording of Cultural Heritage in Venice), si rifletterà sulla trasformazione del concetto di patrimonio e della sua conservazione e trasmissione attraverso gli strumenti innovativi a disposizione di musei, teatri, spazi culturali negli ultimi anni.

Sarà affrontato il tema della partecipazione culturale, delle comunità e delle community tra in e off line, riportando l’importante azione di mappatura del territorio realizzata da Fondazione Palazzo Te sui gap tecnologici culturali e generazionali nell’ambito del progetto.

Le due giornate sono inoltre occasione di riflessione sulle nuove estetiche nell’ambito della performance, sull’impatto delle tecnologie nella trasformazione degli immaginari e  dell’esperienza estetica attraverso lo spettacolo di Ariella Vidach-AiEP ConTEmporanea, una performance di danza phygital (fisica e digitale) che sviluppa una connessione in tempo reale, estendendo al mondo e alle visioni digitali la rete collaborativa già costituita tra i performer collocati nelle sale di Palazzo Te. Un grande tableau visualizzerà le coreografie dislocate e interconnesse per realizzare un’opera dinamica in divenire, unitaria ma multipla, proiettata in contemporanea alle azioni dei performer in una sala di Palazzo Te.

16 settembre | ore 14.00
LAVORI CONCLUSIVI Scuola di Palazzo Te Conservazione Digitale
a cura di Factum Foundation e ARCHiVe

16 settembre | ore 17.00
TAVOLA ROTONDA Patrimonio, Performance e Tecnologie
con Carlos Bayod Lucini – Project Director Factum Foundation, Andrea Pinotti – docente universitario e coordinatore progetto REC An-Icon, Emma Zanella – Direttrice Generale MAGA, Daniela Cotimbo – curatrice Re Humanism

17 settembre | ore 10.00
PRESENTAZIONE Mappatura Artigiana 2022
A cura di Simona Gavioli

17 settembre | ore 11.00
TAVOLA ROTONDA Tecnologie, comunità e istituzioni culturali
Con Stefano Baia Curioni – Direttore Fondazione Palazzo Te, Alessandro Bollo – project manager culturale, Simone Arcagni – professore universitario e giornalista specializzato in nuovi media, Alessandro Rubini – Responsabile Education and Cultural Innovation MEET – Digital Culture Center, Maria Grazia Mattei – Direttrice MEET –  Digital Culture Center

17 settembre | ore 17.00
PERFORMANCE ConTEmporanea
a cura di Ariella Vidach AiEP
con il sostegno di Fondazione Cariplo – Per la Cultura
Credits
Idea e regia Ariella Vidach e Claudio Prati
Coreografia Ariella Vidach
Interpreti Caterina Basso, Marina Bertoni, Dafne Borgotti, Sofia Casprini, Ilaria Quaglia
Programmazione vvvv e social media Francesco Luzzana
Assistente alla Programmazione  OBS e Operatore Regia Tecnica  Flavia Amato
Scenografia e fotografia 
Claudio Prati
Costumi Ariella Vidach – AiEP
Co-produzione MAM Musei di Mendrisio, Festa Danzante Ticino, Avventure in Elicottero Prodotti (CH), Ariella Vidach AiEP (IT),DiDstudio (IT)
Con il sostegno di MIC Ministero della Cultura / Comune di Milano


L’ingresso alla performance è gratuito con Supercard cultura o biglietto del museo, senza prenotazione fino ad esaurimento posti disponibili. Durante la performance è possibile visitare Palazzo Te. Gli incontri sono gratuiti

Per le Giornate Europee del Patrimonio (25 settembre) la visita guidata alla mostra Liberare Arte da Artisti al Camec della Spezia
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Tornano sabato 24 e domenica 25 settembre le GEP – Giornate Europee del Patrimonio (European Heritage Days), la più estesa e partecipata manifestazione culturale d’Europa.

