Archivi categoria: LIBRI

Link edition announces three new books
121

Link Editions, the publishing initiative that Domenico Quaranta is worksing on for the Link Center for the Arts of the Information Age, just released 3 new books. As always, they are all available as paperbacks on Lulu.com – with a 20% discount if you buy them within 30 days – and as free download pdf. One Per Year by Curt Cloninger is also available as a cheap epub. I wrote a short intro for Addie Wagenknecht‘s beautiful artist book, and I have something for you also in the Eternal September exhibition catalogue. Check them out on Link Editions’ website!

3_cover-1024x501

AAVVEternal September. The Rise of Amateur Culture, September 2014. Color, English, 82 pages, ISBN 978-1-291-98060-8. Co-published with Aksioma, Ljubljana

Curt CloningerOne Per Year, September 2014. 212 pages, black and white, English, ISBN 978-1-291-92372-8

Addie Wagenknecht, Technological Selection of Fate, September 2014. English, color, 112 pages, ISBN 9781291936513

 

Nuovi media nuovo teatro: presentazione a Inequilibrio/Castiglioncello
106

CASTIGLIONCELLO – Un festival di teatro e danza denominato “Inequilibri”, segno di una apparente instabilità ma che in verità possiede un suo solido carattere e una struttura di “personalità” ben definita, cresciuta nel corso degli anni e sapientemente guidata da chi l’ha gestita e curata.  Armunia è la casa in cui il festival è stato allevato e ora da adulto, richiama a sé anche un desiderio di promuovere (oltre lo spettacolo vero e proprio) una sezione collaterale dedicata agli incontri con gli autori, dal nome “InequiLibri”, che non poteva trovare migliore definizione. Un scritta maiuscola fa la differenza  per far si che i Libri siano i protagonisti di una serie di incontri e convegni.  Si inzia giovedì 26 giugno alle 17. 00 all’ Auditorium Castello Pasquini con Antigone Elementare di Luca Mori.

Un Antigone che deve la sua novità al fatto di essere commentato da bambine e bambini di dieci anni. Il commento è stato elaborato nell’anno scolastico 2013-2014 presso le Scuole primarie di Vada, II Circolo didattico di Rosignano Marittimo grazie alle maestre Laura Cetti, Mirella Macelloni e Maria Laura Rossetti. L’esperienza ha preso avvio da un intervento in classe dell’attrice Renata Palminiello mediato dal laboratorio sull’Antigone Parole e Sassi. Le conversazioni e la realizzazione del libro sono state proposte e guidate dal filosofo Luca Mori.

Luca Mori

Luca Mori

Si prosegue venerdì 27 giugno (ore 17.00) Auditorium Castello Pasquini con “Ti picchio Lunedi. Accade davvero sulla costa etrusca”. Livorno in 15 racconti illustrati di Valerio Michelucci (Ed. Belforte Cultura 2014) prefazione diAlessandra Ghezzani. Con Valerio Michelucci e Luigia Scerra, letture di Giorgio Algranti.

“Ti picchio Lunedì” di Valerio Michelucci è un libro che racconta l’incontro con la livornesità più poetica e surreale che si possa trovare sul web, l’appuntamento del lunedì sul portale di vita stile e cultura della costa degli etruschi e dintorni: www.piratiesirene.it. Il volume contiene una selezione di illustratori livornesi. Fermare sulla carta le parole in fuga dal web mantenendo l’onirica leggerezza dell’artista che le ha immaginate. Un itinerario labronico attraverso personaggi, storie e luoghi. A seguire per il 130° anniversario della nascita di Amedeo Modigliani: presentazione del progetto fotografico di Luca dal Canto: “I luoghi di Modigliani tra Livorno e Parigi” con le grafiche di Enrica Mannari. E il progetto fotografico di Fabrizio Razzauti: “Modiglianìzzati” con esposizione e shooting fotografico.

Sabato 28 giugno (10-13 / 15-17) Auditorium Castello Pasquini.
Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti in collaborazione con l’Ordine della Toscana presenta: L’informazione nello spettacolo dal vivo: giornalismo e specializzazione. Il ruolo e la deontologia professionale dell’ufficio stampa per lo spettacolo e il ruolo e la deontologia della critica nello spettacolo. Il convegno tratterà tematiche inerenti il giornalismo di spettacolo con particolare attenzione al teatro e alla danza. Formazione della critica, di come funziona e opera la redazione spettacoli di un quotidiano, delle testate on-line di settore e di come sia cambiata la critica con il web, della deontologia professionale del critico e di quella dell’Ufficio Stampa per lo spettacolo.

interventi di: Enzo Iacopino (Presidente Nazionale Ordine dei Giornalisti), Michele Taddei (vicepresidente Ordine dei Giornalisti della Toscana), Anna Bandettini, Maria Luisa BuzziGraziano GrazianiMassimo MarinoGiuseppe Murru (commissione cultura cnog e ufficio stampa) Andrea Porcheddu. Il convegno è gratuito e fornirà ai giornalisti iscritti crediti formativi riconosciuti dall’Ordine Nazionale dei Giornalisti.

