Appena ripubblicato il volume di Simonetta Fadda “Definizione zero Origini della videoarte fra politica e comunicazione”, Meltemi ed.
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Nel pieno delle contestazioni degli anni Sessanta, arriva il video ed è subito fagocitato dagli artisti e dagli attivisti. È il medium giusto al momento giusto, per creare una televisione dal basso capace di coinvolgere lo spettatore in situazioni collettive che gli permettono di entrare consapevolmente e fisicamente nel processo di trasmissione delle immagini. Dalle installazioni TVCC di Dan Graham e Peter Campus alle sperimentazioni sul segnale elettromagnetico di Nam June Paik o Steina e Woody Vasulka, fino alle esperienze italiane più innovative (Luciano Giaccari, Alberto Grifi, collettivo Videobase, Laboratorio di Comunicazione Militante), il volume di Simonetta Fadda analizza il video come tecnologia e come forma culturale dell’epoca analogica, ripercorrendo la sua storia iniziale nel mondo dell’arte e dell’attivismo politico, fino al 1979. Pubblicato per la prima volta nel 1999, in questa nuova edizione, ampiamente aggiornata e integrata da materiali inediti e da scritti dei “pionieri” della video arte in Italia, Definizione zero estende l’orizzonte della ricerca alla svolta visuale determinata dal digitale, con una riflessione finale sulle ricadute estetiche e antropologiche della tecnologia numerica.

Simonetta Fadda, insegna all’Accademia di Belle Arti di Brera (Milano) e alla Civica Scuola di Cinema “Luchino Visconti” (Milano). Traduce testi di arte contemporanea. Ha curato l’edizione italiana di Expanded Cinema di Gene Youngblood (con Pier Luigi Capucci, Bologna 2013) e di Neoism, Plagiarism and Praxis di Stewart Home (Neoismo e altri scritti, Genova 1997). Le sue opere video sono esposte in collezioni pubbliche e private in Italia e in Europa.