Nelle due giornate visite guidate, iniziative speciali e aperture straordinarie saranno organizzate nei musei e nei luoghi della cultura italiani sul tema: “Patrimonio culturale sostenibile: un’eredità per il futuro” . Inoltre, sabato sono previste aperture straordinarie serali nei musei statali con ingresso al costo simbolico di 1,00 euro (escluse le gratuità previste per legge).

Al CAmec: Giacomo Verde: immaginare un futuro sostenibile con l’arte.

Visita guidata per le Giornate GEP Domenica 25, ore 11.30: visita guidata alla mostra Giacomo Verde. Liberare arte da artisti, a cura della prof. Annamaria Monteverdi, coordinatrice del progetto scientifico della mostra.

Il lavoro di Giacomo Verde (1956-2020) intorno alla tecnologia e ai nuovi media è contraddistinto da una incisiva dimensione etica: nella sua ricerca l’uso della tecnologia guarda allo sviluppo globale sostenibile e migliorativo della comunità.

 Tel0187 727530 Mailcamec@comune.sp.it Websitehttp://camec.museilaspezia.it/

Beyond Binaries. Mostra collettiva di Mara Oscar Cassiani, collettivo Call Monica, Ginevra Petrozzi e Giulia Tomasello
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AlbumArte

Via Flaminia 122, Roma

OPENING mercoledì 14 Settembre, ore 18:30

mostra visitabile fino al 28 settembre 2022

Dal 14 al 28 settembre Beyond Binaries sarà in mostra negli spazi di AlbumArte, in via Flaminia 122 a Roma presentando le nuove produzioni artistiche, nate dall’omonimo progetto Beyond Binaries. Residenze per un’arte partecipativa e transfemminista a cura di Erinni.

Mara Oscar Cassiani, Collettivo Call Monica, Ginevra Petrozzi e Giulia Tomasello hanno lavorato in questi mesi a opere inedite, rielaborando i risultati delle esperienze delle residenze partecipative svolte nel quartiere di Torpignattara dal 20 al 30 giugno 2022.

Il progetto Beyond Binaries. Residenze per un’arte partecipativa e transfemminista nasce dalla volontà di indagare questioni legate alle dinamiche identitarie e di genere, in relazione al territorio di Torpignattara, area metropolitana di Roma in cui, storicamente, si sono sedimentate traiettorie migratorie e comunità differenti.

Tuttз lз artistз coinvoltз indagano, con linguaggi e pratiche differenti, le varie tematiche emerse dallo scambio con le persone che abitano e attraversano il territorio. Mara Oscar Cassiani dà una veste rinnovata al suo progetto Nuovo Habitat, che aspira alla costruzione di nuove forme culturali in contrapposizione agli stereotipi di genere, avvalendosi della cultura del gaming. Per Beyond Binaries sarà in mostra una video installazione con degli elementi site specific relativi alla performance avvenuta il’1 Luglio presso la terrazza di Casilino Sky Park. Politics of walking è una mappa affettiva del quartiere realizzata da Call Monica — composto da Barbara Bordoni, Est Coulon, Gaia Ginevra Giorgi, Alessandra Grieco e Theresa Maria Schlichtherle — collettivo di performer che indaga lo sguardo patriarcale come costruzione culturale e vettore di potere. Ginevra Petrozzi presenta in occasione dell’opening della mostra la performance Prophētai in cui confronta la funzione degli algoritmi con quella predittiva di alcune tecniche divinatorie, dando la possibilità al pubblico di interagire e alterare l’algoritmo.

Giulia Tommasello, artista e designer, esplora il mondo della salute intima femminile con l’installazione site specific Chi è Louisa (?): attraverso “oggetti parlanti”, testimonianze dirette e progetti di biohacking, l’artista indaga come sovvertire i protocolli e i tabù inerenti al sistema medico e alla conoscenza relativa al corpo femminile, rivelandone la natura patriarcale.