Sabato 5 luglio (ore 17.00 Auditorium Castello Pasquini)
Declino del teatro di regia di Franco Cordelli. Schedario teatrografico di Simone Nebbia, conversazione con Andrea Cortellessa. Editoria & Spettacolo. Il libro raccoglie ottantuno articoli di Franco Cordelli usciti sul “Corriere della Sera” tra il 1998 e il 2013, tutti dedicati a registi contemporanei italiani o stranieri, prendendosi la responsabilità di indicare gli spettacoli più significativi degli anni Zero. Grazie allo schedario teatrografico allestito da Simone Nebbia, il testo è uno strumento indispensabile per chiunque nel teatro lavori o studi il teatro studi. Dedicati come sono a figure di registi dal più o meno accentuato tratto demiurgico, questi articoli parrebbero contraddire il declino del titolo, ma – come l’autore scrive nella premessa – nel loro insieme rappresentano appunto il tramonto di una grande stagione d’arte, quella del Novecento teatrale d’Occidente. Presentazione con Franco Cordelli e Simone Nebbia

Franco Cordelli

Franco Cordelli

Domenica 6 luglio (ore 17.00) Auditorium Castello Pasquini
Nuovi Media, Nuovo Teatro. Teorie e pratiche tra teatro e digitalità di Anna Maria Monteverdi. Franco Angeli editore. Il libro, strumento di studio per i tanti appassionati di teatro e di nuove tecnologie, presenta le più fruttuose sperimentazioni italiane e internazionali nell’ambito teatrale (Dumb Type, Studio azzurro, Giardini Pensili, Fortebraccio teatro, Motus, Big Art Group, Robert Lepage) e le linee teoriche più avanzate relative ai media studies. Libro di testo adottato in numerose Accademie di Belle Arti e Università, Nuovi media nuovo teatro ha avuto tre  edizioni ed è stato presentato tra gli altri, al Circolo dei Lettori di Torino, al Pisa book Festival, a Book city di Milano, al Teatro Valle occupato, al Teatro Stabile di Sardegna, al Museo dell’attore di Genova, al Festival di Scenografia di Treviso, al Festival del cinema di Pesaro, a Latitudini di Catania, al Festival Scenari di Primavera della FTS. Presenta l’autrice Anna Maria Monteverdi introdotta da Roberto Rinaldi

Annamaria Monteverdi

Annamaria Monteverdi

 Le Istallazioni Prejudice-Tray, listen to the story sono di Valerio Michelucci

Il programma completo del festival è su www.armunia.eu

Michele Sambin performance tra musica, pittura e video. Libro a cura di Sandra Lischi e Lisa Parolo
103

La prima monografia su Michele Sambin, pioniere della performance nel suo dialogo con le arti, fino al video e al digitale

Esce a luglio in libreria la prima monografia sul videomaker, performer, musicista Michele Sambin. Musica, teatro, disegno, pittura, cinema, uso creativo della luce sono esplorati da questo artista soprattutto nel loro essere “dal vivo”, nell’unicità della dimensione del tempo reale, indagato in modi del tutto originali nella dialettica che esso instaura con i mezzi di riproducibilità tecnica, in un dialogo fra tempo che fugge e tempo che consuma, volatilità dell’evento e sua fissazione su un supporto, corpo che agisce e corpo rappresentato, strumenti classici ed elettronica.

Sambin fa tutto questo a partire dagli anni Settanta e continua a farlo – in varie forme – oggi. La sua attività è confluita, per buona parte del suo percorso, in quella del Tam Teatromusica, a Padova, di cui è stato uno dei fondatori: ma il volume intende far luce proprio sul suo originale apporto, sul suo percorso di artista, a partire dagli anni precedenti al Tam per arrivare alle odierne realizzazioni e agli attuali progetti.

I saggi

Il libro raccoglie testi di vari studiosi e studiose che indagano i territori dell’arte di Sambin: il video-teatro, il cinema sperimentale, il disegno e la pittura, la dimensione performativa nel rapporto col mezzo elettronico, la ricerca sulle relazioni suono-immagine, la vividezza dell’uso creativo del digitale e della luce. Ma tutto questo in un orizzonte di ampio respiro, che aiuti chi legge a capire una stagione culturale, un’epoca di scoperte e di veloci transizioni e metamorfosi tecnologiche, un quadro fluido, in cui dialogano l’utopia e l’infrazione, l’irriverenza e la serietà dell’impegno, il gioco e la sfida che da culturale si fa anche, in senso ampio e nobile, politica: con la proposta di sguardi e di ‘posture’ differenti, sia come autori sia come spettatori.

Al libro, nato come strumento di conoscenza – con contributi tutti inediti – del percorso di Sambin, si è dato una forma che possa contenere e legare i vari ambiti della sua arte inserendoli nei contesti di riferimento: da quello locale (denso di risonanze importanti e d’avanguardia) a quello nazionale e internazionale. Le parole dello stesso Sambin ci introducono a questo viaggio, attraverso una lunga conversazione iniziale con Lisa Parolo che illumina percorsi biografici e formazione culturale.

