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Sanguinando Ketchup. La parodia della Abramovic firmata Andrea Cosentino
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Lo spettacolo Non qui non ora (Not here Not now) di Andrea Cosentino unico interprete, ha debuttato al Fringe Festival a Napoli e continua a girare con successo in tournée. La Abramovic del Metodo Abramovic, di The artist is present,di Balkan baroque la “grandmother of performance art” come lei stessa si definisce, viene presa in giro dall’attore romano monologhista; in particolare Cosentino si concentra sia sulle storiche performance meditative sia su quelle estreme e anche violente in cui sfida i limiti fisici e psichici del proprio corpo.

Cosentino critica della Abramovic la riduzione operata negli ultimi anni, di quell’arte performativa “qui e ora” a “esperienza a pagamento” (secondo le stesse parole dell’autore). La Abramovic che si è consegnata alla storia con Biography remix, con “Life and death of Marina Abramovic di Wilson e con la famosa installazione antologica all’Hangar Bicocca del 2006, che ha mescolato arte e vita nella sua parabola di Body art, diventa un’icona ridicola nel travestimento di Cosentino. Che non risparmia sarcasmo neppure sul nasone posticcio e sui lunghi capelli neri che si applica e indossa per meglio somigliarle. La riflessione in chiave parodica, riguarda ancora, come molti spettacoli di Cosentino (primo fra tutti Angelica) il confine tra realtà e finzione. L’interrogativo sembra essere: è più falso il teatro o la performance art?

Di che si tratta esattamente e quando ti è venuto in mente di parlare di body art, arte concettuale prendendone in giro l’incontrastato guru?

 Lo spunto per questo mio lavoro nasce da una visita al Padiglione di Arte Contemporanea di Milano, dove l’anno passato ho avuto occasione di assistere-partecipare al Metodo Abramovic, un’esperienza in cui si era invitati a stare un paio d’ore in diverse posizioni e su diversi supporti, con gli occhi chiusi e le orecchie tappate da una cuffia insonorizzante. In sintesi, credo si possa definire come una forma di meditazione trascendentale, niente di più e niente di meno. Se proprio devo essere critico verso questa operazione, è sul marchio: ribattezzare con il proprio nome delle pratiche che hanno storie e tradizioni millenarie non mi pare un gesto di grande umiltà e rispetto. È anche un po’ comico, a pensarci: mi esorti a fare il vuoto e liberarmi dal mio stesso io, nel mentre metti il tuo brand all’intera esperienza.  Ma, che ci piaccia o meno, è il marketing. Dal video nel quale ci spiegava l’operazione cui ci saremmo di lì a qualche minuto sottoposti, Marina Abramovic  diceva a un certo punto: “fidatevi di me, voi mi date due ore del vostro tempo, e io vi darò l’esperienza.” Naturalmente non citava i quindici euro del biglietto d’ingresso. Ci sarà da fidarsi? Ci scherzo su, ma vorrei fosse chiaro che la Abramovic per me è un pretesto per occuparmi di un contesto più generale. Che di lei si tratti, e non di altri, è dovuto al semplice fatto che è una specie di star, e dunque fatalmente più esposta a osanna e critiche. Uno degli aspetti che mi diverto ad indagare è appunto il rapporto a dir poco problematico che l’arte contemporanea intrattiene con il mercato. Per essere esplicita Marina avrebbe dovuto dirci: “Datemi due ore del vostro tempo, quindici euro, e io vi darò l’esperienza.” Suona male, no? Si scivola in un attimo dai territori del sacro e del trascendente a quelli del commercio e dell’intrattenimento.

Altro aspetto che mi interessa e mi diverte, e non a caso dà il titolo a questo lavoro, è la questione della performance, dell’esaltazione dell’evento, del qui e ora. E’ faccenda che riguarda il teatro non meno dell’arte contemporanea, salvo che ci si arriva da punti diversi. Loro hanno avuto la body art, da Yves Klein all’Azionismo Viennese a Gina Pane fino appunto a Marina e Ulay; noi Artaud, il suo teatro della crudeltà, la sua ricerca disperata e forse paradossale di un evento che non fosse il doppio di alcunché.