Beyond Binaries è il primo passo che facciamo come Erinni – affermano le fondatrici dell’associazione culturale Daniela Cotimbo, Arianna Forte, Cinzia Forte – nell’ottica di intensificare il dialogo tra arte contemporanea e tematiche di genere in relazione ai territori, con uno sguardo partecipativo e attento allo sviluppo dei linguaggi mediali. L’attuale sviluppo tecnologico si fonda su asimmetrie di potere, bias di genere, di classe e di etnie ma rappresenta, per moltз artistз, anche un mezzo per riappropriarsi di identità, pratiche e processi, nell’ottica della ri-progettazione e del superamento dell’egemonia patriarcale.”

Il progetto, promosso dall’Associazione Culturale Erinni, è vincitore del bando VitaminaG nell’ambito del programma GenerAzioniGiovani.it, finanziato dalle Politiche Giovanili della Regione Lazio con il sostegno del Dipartimento per la Gioventù.

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Erinni è un collettivo curatoriale, fondato nel 2021, dalle curatrici Arianna Forte e Daniela Cotimbo e dalla studiosa ed esperta di tematiche di genere Cinzia Forte.

*Il testo segue le indicazioni di https://italianoinclusivo.it/ proposta di estensione della lingua italiana per superare le limitazioni di una lingua fortemente caratterizzata per genere, con tutto ciò che ne consegue: impossibilità di parlare di sé o di altre persone senza menzionare il genere, impossibilità di parlare di persone che non si identificano in uno dei due generi binari.

INFO MOSTRA

Beyond Binaries | Mara Oscar Cassiani, collettivo Call Monica, Ginevra Petrozzi, Giulia Tomasello

a cura di Erinni

Opening 14.09.2022 dalle ore 18:30

Mostra visitabile fino al 28.09.2022

Albumarte, Via Flaminia 122, Roma

Orari: dal martedì al sabato dalle 15:00 alle 19:00

Contatti:  info@albumarte.org

Tel 06 2440 2941

Nam June Paik & Giacomo Verde: un dialogo tra due grandi video e tecnoartisti al CAMeC della Spezia dal 9 settembre
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Grazie alla concessione dell’ Asia Society alla mostra su Giacomo Verde Liberare Arte da Artisti sarà presente l’opera (documentata in fotografia) di Nam June Paik, Li tai Po del 1987. Il rapporto tra Paik e Verde è stato variamente esplorato da diversi studiosi (da Amaducci a Sandra Lischi) in libri dedicati alla storia della videoarte mondiale.

Così la ricercatrice Andreina di Brino presenta per i visitatori della mostra, e sintetizza questo legame a distanza tra i due artisti:

Nam June Paik & Giacomo Verde. In continuità
1984. Nell’anno in cui Good Morning, Mr. Orwell, la prima installazione satellitare di Nam June
Paik, fa il giro del mondo, Giacomo Verde dedica al padre della videoarte il video clip WDR
Marì,
 girato nel corso di un viaggio in Germania. Il gioco di colori e distorsioni dell’immagine,
l’adesione a uno sguardo giocoso e demistificatore, esplicitato anche attraverso il ritmo di una
famosa canzone partenopea fuori-sistema (per questioni geografiche, tematiche e musicali), sono un
esplicito tributo all’arte, al pensiero pionieristico, dissacratorio e migrante – dentro e fuor di
metafora – di Nam June Paik. A ben guardare, però, l’intera opera tecno-artivistica di Giacomo
Verde può essere considerata un lungo e costante omaggio all’artista coreano.
Giacomo Verde ha ereditato da Paik lo spirito rivoluzionario, la creatività militante, capace, tra il
serio e il faceto, di far emergere sguardi alternativi e segni e significati plurali di media e
tecnologie. Primo, a partire dalla TV degli inizi degli anni Sessanta, ad aver messo a nudo ed
esposto la natura astratta dell’immagine elettronica, manipolandone anche il contenitore, ovvero il
monitor, l’apparecchio, la «scatola» TV, come Paik, anche Giacomo Verde ha ribaltato usi e
approcci dei/ai dispositivi elettronici, sia analogici che digitali. Ha cominciato scarabocchiando le
immagini dei telegiornali, fino al punto da renderle irriconoscibili. Ha smontato ogni meccanismo
narrativo e figurativo di taglio tradizionale; ha rovesciato l’idea dell’immaterialità televisiva, in
modo che si trasformasse nel suo opposto; vale a dire: diventasse materiale, tangibile. Per fare
questo, ne ha cambiato lo stato mettendoci letteralmente mano: convertendo il monitor, il
contenitore-schermo «da finestra sul mondo a spazio interiore, da elettrodomestico a Totem magico,
da familiare a straniero, da mito elettronico a scatola vuota, da verità a possibilità…
» (Giacomo
Verde, 1992).