I testi successivi fanno luce sui contesti di riferimento, individuando assonanze e intuizioni, anticipazioni e ricchezze di esperienze artistiche: la figura di Sambin dialoga con quelle di artisti di altri Paesi, con l’attività di centri di produzione e diffusione italiani, con un tessuto di scoperte stimolanti, impegnative, che si sviluppa fra i luoghi della sua formazione, la rete di esperienze italiane, le intuizioni e le opere di artisti europei e statunitensi (nei testi di Silvia BordiniSandra LischiLisa Parolo). Si entra poi nell’intreccio fra le arti: la pregnanza dell’annotazione grafica e della produzione pittorica, in un approccio a un’idea estesa di pittura (in modi diversi, trattano questo tema i testi di Riccardo Caldura e di Andreina Di Brino).Roberto Calabretto affronta il tema centrale della musica: in Sambin e nel contesto delle ricerche novecentesche, anche nel modo di intendere lo strumento come protesi del corpo, sia esso sax, violoncello o dispositivo elettronico. Bruno Di Marino esplora le caratteristiche della produzione sperimentale in pellicola, fra sguardo ereticamente documentario e sinfonia visiva, mentre Francesca Gallo affronta l’opera di Sambin dal punto di vista delle pratiche performative, fra gesto e improvvisazione coniugata con una ben studiata preparazione, musica e pittura. Cristina Grazioli dedica la sua riflessione agli usi creativi e dinamici della luce in Sambin: un medium fondamentale, dalle tecniche più arcaiche e “naturali” a quelle elettroniche e digitali; e Anna Maria Monteverdi affronta le forme, le evoluzioni, i modi e i luoghi (dalla galleria alla scena al carcere) che assume in Sambin quel teatro multimediale di cui è esponente particolare e che svilupperà poi anche nella lunga esperienza del Tam.

Il volume si chiude con una riflessione oggi più che mai opportuna e urgente a cura di Lisa Parolo  sulle modalità di ricostruzione e conservazione di opere d’arte complesse come quelle di cui il libro tratta; il testo è seguito da un’accurata schedatura delle opere, raccontate anche nella loro storia ed evoluzione nel tempo che permette una fruizione (anche) in rete adeguata agli intrecci fra le arti e alla processualità della pratica artistica di Sambin, con indicazioni anche più generali.

per informazioni e prenotazioni
redazione@cleup.it
info@cleup.it

Presentazione di NUOVI MEDIA NUOVO TEATRO al Circolo dei lettori,Torino
95

Anna Monteverdi continua la tournée di presentazione del suo libro Nuovi media Nuovo teatro. Dopo il Festival della Scenografia di Treviso (18 maggio) è la volta del prestigioso Circolo dei lettori di Torino il 4 giugno alle 18.

Méta ambitissima da tutti gli scrittori nella città che ospita il Salone del libro, il Circolo dei lettori nasce a Torino nell’ottobre del 2006, ideato e diretto da Antonella Parigi e presieduto da Luca Beatrice. Il Circolo è il primo spazio pubblico italiano dedicato ai lettori e alla lettura sia individuale che in gruppo.

L’autrice che spiegherà il fenomeno delle nuove tecnologie applicate al teatro attraverso le più fruttuose sperimentazioni italiane e internazionali sarà presentata da Felice Cappa, regista e autore RAI, artefice (tra gli altri della versione TV del Vajont di Marco Paolini), curatore dell’Enciclopedia dello spettacolo del Novecento (Baldini & Castoldi) e di progetti con artisti come Albertazzi, Ronconi, Greenaway, Paolini e Corsetti. Come come regista teatrale ha lavorato con il Piccolo Teatro, la Comédie Française, il Teatro Franco Parenti e ha instaurato una proficua collaborazione con Dario Fo e Franca Rame.

Circolo dei lettori

L’attore e il suo doppio digitale: la scena dei nuovi media secondo Anna Maria Monteverdi
81

Come sta cambiando il teatro nell’era digitale? A questa domanda, in tempi di Digital Performance,  Virtual (Reality) Theatre, di Digital Puppet Theatre e di molte altre sigle che provano a fotografare le ibridazioni della scena dal vivo con i nuovi media, risponde il libro di Anna M. Monteverdi, Nuovi media, nuovo teatro, pubblicato da Franco Angeli. Articolo di Massimo Marino sul Corriere della sera blog

L’autrice è una studiosa dei territori di intersezioni tra i nuovi mezzi di comunicazione e l’antica arte del teatro: a questi temi ha dedicato vari articoli nella webzine “Ateatro.it” di cui ha curato per anni la sezione Teatro e nuovi media. Già nel 2004 aveva pubblicato da Garzanti un libro fatto di scritti antologici e di schede, Le arti multimediali digitali. Storia, tecniche, linguaggi, etiche ed estetiche delle arti del nuovo millennio.

civilwars.jpg

In questo nuovo saggio l’impianto di fondo rimane simile: dimostrare come il teatro, già dall’antichità, si sia misurato con le macchine, “sognando” poi, nell’Ottocento di Wagner e nel novecento delle avanguardie, neoavanguardie e postavanguardie, un’opera d’arte totale che, attraverso la confluenza sinestetica di varie discipline, parlasse all’integrità dello spettatore. Il mondo digitale sembra avverare questo desiderio, avviando ibridazioni tra la presenza fisica del performer e azioni e ambienti scenici segnati, modificati, aumentati dall’intervento di nuovi media che permettono di riscrivere la realtà secondo informazioni in linguaggio binario e quindi di modificarla.