Il mio pregiudizio da teatrante è che il sangue sia una scorciatoia per l’obiettivo dell’autenticità. La martiriologia della body art mi appare, per certi aspetti, come una risposta troppo netta e in definitiva concettuale al problema del qui e ora. Nella mia pratica la presenza è conquista e articolazione di linguaggi. Per un clown ciò che esiste ed è reale non è il gesto né il corpo, ma la relazione che riesce a instaurare con gli spettatori. Io in scena travestito da Marina, sono forse meno presente perché indosso una parrucca e un nasone di plastica? È una delle mie ossessioni: la verità della finzione da contrapporre al reality, alla finzione della verità.

Naturalmente queste, ne sono consapevole, sono a loro volta semplificazioni. Ma sia chiaro, per chi potrebbe accusarmi di maltrattare la Abramovic con superficialità, ed è accaduto, che le mie semplificazioni sono il controcanto di una sua celeberrima affermazione, non certo generosa nei confronti del teatro: “Performance art is something very serious, is not theatre, is not entertainment; theatre is very simple: in theatre a knife is fake and the blood is ketchup. In performance art a knife is a knife and blood is blood.” Vorrei far notare che se rovesci i termini di questo ragionamento, la frase funziona altrettanto bene, se non meglio. Provare per credere. Ma non è neanche questo il punto. A ben vedere si tratta di quegli aforismi che suggestionano molto ma dicono tutto e niente, di quelle frasi sintetiche da social network, il cui successo è pari alla loro facile condivisibilità.

 Credi che questa arte, anche se ormai storicizzata, abbia ancora proseliti, o viva in un mondo parallelo come il teatro borghese che, come mi dissi tempo fa, ha i suoi rituali e non morirà mai….

 Ti risponderò con due frasette estrapolate dal testo di un mio recente spettacolo, dal titolo Pane ai circensi, una sorta di performance situazionista sui labili confini tra teatro e accattonaggio: “l’arte deve farti pensare? deve pensare al tuo posto? deve provocarti? vuoi essere provocato? se vieni qui con l’intenzione di essere provocato, come posso davvero provocarti?”

Il rischio dell’arte contemporanea, ma anche di un certo ambiente teatrale cui nonostante tutto appartengo io stesso, è che spesso si svolge e si consuma all’interno di un circuito magari molto evoluto e stimolante da un punto di vista emotivo e intellettuale, ma pur sempre un club privè tra adulti preventivamente concordi e consenzienti, e dunque senza una dimensione pubblica (per quanto a volte con una prorompente spinta pubblicitaria), e nessuna capacità di dialogare né tanto meno incidere nel sociale.

Meta Flux Noise Experience, un’imperdibile jam session noise in cui tutto può accadere
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VIAREGGIO – Da un’ idea di Gabriele Marangoni, Lino Strangis e Alessandro Giannetti, una imperdibile jam session noise in cui tutto può accadere, giovedì 4 settembre dalle ore 19, a Viareggio presso l’Officina Dada Boom (Via Minghetti 12).

Tutt* musicist* possono partecipare e suonare qualsiasi cosa emetta un suono, non c’è alcun limite alla fantasia. Alla performance viareggina si uniranno via skype l’artista e musicista Lino Strangis in collegamento da Roma e la cantante/videomaker Claudia Garrocini da San Paolo, Brasile. Il progetto intende proseguire la “tradizione” avanguardista della free improvisation intesa come performance sonora in cui la musica e la sua concezione divengono azione libera e totalmente spontanea (come molto plausibilmente si pensa che originariamente essa fosse e quindi ricercandone l’essenza).