Nam June Paik. Li Tai Po, 1987, 10 mobili TV antichi in legno, un mobile-radio antico, blocco
di stampa coreano antico, libro coreano antico, 11 TV a colori. Dimensioni: 243,8 x 157,5 x 61 cm.
Durata: Ciclo continuo. Asia Society, New York, Dono di Harold e Ruth Newman, 2008.2 Fotografia ©
Bruce M. White, 2014. Per gentile concessione di Asia Society.
Giacomo Verde, disegno di un videoscafandro e di un totem TV per AnT-V rus(h) (1992).

Dentro, fuori, intorno. Giacomo Verde come Paik, nel solco di Paik, ha gettato una
luce eloquente sul mondo delle immagini elettroniche, dei dispositivi che le veicolano e delle
modalità di sguardo sulla realtà; o quella che si presume tale.

Alla mostra Liberare Arte da artisti al CAMeC della Spezia la presentazione del volume su Giacomo Verde videoartista (ETS) a cura di Sandra Lischi e Andreina Di Brino
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In occasione dell’inaugurazione al CAMeC di La Spezia della seconda parte della mostra evento dedicata a Giacomo Verde, nuova ristampa del libro dedicato al grande teknoartista.

Venerdì 9 settembre il CAMeC di La Spezia inaugura un nuovo capitolo della mostra “Liberare Arte da Artisti. Giacomo Verde artivista”, dedicata a Giacomo Verde, che questa volta avrà come fulcro la Tecnoarte del primo net artist italiano.

È proprio all’interno di questa cornice che siamo felici di presentare la ristampa del nostro libro curato da Silvana Vassallo, Giacomo Verde. Videoartivista, contenente testi di Andreina Di Brino, Marco Maria Gazzano, Sandra Lischi, Francesca Maccarrone, Anna Maria Monteverdi e della stessa Silvana Vassallo, prematuramente scomparsa e alla cui figura di studiosa di New Media Art e curatrice del lavoro video di Giacomo Verde, di cui era amica, sarà dedicata questa nuova inaugurazione. Copie del volume saranno a disposizione del pubblico che verrà a visitare la mostra.

Tra i pionieri nel campo della sperimentazione con le arti elettroniche in Italia, Giacomo Verde ha operato per decenni in un territorio di confine, all’incrocio tra diversi linguaggi e generi.

Con coerenza, ironia e un’attitudine hacker, ha sempre perseguito una ricerca estetica e tecnologica mai disgiunta dall’impegno sociale e politico. Il suo fare artistico ha privilegiato la realizzazione di oper’azioni processuali con una forte componente performativa, che si è tradotta nella creazione di contesti partecipativi e relazionali, fra materiali poveri e raffinate ricerche in digitale, senza escludere opere compiute, dalla videoarte al documentario di creazione.

Il libro è la prima ricognizione dedicata specificamente a Giacomo Verde. I vari aspetti della sua produzione artistica sono analizzati in saggi critici che ne contestualizzano il contributo fondamentale nell’ambito della sperimentazione video internazionale, collocando la sua poetica anche nel solco delle avanguardie storiche.