Andersen_YJ_0138.jpg

La trattazione si sviluppa in due parti centrali che, come annuncia il sottotitolo Teorie e pratiche tra teatro e digitalità, aprono questioni teoriche, ripercorrono la prospettiva storica dai tentativi delle avanguardie all’affermazione della intermedialità e di nuovi ambienti creativi e interattivi, analizzano alcune esperienze di punta in Italia e all’estero (scorrono nomi che vanno da Robert Wilson e Robert Lepage a  Studio Azzurro fino a Roberto Latini, Giacomo Verde e molti altri sperimentatori italiani e stranieri). Nella terza parte alcuni protagonisti prendono la parola attraverso interviste. Entriamo allora nelle invenzioni e nelle questioni sollevate da Marcel.lì Antunez Roca, Roberto Paci Dalò, Jaromil, Critical Art Ensemble, Caden Manson e Big Art Group, Marianne Weems (The Builders Association), Konic Thtr, Klaus Obermaier, con una panoramica su creazioni che ripercorrono l’immaginario robotico, ambienti immersivi, applicazioni e invenzioni digitali per il teatro, intersezioni tra arte tecnologia attivismo politico e teoria critica, ibridazioni tra cinema televisione e teatro, sperimentazioni digitali interattive nel campo della danza.

antunez.jpg

Le questioni agitate dal libro sono molte: la scelta è di fare un catalogo ampio, rinunciando in partenza a definirle esaurientemente (anche perché molte di esse sono assolutamente aperte e controverse). Si parla di innovazioni tecniche e di riconquista dell’aura dell’arte attraverso atti che sono comunque di presenza e che vanno molto al di là della “riproducibilità tecnica”. Si insiste sull’immersione totale (e forse si trascura un po’ la critica del gesamtkunstwerk fatta da alcune avanguardie e da artisti come Brecht, che avrebbero preferito all’immersione nello spettacolo una presa di coscienza dei suoi procedimenti). Ci si addentra nell’interattività, nelle nuove frontiere del video-teatro e della performance digitale, delle realtà virtuali e del teatro dilatato (enhanced theatre), sottolineando la differenza che introduce la relazione tra virtualità, modifica digitale dei dati e irriducibile presenza corporea. Si discute di tecnologia, di “anima”, di nuove frontiere dell’attivismo politico.

giardini pensili.jpg

L’autrice cambia velocemente gli scenari, con molta fiducia nelle nuove tecnologie, nella loro capacità anche politica di creare partecipazione, network (social, naturalmente), consapevolezza, lanciando, dopo un’immersione nelle potenzialità di un atteggiamento hacker, critico e operativo, la domanda di quanto teatro si perda nella sua riproduzione, anche in quella live, e quanto in questo modo invece il teatro cambi prospettiva, rinnovandosi e portandosi all’altezza dei tempi che viviamo. Pur se con un taglio da compendio universitario (esce in una collana che ha quella destinazione) la tela tessuta è vivida e impressionante: apre al lettore molte prospettive per un proprio approfondimento. È una guida non solo a esperienze, ma soprattutto a questioni che mettono in campo la sopravvivenza stessa della vecchia arte del teatro in anni mutanti. 
Questo libro, in fondo, lancia la domanda essenziale, quella sulle possibilità e sui confini: quanto, come, dove questi si debbano oltrepassare, violare, per difendere e incrementare il tesoro irrinunciabile di vita, sapienza, immaginario che custodiscono.

Farfalle tpo.jpg

Immagini: 1 Ubu incatenato di Roberto Latini; 3 una scena di CIVIL warS di Robert Wilson; 4 una scena di Andersen Project di Robert Lepage; 5. Marcel.lì Roca Antunez; 6 un’installazione di Roberto Paci Dalò / Giardini pensili; 8 Farfalle del Teatro di piazza e d’occasione di Prato.

Aesthetics of Interaction in Digital Art by Katja Kwastek
76

Since the 1960s, artworks that involve the participation of the spectator have received extensive scholarly attention. Yet interactive artworks using digital media still present a challenge for academic art history. In this book, Katja Kwastek argues that the particular aesthetic experience enabled by these new media works can open up new perspectives for our understanding of art and media alike. Kwastek, herself an art historian, offers a set of theoretical and methodological tools that are suitable for understanding and analyzing not only new media art but also other contemporary art forms. Addressing both the theoretician and the practitioner, Kwastek provides an introduction to the history and the terminology of interactive art, a theory of the aesthetics of interaction, and exemplary case studies of interactive media art.