In questo “surfare” i suoni e gli eventi in cui ogni fonte sonora modulabile (o non modulabile) può rientrare nel processo a “guidare”, a fare da bussola, è solo la “sensibilità fono-relazionale” tra i musicisti ed ogni possibile evento sonoro (ma anche non sonoro) si presenti nel contesto/ambiente del fenomeno performativo. Ma se la free improvisation classica, nata in prevalenza dal free jazz e dalla musica contemporanea del Novecento (da quando si è provato a pensare di andare oltre anche al concetto di alea) si è basata principalmente sulla produzione di suoni che portassero al limite le possibilità degli strumenti musicali (come di varie altre fonti di suono) proponendo quindi una gamma di possibilità in gran parte rivolta alla produzione di suoni-rumori che cercavano anche il “limite dell’ ascoltabilità”, questo progetto intende re-integrare tra le possibilità (sempre estemporaneamente “trovate”) anche qualche momento prettamente “melodico” (pur senza per questo rinunciare alla totale libertà e senza scrivere ne stabilire nulla) rivisto e “attualizzato” prendendo spunto anche dalle esperienze di un certo rock e certa musica elettronica che pur proponendo innovazioni linguistiche sono state capaci di “penetrare” l’attenzione di un pubblico variegato e ampio . Una situazione del tutto aperta, in cui nessuna possibilità è esclusa e in cui le escursioni formali possono essere concretamente infinite nel tentativo di proporre una musica d’avanguardia che sappia anche trovare l’interesse di un pubblico non specializzato, oltre che un modo di fare ricerca che non rinunci totalmente a risultare anche perfino a tratti puramente “piacevole” a qualunque tipo di ascoltatore (che sia almeno vagamente “aperto”) oltre che ad acquisire una dimensione totalmente non idiomatica… Aperta a tutto quindi, senza alcun filtro, alcun riferimento prestabilito, nessuna scelta stilistica preordinata, aperta quindi al libero fluire dei suoni, dal dialogo tra i musicisti con i loro strumenti e con l’accadere delle cose. Ulteriore particolarità del progetto è la presenza di alcuni performer non fisicamente presenti ma collegati via skype.

 

Il progetto multimodale Diffraction #1 di Gabriele Marangoni dedicato al Kosovo in residenza alla Spezia dal 1 settembre
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Inizia dal 1 settembre presso la Dialma Ruggiero della Spezia la residenza artistica  del progetto Italia-Kosovo diffraction #1 In paradise artists can fly; performance post drammatica per una voce e 4 musicisti creativi ideato e diretto da Gabriele Marangoni, musicista fisarmonicista e compositore. Marangoni durante la residenza spezzina darà forma a uno spettacolo multimodale in cui la sua composizione musicale interagirà con la scrittura testuale di Jeton Neziraj e con le osservazioni critiche di Anna Maria Monteverdi. L’ensemble musicale è composto da una formazione internazionale da Federica Napoletani, soprano, Susanna Tognella, viola; Sara Calvanelli, fisarmonica; Komugi Matsukawa, percussioni; Dario Garegnani, direttore d’orchestra

Il progetto è sostenuto da Culture for All, Ambasciata italiana in Kosovo, Ufficio Affari culturali; Qendra Multimedia (Prishtina)

 Inizia così dalla Spezia grazie alle Istituzioni culturali della città, il primo capitolo di una serie di indagini, suggestioni e distillazioni creative che partono dal concetto ispirativo di deviazione e mutamento e che hanno come oggetto l’analisi di particolari condizioni sociali e situazioni storiche che portano nella vita degli esseri umani coinvolti il fenomeno e la necessità di cambiamento e di deviazione.

Studio ed osservazioni che conducono ad un’espressione artistica performativa in evoluzione che utilizza una pluralità di linguaggi, suono, rumore, testo, azione senza gerarchie.