Silvana Vassallo è stata una studiosa di arte contemporanea e dei rapporti fra arte e nuove tecnologie.

Su questi temi ha pubblicato saggi e articoli, curato mostre ed eventi per istituzioni sia pubbliche che private, tenuto corsi presso le Università di Pisa e Bologna e presso l’Accademia di Belle Arti di Macerata.

Dal 2014 ha ideato e diretto a Pisa la Galleria Passaggi Arte Contemporanea, oltre ad aver collaborato attivamente con l’associazione Multiversum Arte. Fra i suoi testi, ha curato anche, per ETS, (con Andreina Di Brino) il volume Arte fra azione e contemplazione. L’interattività nelle ricerche artistiche, 2004.

Silvana Vassallo e Keith Haring,

Re-Opening Liberare Arte da artisti, CAmeC della Spezia, 9 settembre ore 17
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Tecnoarte e Interazione sarà il fulcro della nuova sezione espositiva, dedicata al primo net artist italiano, curata specificamente da Andreina Di Brino (Università di Pisa) con la collaborazione di Anna Maria Monteverdi (Statale di Milano) e Sandra Lischi (Università di Pisa).

L’allestimento si concentrerà più che sul prodotto artistico sul processo creativo che sta alla base della realizzazione delle video-opere analogiche e interattive, ideate e realizzate da Verde a partire dagli anni ‘90, grazie all’esposizione inedita dei disegni preparatori, dei materiali di studio, dei progetti e delle grafiche che correderanno le opere in mostra.

Diverse le traiettorie artistiche di questo allestimento ad hoc che vedrà anche, nel corso della nuova vernice, la presentazione della ristampa del libro curato da Silvana Vassallo, Giacomo Verde. Videoartivista, edito da ETS nel 2018, contenente testi di Andreina Di Brino, Marco Maria Gazzano, Sandra Lischi, Francesca Maccarrone, Anna Maria Monteverdi e, ovviamente, Silvana Vassallo. Copie del volume saranno anche a disposizione del pubblico presente. Purtroppo l’autrice è scomparsa di recente e proprio alla sua figura di studiosa sarà dedicata questa nuova inaugurazione. Presenti il marito, il professor Fabio Panzieri e la figlia Giuditta.

La seconda importante novità della serata sarà il disvelarsi dell’unica installazione inter-net-attiva conservatasi della lunga carriera di Verde, prestito dal Museo MA*GA di Gallarate, dove è tuttora conservata, dal titolo Reperto AntropoLogico Uno Nove Nove Sette. Realizzata per la mostra Segnali d’Opera, Arte Digitale in Italia, vinse il XIX Premio Città di Gallarate nel 1997.

Giacomo Verde, 1998, Foto di Jacopo Benassi

Infine farà parte del nuovo allestimento anche la prima opera di net art italiana – ovviamente di Giacomo Verde – intitolata X-8X8-X. Realizzata nel lontano 1999, l’opera fu presentata a Techne – Tra arte e tecnologia. Viaggio nel mondo delle videoinstallazioni, mostra che si tenne presso lo Spazio Oberdan di Milano dal 19 novembre 1999 al 27 febbraio 2000. Accanto a Verde, allora, esposero alcuni tra i più celebri pionieri della video arte – quali Steina Vasulka con Machine Vision e Mario Canali che presentò E.mX.

Al CAMeC sarà in visione l’opera di net art restaurata e ai primi visitatori che ne faranno richiesta sarà regalato il libretto dell’epoca, che accompagnava l’opera interattiva. In visione altresì la video documentazione relativa, che vanta la regia di Giuseppe Baresi, filmaker, direttore della fotografia e produttore indipendente.

Visioni del futuro nel Teatro Verde della Fondazioni Cini
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Intelligenza Artificiale, creazione e modellazione 3D, sound design e moda uniti al patrimonio delle collezioni e degli archivi danno forma all’inedita opera La Maschera del Tempo.