Kwastek lays the historical and theoretical groundwork with discussions of processual strategies of twentieth-century art and theories of aesthetic experience, process aesthetics, play, and performance. She then develops an aesthetics of interaction, discussing such aspects as real space and data space, temporal structures, instrumental and phenomenal perspectives, and the relationship between materiality and interpretability. Finally, she applies her theory to specific works of interactive media art, including narratives in virtual and real space, interactive installations, and performance—with case studies of works by Olia Lialina, Susanne Berkenheger, Stefan Schemat, Teri Rueb, Lynn Hershman, Agnes Hegedüs, Tmema, David Rokeby, Sonia Cillari, and Blast Theory.

Katja Kwastek is Professor of Modern and Contemporary Art at VU Amsterdam.

Performing Mixed Reality by Steve Benford and Gabriella Giannachi
75

Working at the cutting edge of live performance, an emerging generation of artists is employing digital technologies to create distinctive forms of interactive, distributed, and often deeply subjective theatrical performance. The work of these artists is not only fundamentally transforming the experience of theater, it is also reshaping the nature of human interaction with computers. In this book, Steve Benford and Gabriella Giannachi offer a new theoretical framework for understanding these experiences–which they term mixed reality performances–and document a series of landmark performances and installations that mix the real and the virtual, live performance and interactivity.

Benford and Giannachi draw on a number of works that have been developed at the University of Nottingham’s Mixed Reality Laboratory, describing collaborations with artists (most notably the group Blast Theory) that have gradually evolved a distinctive interdisciplinary approach to combining practice with research. They offer detailed and extended accounts of these works from different perspectives, including interviews with the artists and Mixed Reality Laboratory researchers. The authors develop an overarching theory to guide the study and design of mixed reality performances based on the approach of interleaved trajectories through hybrid structures of space, time, interfaces, and roles. Combinations of canonical, participant, and historic trajectories show how such performances establish complex configurations of real and virtual, local and global, factual and fictional, and personal and social.

About the Authors
Steve Benford is Professor of Collaborative Computing in the School of Computer Science at the University of Nottingham.
Gabriella Giannachi is Professor in Performance and New Media and Director of the Centre for Intermedia in the Department of English at Exeter University.

Digital performance: intervista a Emanuele Quinz
68

Théâtre des interfaces è il titolo di una delle sezioni di Digital performance, il libro curato da Emanuele Quinz e recentemente pubblicato in Francia per conto dell’associazione Anomos. Puntuale ricognizione tra quelle sperimentazioni artistiche della scena internazionale che tentano un’integrazione con i media, Digital performance si presenta come un’antologia molto “variegata” di artisti e autori (critici o teorici) provenienti da ambiti culturali e contesti produttivi piuttosto differenti. Tra gli artisti: Dumb Type, la Socìetas Raffaello Sanzio, Robert Lepage, Stelarc, Giacomo Verde, Roberto Paci Dalò. La prima parte riprende temi dal convegno Nouvelles Interfaces pour la danse (Parigi 2000) e ospita testi di Andrea Menicacci, Flavia Sparacino, Robert Wechsler/Palindrome Inter-Media Performance Group e un’intervista a Scott Delahunta. Si tratta di interventi che espongono le più diverse applicazioni alla danza del sistema motion capture. Il corpo come hyperinstrument, esempi delle sperimentazioni del Medialab del Mit, tra cui Dance space di Flavia Sparacino e Instrumented footwear for interactive dance (interfaccia per suono e movimento) di Joe Paradiso.

Nella seconda parte si parla di interfacce che permettono di estendere la definizione di “ambiente sensibile” alla scena anzi, a tutto il luogo teatrale, poiché le nuove tecnologie dell’interattività modificano sia le modalità di azione del performer che la qualità della visione dello spettatore, estesa ad una condizione di “immersione totale”, come chiarisce lo stesso curatore:

 “L’environnement n’est pas seulement l’espace qui entoure un sujet, mais tout le complexe de conditions physiques et relationnelles dans lequel le sujet se trouve, agit, se définit. Le spectateur, autant que l’acteur se trouvent à l’intérieur de la nouvelle scène: sujets donc d’un nouvel univer où ils ne se confrontent plus simplement avec des textes, avec des objets ou des systèmes informatiques, mais aussi avec d’autres sujets”.

 Argomento centrale nel volume, la “scène numérique” i cui esempi sono divisi in base al rapporto con un ambiente reale oppure virtuale (dalle videoambientazioni interattive di Studio Azzurro all’Intelligent stage di Robb Lovell al V. R. Theatre di Mark Reaney e alla sua la produzione A Midcyber Night’s dream).

Sono proprio le tecnologia dell’interattività, afferma Quinz, a permettere di recuperare l’a(u)r(c)a perduta: l’immediatezza, la trasparenza, la relazione tra scena e platea:

 “La perte de l’aura ne se caractérise pas seulement comme une tranformation de l’interprète qui devient un élément parmi les autres de la machine de représentation, mais surtout comme clivage de la co-présence entre acteur et spectateur, comme explosion du “hic et nunc”. Le rapport à la technologie (la caméra, l’ècran) remplace le rapport directe entre acteur et spectateur. A tel point que, comme le souligne Benjamin, la distinction entre eux n’est plus substantielle mais fonctionnelle. La médiation technique s’oppose et empeche l’immèdiateté du corps. Mais avec l’interactivité, cette perspective se renverse: l’oeuvre retrouve une forme d’immédiateté…Immédiateté de l’action, du feedback interactif, de la transparence de l’interface, de la relation corps/environnement, qui n’est pas seulement celle de la scène (de la performance, du théâtre et de la danse) mais aussi celle de la vie”.