 Protagonista di diffraction # 1 è Prishtina, capitale del Kosovo, il più giovane stato europeo che dall’epoca immediatamente successiva alla dichiarazione d’indipendenza dalla Serbia avvenuta il 17 febbraio del 2008 ad oggi, a 15 anni dalla fine della guerra, è diventata una città in pieno sviluppo culturale, urbanistico ed economico, dove s’intrecciano risveglio culturale e corruzione, ricerca del benessere ed inquinamento da uranio, integrazione sociale e intolleranza etnica. Una città dove attualmente la cultura ha il fondamentale ruolo di sviluppo e formazione dell’individuo

 Un lavoro multi layer che si snoda e viene strutturato mediante la realizzazione di una partitura musicale non convenzionale, che nasce insieme al testo drammaturgico creato appositamente da Jeton Neziraj, ricca d’indicazioni gestuali, sonore, simboli e spunti per l’ interpretazione da parte dei musicisti e dei performer; un’organizzazione degli elementi totalmente priva di gerarchie dove suono, immagine, parola e gesto vengono considerati simultaneamente e su uno stesso piano di valore espressivo.

Gabriele Marangoni  ha ottenuto il Master in Advanced Studies in Contemporary Music Performance and Interpretation per la guida del Maestro Sergio Scappini presso il Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano. Diplomato in fisarmonica con il massimo dei voti presso il Conservatorio G.Verdi di Milano dove affronta anche gli studi di composizione con Dario Maggi. All’Università degli Studi di Torino ha conseguito la laurea in Scienze e Tecnologie dell’Arte con Ernesto Napolitano. Dal 2004 è compositore e strumentista di Markus Zohner Theater Compagnie, compagnia teatrale di Lugano tra le più innovative a livello mondiale. Realizza e esegue le musiche delle produzioni “Hans Christian Andersen”, “KOSOVO:BLOOD:THEATRE:PROJECT, The Last Supper”, “Giulietta&Romeo&Juliet”, “DIOfemmina”. Ha registrato in prima esecuzione assoluta presso gli studi Rai l’opera Mise in Abime di Yuval Avital. Per la Radio della Svizzera Italiana ha inciso le musiche del radiodramma Radio 2 di Samuel Beckett. Nel 2010 scrive il testo Della morte,della follia. per la produzione di 7 performance testuali seriali con musiche di K.Stockhausen

Jeton Neziraj (Priština,1977) è autore di oltre 15 testi teatrali, tra cui Aeneas woundedThe last SupperYue Madeline yue, The Demolition of the Eiffel Tower, Peer Gynt in Kosovo, War in Time of Love, One flew over the Kosovo theatre rappresentate a Vienna, Parigi, New York e Londra, oltre che in Kosovo, Albania, Croazia, Serbia, Macedonia. Liza is sleeping ha vinto nel 2007 il premio come miglior testo albanese. Di Patriotic Hypermarket. A post-dramatic dialogue between Belgrade and Priština(2010) è co-autore con Milena Bogvac. Unico autore del Kosovo ad essere rappresentato a Belgrado, dirige la compagnia Qendra Multimedia. Per le tematiche dei suoi testi, i suoi spettacoli sono stati censurati in Serbia e in Cina. Fa parte del network europeo di drammaturgia EURODRAM.

Anna Maria Monteverdi è docente di Storia dello Spettacolo all’Accademia Albertina di Torino e di Digital video all’Accademia di Brera. Esperta di digital performance, si è specializzata in Canada, presso la struttura EX machina di Robert Lepage su cui ha scritto una monografia. E’ stata location manager e production manager per il gruppo video Masbedo per l’installazione Schegge d’incanto in fondo al dubbio (Biennale di Venezia 2009) e per il film Distante un padre (Produzione ONU). Ha lavorato agli allestimento multimediali per la Festa della Marineria a Sp (2009) e per le celebrazioni dei 140 anni dell’Arsenale della Spezia. Ha curato diversi dossier sul Teatro in Kosovo per “Teatro e Storia”, “Hystrio”, “Rumor scena” e “ateatro.it”. Un suo articolo apparso su Repubblica è stato tradotto su “Koha ditore” in albanese e su “New international theatre” in inglese.