Il Teatro Verde della Fondazione Giorgio Cini è protagonista nel segno dell’innovazione contemporanea. Riaperto alle visite guidate la scorsa primavera, a seguito di un primo intervento di restauro, l’anfiteatro dell’Isola di San Giorgio diventa ora ambientazione e primo attore dell’opera La Maschera del Tempo realizzata da Mattia Casalegno e Martux_m: un progetto inedito e dirompente che viene presentato in anteprima giovedì 29 settembre alle ore 18.00nella Sala degli Arazzi della Fondazione Giorgio Cini.

Nato dalla combinazione tra approfondite ricerche d’archivio all’Istituto per il Teatro e il Melodramma della Fondazione Giorgio Cini e l’applicazione innovativa dell’Intelligenza Artificiale, del sound design e delle nuove frontiere dell’animazione 3D, l’opera si sviluppa grazie alla potenza visiva dei nuovi software che si fondono in un unico linguaggio.

Ne La Maschera del Tempo il Teatro Verderivive con la sua architettura e la sua storia, popolato da avatar iperrealistici realizzati attraverso l’uso creativo dei più recenti software di animazione 3D ed elaborazione testuale combinati con il sound design di Maurizio Martuscello aka Martux_m, trasformati in interpreti delle grandi opere che ne hanno fatto la storia. Esseri Umani-Digitali fotorealistici sonoimmersi tra scenografie reali e ambientazioni oniriche in un mondo di fantascienza e postumano, tra finzione e rappresentazione, dove a respirare e fiorire sono la Natura e l’Arte.

Il racconto immaginifico prende vita in quattro atti, tra la Storia, gli Spettacoli, il Presente, il Futuro del Teatro Verde, ripercorrendo le vicende dei teatri di verzura, l’epoca d’oro dell’anfiteatro il dialogo con la Natura, dominata e dominante, forza creatrice che concorre alla nuova vita del Teatro.

“La Fondazione Giorgio Cini è un patrimonio per tutte le culture di tutte le discipline. Oggi, grazie alla nuove tecnologie e alle ricerche che svolgiamo innestando il culto della tradizione con avanzati strumenti digitali, possiamo divulgare e accendere in modalità inedita anche il complesso architettonico dell’Isola. Una frontiera che la Fondazione intende perseguire affiancata dai più autorevoli protagonisti del panorama internazionale” afferma il Segretario Generale della Fondazione Giorgio Cini, Renata Codello.

Un percorso produttivo complesso quello affrontato dai due artisti, avviato con lo studio delle collezioni e dei fondi negli archivi della Fondazione, unitamente alla ricerca su abiti di scena indossati dagli attori digitali-umani, restituiti grazie al patrimonio di immagini di repertorio provenienti dell’Istituto per il Teatro e Il Melodramma di Fondazione Giorgio Cini.

La creazione sartoriale degli abiti 3D indossati dai personaggi è frutto della ricerca e della collaborazione con TheBlackLab e Amin Farah, artista e digital fashion designer.

La realizzazione 3D del teatro è stata possibile grazie all’acquisizione fotogrammetrica operata con i droni da Factum Foundation, partner istituzionale di ARCHiVe, che ha fornito il completo rilievo del Teatro Verde nell’ambito del progetto di digitalizzazione 3D dell’Isola di San Giorgio.

Il progetto è a cura di Ennio Bianco, prodotto dalla Fondazione Giorgio Cini nell’ambito del centro di eccellenza ARCHiVe, progetto nato nel 2018 e diventato punto di riferimento internazionale per la valorizzazione digitale del patrimonio culturale. L’evento è inoltre parte del programma formativo di AOA | ARCHiVe Online Academy, con un incontro frontale, al termine della proiezione, tra gli studenti del corso e gli autori dedicato alle tecniche di realizzazione 3D, al rapporto tra arte e linguaggi informatici, alla digitalizzazione dei beni culturali.