 Un occhio di riguardo, inoltre, è rivolto a quelle esperienze teatrali (definite dallo stesso Quinz dei “classici”) di integrazione, scenografica e drammaturgica, con le nuove tecnologie: Robert Lepage, Dumb Type, Barberio Corsetti con Studio Azzurro. Un’incursione anche nel teatro che usa il live cinema (Blue Stories di Paci Dalò) e il web (Connessioni remote di Giacomo Verde ).

In questa seconda sezione, interventi di natura storico-critica: Andrea Balzola (Videodrammaturgie: dal videoteatro/videodanza alla drammaturgia ipermediale in Italia) ricorda le “origini” del videoteatro italiano e traccia una storia dell’evoluzione della scrittura scenica, soffermandosi su alcuni esempi di “drammaturgia ipertestuale”, tra cui Storie mandaliche in cui lo stesso Balzola è impegnato nella veste di drammaturgo. In Storie mandaliche (che raccoglie l’eredità del tele racconto) lo spettatore teatrale, collocato dentro il cerchio mandalico, entra dentro la narrazione, nel crocevia di tutte le storie, e nel labirinto della scrittura ipertestuale nella sua forma non lineare e non sequenziale, con le immagini e i suoni in continua trasformazione generati da un software, il Mandala system.

Altri interventi: Robb Lovell (A bluprint for using a reactive performance space), artista, tecnico e studioso di “interactive theatre” espone nel libro le tappe di costruzione di un interactive media environment. Un esempio di reactive performance space è stato da lui creato in Arizona e ha preso il nome di “Intelligence Stage”.

E inoltre Franck Bauchard (Théâtre des interfaces), Paolo Atzori (Hypertextual Dramaturgy), Carla Bottiglieri (Conversation avec Romeo Castellucci), Anna Maria Monteverdi (La tecnologia è la reinvenzione del fuoco. Conversazione con Robert Lepage), Keiko Courdy (Dumb Type, un corps interfacé entre signal et noise), Paolo Atzori (Hypertextual dramaturgy), Antonio Pizzo (Drammaturgia procedurale).

Sei domande a Emanuele Quinz

 1. Dall’Italia alla Francia, una cattedra all’Università di Parigi 8, la creazione dell’associazione Anomos, collaborazioni con artisti sperimentatori e con i massimi esponenti della critica e dell’estetica dei nuovi media, due libri sulle arti sceniche elettroniche e digitali di cui uno interamente dedicato alla danza. Puoi raccontarci il tuo percorso, la tua formazione?

 E’ il percorso di un nomade: una tensione inquieta mi porta a cambiare continuamente settore. In realtà, quello che mi interessa sono i contatti, gli incroci tra le arti. Cerco quindi ogni volta di partire da un punto di vista diverso: ho studiato composizione al conservatorio, poi mi sono laureato in lettere con una tesi sulla poesia visiva, mi sono occupato di arte contemporanea e di cinema, sto finendo un dottorato in musicologia ed estetica, insegno al dipartimento di danza.Affascinato dallo spirito “rivoluzionario” delle avanguardie, ho avuto modo di incontrare e di seguire da vicino diverse personalità che mi hanno davvero marcato, come John Cage, Grotowski, Greenaway, Lynch, Stelarc. Anche Anomos nasce da una serie di incontri importanti.

L’avventura di Anomos inizia nel 1995 a Bolzano, quando con Raimondo Falqui decidiamo di creare un quadro istituzionale per le nostre attività di ricerca e di sperimentazione artistica. Nel 1998, insieme al compositore Jacopo Baboni Schilingi e ad Anne-Gaille Balpe, abbiamo fondato la sede parigina, che si occupa più specificamente di arti tecnologiche, con l’obiettivo di riunire un gruppo di artisti e di ricercatori interessati all’impatto delle tecnologie nelle arti. Architetti, musicisti, videoartisti, programmatori hanno cominciato a reagire: prima di tutto, Anomos è un’energia. Immediatamente, abbiamo ricevuto il sostegno di diverse personalità, da Maurice Benayoun e Pierre Lévy (che tra l’altro è stato presidente di Anomos fino al 2000) e di qualche istituzione. Da allora, il gruppo continua a crescere, le attività si moltiplicano, l’energia si propaga.