 

 

Ricordando Paolo Rosa a un anno di distanza dalla sua scomparsa
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PAOLO ROSA IN MEMORIAM

La notte del 19 agosto 2013 è mancato Paolo Rosa. L’ultimo sguardo lo ha rivolto all’azzurro del Mediterraneo, in Grecia, a Corfù dove stava trascorrendo le vacanze con gli amici di sempre e con la moglie Osvalda. Aveva 64 anni. Ha ragione Giacomo Verde: è stato un brutto anno il 2013 per le arti elettroniche. La morte di Paolo Rosa rinnova il dolore per la perdita di Antonio Caronia, entrambi compilatori (tra gli altri) del Manifesto per una cartografia del reale (1992).

 Rosa era uno degli artisti visivi più vivaci e attivi della sua generazione, fondatore insieme a Leonardo Sangiorgi e Fabio Cirifino dello Studio Azzurro, ambito di studio e di sperimentazione audiovisiva e interattiva che ha creato un nuovo modo di pensare l’arte in rapporto con la tecnologia, rendendo quest’ultima, un fondamentale strumento linguistico ed espressivo. Paolo Rosa ci teneva a ricordare sempre nei suoi incontri, la fondativa esperienza nell’ambito del Laboratorio di Comunicazione militante negli anni Settanta a Brera, dove ha mosso i primi passi esplorando fotografia e cinema, ma propendendo per quest’ultima. Disegnatore, pensatore, progettista multimediale e docente d’Accademia, Paolo lascia fiumi di riflessioni e pensieri sull’etica dell’arte nel suo faccia a faccia con la complessità contemporanea, con i “media-mondo”, e sulla sua fondamentale funzione collettivizzante e socializzante. Lascia in eredità a tutti noi il patrimonio inesauribile delle sue straordinarie pratiche artistiche visionarie che affondano le radici in una volontà d’arte totale che lambisce architettura, teatro, danza, cinema, grafica, pittura, video. Come dissociare i lavori di Studio azzurro dagli splendidi disegni preparatori da lui realizzati, che dell’opera formata (sia essa installazione, video o spettacolo tecnologico) diventano la sinopia, il bozzetto preparatorio, le fondamenta dell’intero edificio artistico ma con un forte valore estetico a sé.

Lo Studio Azzurro con Paolo Rosa ha abituato il pubblico a immergersi nella bellezza e talvolta nello stupore della tecnica, conducendolo nei territori dell’io attraverso monitor, schermi e dispositivi interattivi. Ma Paolo era ben consapevole che la potenzialità della tecnologia nelle mani di un artista non dovesse limitarsi a un puro uso funzionale o a un solo ambito estetico o poetico, ma applicarsi ad una vera mutazione sociale e antropologica della società: “Sperimentare questi linguaggi – scriveva nel 1994 – induce a confrontarsi continuamente sull’impatto che essi hanno nella società. Davvero in questo ambito di ricerca si ha la sensazione di sperimentare anche nello spazio sociale, inciampando spesso in qualche nervo scoperto della contemporaneità”. L’artista si appropria dei media per dar loro un senso diverso dalla finalità tecnica per cui sono stati progettati: con questo approccio legato all’idea di “reinventare il medium”, le tecnologie non sono più “semplici attrezzi del mestiere, docili e inerti, ma diventano portatori di senso, di una nuova visione del mondo”.

Studio azzurro ci ha abituato a operazioni di ribaltamento straneante della funzione originaria delle tecnologie, una volta approdate nell’arte: i raggi infrarossi – triste ricordo di una guerra del Golfo vissuta attraverso la sua versione spettacolare televisiva – ne Il giardino delle cose, bucavano e rendevano concreto il buio; i raggi X ad uso della polizia aereoportuale in Il viaggio, esploravano storie intime e private. In Kepler’s Traum, opera musicale ispirata alla teoria di Keplero sul movimento dei pianeti, Studio Azzurro porta in scena su uno schermo semicircolare i diversi segnali e le immagini del nostro pianeta provenienti in diretta dal satellite Meteosat, in una potente metafora della necessità di osservare la sfera che ci ospita da un insolito punto di vista, tecnologicamente “aumentato”.