Voluto da Vittorio Cini e inaugurato nel 1954, l’anfiteatro all’aperto opera dell’architetto Luigi Vietti (1903-1998) ha segnato la scena culturale di Venezia sin dalla sua apertura, ospitando eccezionali rappresentazioni d’arte performativa. Definito dall’attrice Katharine Hepburn “il teatro più bello del mondo”, il Teatro Verde è così chiamato per le siepi di ligustro collocate sugli schienali delle sedute in pietra. Situato nella porzione meridionale del bosco dell’Isola di San Giorgio Maggiore, è immerso e fuso con il paesaggio naturale, con la Laguna di Venezia come quinta teatrale. Nel corso del 2021 il Teatro è stato oggetto di un grande progetto di recupero che ne ha riportato alla luce l’architettura, valorizzandone tutte le qualità dei materiali costruttori, la struttura botanica circostante, le spazialità e gli straordinari scorci paesaggistici. La Fondazione Cini ha fatto così un primo passo verso un recupero di questa straordinaria architettura. L’intervento, a cura della Fondazione Cini, è stato reso possibile grazie alla partnership con Cartier, maison da sempre attenta alle eccellenze culturali.

Parte integrante del progetto della Fondazione Giorgio Cini per la valorizzazione del Teatro Verde e dell’Isola di San Giorgio Maggiore, Mattia Casalegno – uno dei più affermati artisti digitali italiani e di base a New York – è stato chiamato a realizzare un lavoro in grado di esaltare la bellezza di questo luogo e di renderlo eroe di una rinnovata creatività. Insieme a lui Maurizio Martusciello, percussionista, compositore e sound designer che con lo pseudonimo Martux_m ha partecipato ai migliori festival internazionali come soundartist e performer artist.

Mattia Casalegno, tra i più rinomati artisti multimediali italiani, lavora tra Napoli e New York. Dal 1999 ha esposto in più mostre personali o collettive e in istituzioni quali il MACRO, Museo di Bassano del Grappa, Netmage Festival, Santa Arcangelo dei Teatri e Romaeuropa Festival in Italia, Mutek Festival in Canada, Kuandu Museum of Fine Arts in Taiwan, ISEA – International Symposium of Electronic Arts in Gwangju, Chronus Art Center in Shanghai, Cimatics Festival, Nuit Blanche, Update Biennial in Belgio, Le Cube Contemporay Art Museum in Francia, OFFF in Spagna, ARTES in Portogallo e LACMA, Untitled Art Fair negli Stati Uniti. I suoi lavori sono stati inclusi in varie pubblicazioni internazionali, tra i quali “A Touch of Code” (Gestalten Books), “Deleuze and Audiovisual Art” Manchester Metropolitan University), “Immagine in Tempo Reale” (Mimesis/Eterotopie) e apparsi su riviste a pubblicazioni quali New York Times, Washington Post, Wall Street Magazine, Bloomberg, Artribune, Creative Applications, Digicult.

Maurizio Martusciello, noto anche con lo pseudonimo di Martux_m, è tra i piu apprezzati compositori e produttori di musica elettronica in Italia. Maurizio Martusciello ha suonato e collaborato con musicisti e gruppi quali Michiko Hrayama, Wolfgang Fuchs, Fernando Grillo, MEV (Musica Elettronica Viva), Dagmar Krause, Tim Hodgkinson, Chris Cutler, Yoshihide Otomo, Giorgio Battistelli, Danilo Rea, Markus Stockhausen. Ha suonato al Villette Numérique, nel 2004, in Parigi e alla Biennale Musica in Venezia. Ha partecipato al MUTEK Festival, al Sonar Festival, al Romaeuropa Festival e AltaRoma Festival. Dal 2003 al 2005 è curatore e direttore artistico di Sensoralia, rassegna di arte elettronica audiovisiva del Romaeuropa Festival, presso il Teatro Palladium di Roma.

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