 2. Quale è  la maggiore attività dell’Associazione e quale la sua struttura?

 La struttura è una conquista recente. Fino all’anno scorso Anomos funzionava come un collettivo, basato a Parigi, con una rete espansa e internazionale di collaboratori. Ora disponiamo di un ufficio e di due persone che si occupano a tempo pieno della coordinazione e dell’amministrazione. Sempre quest’anno, con Armando Menicacci e e Andrea Davidson abbiamo fondato MediaDanse Lab, un laboratorio che si occupa della ricerca sulle relazioni tra la danza e il digitale, e che nasce dalla collaborazione con il Dipartimento di Danza dell’Università Paris 8. In questo momento, la danza è al centro di molte delle nostre attività, è un settore in enorme fermento. L’équipe di Mediadanse sta lavorando a diversi progetti di ricerca e di consulenza per centri coreografici, compagnie, festival. Inoltre, MediaDanse dirige all’Università Paris 8 otto corsi, sia pratici che teorici: dall’Estetica del digitale alla Videodanza interattiva, dai Software per la danza ai sistemi di Motion Capture. Parallelamente, Anomos sta sviluppando anche altri settori, in particolare musica, architettura e moda.

In questo momento stiamo concludendo la quinta serie di “Face au Présent”, incontri interdisciplinari informali che hanno luogo al Webbar (sempre a Parigi) e prepariamo i prossimi volumi di “Anomalie”, la nostra collezione di pubblicazioni tematiche sulle arti digitali.

In settembre, durante il festival Villette Numérique (enorme festival di arti elettroniche che coinvolgerà tutto il parco della Villette), Anomos animerà un Media Lounge, uno spazio di discussione e di sperimentazione, in cui il pubblico potrà incontrare gli artisti presenti alla manifestazione e partecipare a una serie di happening.

Per noi, è molto importante legare la riflessione teorica alla sperimentazione pratica. Alla ricerca e alla creazione poi è necessario aggiungere una dimensione d’informazione e di formazione: abbiamo bisogno di conoscere quello che succede, quello che è successo, per poter aprire nuove prospettive.

Credo che il mondo di quelle che vengono chiamate le arti digitali, sia troppo spesso impigliato in una superficialità e in un’ignoranza pericolosa.

 3. La scena digitale. Nuovi media per la danza (Marsilio, 2001) è un coraggioso tentativo di fare ordine nel vasto panorama di produzioni coreografiche tecnologiche che concilia l’aspetto tecnico descrittivo a quello storiografico e teorico. Troviamo interventi di studiosi come Scott Delahunta e di danzatori come Roberto Castello, “tecnoartisti” come Massino “Contrasto” Cittadini con il suo lavoro sul Mandala System. Come ti sei orientato tra produzioni e autori, quale è stato il filo rosso che li ha uniti?

 La Scena digitale è un libro engagé, un cantiere. All’origine, il volume doveva limitarsi alla pubblicazione dei cinque interventi di un convegno, realizzato a Bolzano nel 1999. In seguito, molti altri autori ci hanno inviato dei contributi; il fatto è che non esistono pubblicazioni in questo settore, e i diversi ricercatori e coreografi sentono la necessità di fare il punto, di conoscere le altre realtà, di tentare delle sintesi, delle analisi. La selezione si è fatta piuttosto naturalmente, i progetti di danza e tecnologie non sono ancora così numerosi. Il problema è che troppo spesso, la funzione delle tecnologie è semplicemente decorativa. I progetti che ci intessano sono invece quelli in cui gli apporti del digitale creano una nuova scrittura coreografica o drammaturgia, dei nuovi dispositivi scenici, delle nuove relazioni con lo spettatore.

Inoltre, nel volume abbiamo voluto dare spazio ad un’indagine a più voci sulla “scena” italiana. In Italia, c’è un nucleo di artisti e ricercatori, purtroppo spesso ignorato dalle istituzioni e dal pubblico, che sta aprendo delle prospettive davvero promettenti.

In questo momento, con Armando Menicacci, stiamo lavorando alla versione francese del volume, e ci rendiamo conto, due anni dopo, che molte cose sono cambiate. Ma allo stesso tempo, ci appare sempre più chiaro che l’impresa era davvero necessaria.

 4. Digital Performance, concepito in tre lingue: italiano, francese e inglese, tratta in maniera sistematica di autori e registi che hanno utilizzato i media in un’ottica di sempre maggiore integrazione con la scena, attraverso le loro stesse testimonianze o descrizioni analitiche dei loro lavori, offrendo un panorama sia “storico” che attuale delle più significative sperimentazioni di interactive theatre e di media enviroment (da Mark Reaney a Robb Lovell) con uno sguardo anche alle tecnologie web. Puoi raccontarci quale era l’intenzione del libro?

 L’obiettivo di Digital Performance è di cercare di leggere il presente, secondo due prospettive: da una parte guardando al passato, documentando i percorsi storici importanti che precedono direttamente le esperienze attuali (come le scenografie di Polieri, la stagione del video-teatro italiano, etc.); dall’altra cercando di individuare le direzioni future.

Stelarc, Dumb Type, Robert Lepage, Romeo Castellucci, Barberio Corsetti e Studio Azzurro sono, nel loro campo dei pionieri, sono già divenuti dei “classici”. Le loro ricerche sono preziose perché indicano delle strade da seguire, propongono nuove (e riuscite) definizioni dell’opera spettacolare, coreografica o teatrale.