Parafrasando una frase dal libro scritto a quattro mani con l’amico fraterno e collega d’Accademia a Brera, Andrea Balzola, L’arte fuori di sé, diventato il suo testamento teorico, la sua arte era “plurale” non solo nella condivisione della progettualità ma anche nel linguaggio e nella tecnica. Non più il solo video monocanale, non solo la semplice videoinstallazione ma videoambienti, narrazioni complesse, plurali appunto, perché si relazionano contemporaneamente con lo spazio, con la luce e con lo spettatore; sono quadri in movimento, architetture visuali e sonore che strabordano dai confini e dagli steccati a senso unico dell’arte. Il visitatore scopre dentro il cerchio iniziatico dell’opera, un nuovo mondo, talvolta un mondo interiore e può decidere con quale senso appropriarsene, o semplicemente abbandonarsi al flusso mai interrotto di stimoli, percezioni, sensazioni. “Installazioni come luogo in cui stare dentro una narrazione”. Così per CoroTavoliSensitive CityIl soffio sull’angelo e l’ultimo lavoro In Principio (e poi), ideato per il padiglione della Santa Sede della Biennale di Venezia. Se i nuovi media promuovono la creazione di uno spazio sensoriale dinamico e sollecitano a una visione e un ascolto sinestetico, nelle installazioni interattive di Studio Azzurro cosmografie di corpi giocano con il soffio, con il battito delle mani, con il suono del proprio corpo nello spazio, con luci impalpabili che danno forma a un volto. Nell’estetica liquida “sottrattiva” e relativa poetica della trasparenza di Studio Azzurro, prende campo un’interattività che si libera dall’evidenza delle corazze tecnologiche per operare in uno spazio sgombro ma sensibile, ricco di sollecitazioni emotive dove il vuoto è forma da riempire di “vibrazioni, sovrapposizioni, oscillazioni, contrasti, che sono la spina dorsale della nuova narrazione”. Per la serie di installazioni che compongono Mediterraneo gli elementi naturali, la moltitudine di lingue, il lavoro dell’uomo sono messi in connessione con la tecnologia, che è la chiave di accesso al paesaggio, ai colori, ai suoni. Si entra nell’interattività con un gesto naturale e con un corpo senziente. Ha ragione la videomaker Agata Chiusano a dire che le videoinstallazioni di Studio Azzurro “hanno conquistato uno spazio fino allora inesplorato: quello della fisicità emotiva dello spettatore”.

Questa modalità di naturale artificialità, che prevede l’esposizione di “ambienti sensibili” al calore umano, al suono prodotto dal battito di una mano, che escludono qualunque interfaccia tecnologica e promuovono, come ben stigmatizza Valentina Valentini, “lo spettatore come io narrante”, è una costante della ricerca di Studio Azzurro sin dagli esordi. Nel Nuotatore, una delle prime installazioni del gruppo, lo spettatore è materialmente immerso nella vasca vuota di acqua ma riempita di monitor sincronizzati ricostruita dentro Palazzo Fortuny ed è sollecitato a immaginarsi una storia seguendo il nuotatore nella sua linearità di percorso acquatico ma anche i relitti e le tracce inattese che interrompono la serialità dell’azione. Perché in fondo “L’idea di interattività era latente nelle nostre videoinstallazioni. Un’interattività concettuale, non fisica o parzialmente fisica perché si poteva interagire con lo spazio

 

