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Diffraction#1: in paradise artists can fly:progetto di teatro musicale di Gabriele Marangoni e Jeton Neziraj
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In fisica la diffrazione è un fenomeno associato alla deviazione della traiettoria di propagazione delle onde quando incontrano un ostacolo sul loro cammino. È tipica di ogni genere di onda, come il suono, le onde radio, la luce.

Cosa unisce la diffrazione e il contesto del Kosovo, il teatro, la musica? Il compositore e musicista Gabriele Marangoni legato alla musica contemporanea, da Varèse a Cage, da Boulez a Nono e a Berio, dopo dieci anni di esperienza sul territorio kosovaro, partecipando come autore delle musiche del drammaturgo di Prishtina Jeton Neziraj, ha deciso di dare vita a un nuovo brillante lavoro sperimentale di music theatre che gioca sull’elaborazione dissonante del rapporto voce-suono-rumore- gesto-testo.

Diffraction#1. In paradise artists can fly, una performance musicale suddivisa in 4 quadri per un ensemble di archi (Susanna Tognella), fisarmonica (Ylenia Volpi), percussioni (Komugi Matsukawa) e soprano (Federica Napoletani) con direttore di orchestra (Dario Garegnani), chiede al pubblico di riappropriarsi della difficile arte dell’ascolto e di vivere questo concerto teatrale in primis come esperienza emozionale e sensibile prima ancora che intellettuale e letteraria. Si tratta del primo capitolo di una serie di indagini e distillazioni creative che partono dal concetto di deviazione e mutamento per studiare le particolari condizioni sociali e situazioni storiche che hanno portato negli esseri umani coinvolti, qualche cambiamento e deviazione. 


La musica in questo ambizioso progetto di drammaturgia sonora ha un potenziale espressivo che pur impiantandosi in un testo letterario, ne travalica il senso e oltrepassa disarticolandola, persino la parola con cui tale testo si esprime. Il paesaggio sonoro è un brulicare di percussioni e rumori quasi perforanti, laceranti e un fiume ininterrotto di frasi e fonemi cantati sui toni alti come un convulso gracidìo che spezza l’unità semantica del testo, salvaguardandone però la sostanza che sta oltre la superficie piatta delle parole, per arrivare esattamente a quello che Varèse chiamava “massa sonora” e “suono organizzato”.

 https://www.facebook.com/video.php?v=10205592629200978&l=5437929472162622747

Per quanto la “parabola politica” del testo teatrale scritto per l’occasione da Neziraj -che racconta della rana Fito che fugge dal tranquillo stagno blu alla ricerca dell’amata Emma ma trova solo corruzione, violenza e persecuzione morendo e risorgendo continuamente fino a tornare, sconfitto con lingua tagliata e impossibilitato ad agire e amare- abbia già una forma drammaturgica spezzata, ovvero interrotta da inserti di cori e considerazioni del narratore o appelli al pubblico (gli “aparte” secondo l’ottima distinzione di Concetta D’Angeli), la musica non fa che “deterritorializzarla” continuamente (citando il Deleuze-Guattari di Mille piani) . Il demone che la rana Fito sente dentro di sé, ovvero il desiderio di uscire dai limiti delle proprie enclavi interiori o concrete, esplorando tutte le facce della propria libertà, lo condurrà verso il buio, il silenzio, il grido inarticolato, l’ammutolimento. Nel suo viaggio, che lo farà però approdare nella città corrotta che per molti aspetti ricorda quella di Mahagonny simbolo della degenerazione della società, della falsità del sistema capitalista nell’idea di Brecht-Weil si nasconde il valore irrinunciabile della ricerca di un “senso” alle faccende umane. I disturbi, il noise elettronico, gli inediti acuti, i sibili, i sussurrati prolungati si configurano come tentativo estremo di sonorizzare la lingua, di far risuonare la voce umana tra pause infinite ed echi remoti, liberandone il senso e la sua materialità dolorosa.

Questa operazione permette all’ascoltatore attento di entrare per un momento in quel contesto fatto appunto di “diffrazioni” che nelle intenzioni del compositore Gabriele Marangoni è il Kosovo, il più giovane Stato d’Europa ricco di contraddizioni e di problematiche sociali e politiche e nella sua condizione attuale di “instabilità controllata”. Può la guerra essere una diffrazione? Può esserlo la vita quotidiana a Pristina dove a pochi metri dalla via principale risorta grazie a aiuti europei rimangono tracce indelebili di distruzione e povertà? Può la musica rappresentare questa inquietudine e al tempo stesso questo ostacolo dove ogni spiraglio-ambizione- utopia si blocca per subire una tragica deviazione? Questo muro è a Gaza o a Mitrovica. Questo muro è indifferentemente la corruzione delle istituzioni e il rumore assordante del capitalismo americano.

Diffraction#1 ha avuto due residenze d’artista alla Spezia e ad Armunia e un debutto a Prishtina e in Kosovo. Il debutto nazionale sarà il 19 novembre a Pisa, Teatro Sant’Andrea, ore 21,15-

17/11/2014 annamaria monteverdi

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