Ma esiste una generazione più giovane di artisti, programmatori e ricercatori, che apre ulteriori vie alla sperimentazione scenica: attraverso le possibilità offerte dalla rete e dalla connessione remota (Verde, Atzori), attraverso l’utilizzo delle Realtà Virtuali (Reaney), del video interattivo (Paci Dalò), attraverso le interfacce integrate e i wearable computers (Palindrome, Saracino, Paradiso), o ancora attraverso l’Intelligenza artificiale (Pizzo).

 5. Quanto, secondo te, gli artisti stanno effettivamente contribuendo – e ne hanno consapevolezza – a modificare la percezione-visione del mondo attraverso la lente della tecnologia e a divulgare ed estendere questioni nodali come il concetto di virtuale e di interattività oltre la sfera puramente estetica?

 Ci troviamo davanti ad un nuovo orizzonte, ad un territorio inesplorato. L’introduzione di una nuova tecnica o tecnologia provoca sempre una violenta scossa sismica nel sistema delle arti, seguita spesso da altre scosse di assestamento: la creazione artistica cerca di definire nuovi linguaggi. Il digitale, in particolare permette delle forme di convergenza e di dialogo tra i diversi codici artistici, prima considerate come pura utopia. Questa è la dimensione più sotterranea dello scambio interattivo: il dialogo tra i codici (grazie all’isomorfia del “meta-codice” digitale). Allo stesso modo, la dimensione più apparente, quella del dialogo tra sistemi informatici e soggetti umani richiede una riconfigurazione globale delle strutture dell’opera e delle posture dei diversi soggetti implicati.

In ogni caso, non serve a niente ostinarsi ad annunciare il cambiamento (o ancora peggio, denunciare l’ennesimo declino dell’umanesimo, l’ennesima catastrofe), senza approfondire, senza cercare di decifrarlo. Dobbiamo cercare di disegnare la mappa dei nuovi territori. Credo che in questo momento (ma forse è sempre stato così), gli artisti con i loro esperimenti (spesso precari e provvisori) vedano più chiaro che i critici. Sono soprattutto più liberi da pregiudizi. Nella maggior parte dei casi, la critica non è ancora riuscita a sottrarsi a dei modelli analitici inadatti e superati, e rischia di inalare nel pubblico dubbi e inutili rimpianti, paralizzando il grande fermento che anima il mondo della creazione. Altro punto, credo che i critici sottovalutino il pubblico. L’arte interattiva ha delle enormi potenzialità di coinvolgimento, anche estetico e questo il pubblico lo capisce, i critici troppo spesso fanno finta di non accorgersene. Da parte loro, gli artisti devono superare il livello superficiale di un’interattività meccanica e della poetica del gadget, passare da un’estetica reazionale ad un’estetica relazionale.

 6. A Firenze poco tempo fa mi parlavi della differenza di impostazione che nel libro si nota dalla “scuola” critica o storico-critica italiana rispetto a quella francese e americana. Quale ti sembra più efficace?

 Si tratta di metodologie e quindi di stili diversi. In Digital Performance, i vari saggi critici sono davvero rivelatori di questa diversità: da un lato, gli autori italiani mantengono il loro rigoroso impianto storicistico e direi, filologico; dall’altra i francesi, più leggeri, sfiorano i concetti e avanzano a colpi bruschi d’intuizione; gli americani infine seguono il modello del “paper” scientifico: abstract – che mi sono permesso di eliminare – ipotesi di base, dimostrazione, conclusioni. Forse per riassumere, possiamo dire che gli italiani hanno un approccio storico, i francesi letterario (quasi poetico) e gli americani scientifico. Ma questa è un’analisi superficiale. Quello che è interessante, è verificare quali punti questi approcci privilegiano e forse tentare una mediazione. Da un lato ci rendiamo conto che è necessaria un’indagine storica, capace di esibire le radici nascoste delle pratiche e delle poetiche attuali. E’ necessario tracciare una linea che dalle avanguardie storiche porta al contemporaneo (e magari oltre): ciò ci permette di identificare le pulsioni che sono alla base delle configurazioni attuali del sistema delle arti. Ci permette di capire non solo cosa cambia con le tecnologie, ma soprattutto cosa resta, malgrado le tecnologie.

Allo stesso tempo, non bisogna trascurare l’aggiornamento continuo sulle evoluzioni tecnologiche.

E al di là di questo, bisogna evitare che la complessità del contesto e delle ramificazioni convergenti ci impediscano di cogliere l’intuizione poetica degli artisti. In ogni caso, oggi è ancora forse troppo presto per poter giudicare realmente quello che sta succedendo. Per quello che mi riguarda, sono alla ricerca di un equilibrio tra queste diverse esigenze, ma mi rendo conto che sono troppo implicato, sono troppo “dentro”. E’ il classico dilemma, chi scrive non vive, chi vive non scrive. In questo momento, preferisco vivere

Covers
2

maschera                                          lepage6

bfs                                                        AnnaMariaMonteverdi (3)

le arti                                                              storie

 

 

rimediando                                                    meg