Non c’è dubbio che la data di nascita del videoteatro sia sancita proprio dagli spettacoli di Paolo Rosa e Studio Azzurro in collaborazione con Giorgio Barberio Corsetti: da Prologo a diario segreto contraffatto (1985) a Camera astratta (1987), quest’ultimo considerato un “esempio-faro” del teatro elettronico italiano e che raccoglie l’eredità lasciata dal Teatro Immagine di Memé Perlini, nome storico dell’avanguardia romana. In questi spettacoli si mette in scena una struttura complessa di comunicazione tra corpo, spazio e video: in un’architettura geometrica che sezionava il palco in varie parti, i monitor erano disposti su binari o montati su assi oscillanti. Appesi e impilati ma mobili, costruivano e decostruivano la figura umana intera giocando sulla continuità-discontinuità dell’azione del performer all’interno della cornice del video e mostravano in diretta azioni realizzate in un nascosto retroset. Le sagome di figure femminili viste in silhouette come prigioniere dei monitor, si liberavano progressivamente e conquistavano lo spazio della scena. Il Dams di Bologna nel 2003 organizzò un importante convegno dal titolo Lo schermo e lo spazio, coordinato da Gerardo Guccini, in cui Paolo Rosa intervenne proprio a spiegare le ragioni dell’innovazione del lavoro teatrale insieme con la Gaia scienza di Corsetti in cui la tecnologia entrava non quale elemento decorativo ma come appendice fondamentale per l’attore e per lo sviluppo stesso della drammaturgia: “Sono spettacoli che ci introducono alla ‘doppia scena’ e al dialogo tra personaggio naturale e personaggio artificiale, che ci dava insomma la consapevolezza che usare la tecnologia in scena voleva dire pensarla in termini drammaturgici prima ancora che scenografici. I monitor recitano, si muovono, si stancano come gli attori, mostrandosi in tutta la loro fisicità e fragilità.”

Paolo odiava correnti ed etichette e per questo motivo si tirò ben presto fuori dal contesto della videoarte e, in generale, dal cosiddetto “sistema dell’arte”. L’arte elettronica, era solito dire, ha una forza dirompente tale che fa saltare il problema disciplinare: “La videoarte ci sembrava che fosse come la bodyart, come la conceptual art, una delle tante forme e tendenze delle arti visive”.

Di Paolo Rosa ci mancherà la gentilezza, la generosità e la passione che metteva nel suo lavoro; ci mancherà il sorriso e la disponibilità a confrontarsi e a dialogare, a mettersi a disposizione di tutti, di studenti e neofiti dell’arte elettronica come di critici acclamati. Ci mancherà la persona impegnata nel suo tempo, preoccupata di dar vita più a “contesti partecipati” che a opere, a connessioni e relazioni più che a creazioni artistiche.

Mi congedo facendo mio questo commosso ricordo di Sandra Lischi, studiosa di media e cinema che mi ha permesso di conoscere, all’Università di Pisa, la straordinaria lezione d’arte e di umanità di Paolo:

Ripenso all’impressionante qualità e quantità dei doni di Paolo: le sue folgoranti, problematiche sintesi teoriche; i suoi film, con quella particolare libertà di sguardo; la sua infaticabile attività di insegnante; i suoi innumerevoli testi; la sua disponibilità e curiosità umana; il suo modo di pensare, progettare e accompagnare la creazione artistica; la sua idea di impegno; la sua serietà; il suo sorriso; la grazia che metteva in tutto; e anche la garbata fermezza, la lucidità critica, lo scontento per un paese e per un sistema dell’arte sordo e cieco; la rivendicazione di spazio alla poesia e alla bellezza mai disgiunte dal senso del vivere civile, della memoria, del potere rivoluzionario del linguaggio. Sono ormai un patrimonio inciso a fondo nel nostro percorso le sue riflessioni sulla tecnologia, il suo pensiero critico sull’interattività non come dispositivo tecnico ma come possibile attivazione di sensibilità, di intelligenza coniugata con la meraviglia; la sua teoria di una ricerca che può e deve essere donata anche in una dimensione di “spettacolo” (togliendo a questa parola la pesantezza volgare che l’ha avvolta in quest’epoca); la sua consapevolezza culturale e la sua capacità visionaria. La sua teoria si incarnava nella vita stessa di Paolo: l’importanza e la responsabilità del comportamento, l’etica, l’idea del “dono” che emergono dai suoi scritti sull’arte erano anche nel suo modo di essere.

Uscita per la CLUED di Padova la prima monografia dell’artista performer Michele Sambin
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Questa è la prima monografia su Michele Sambin, pioniere da oltre quarant’anni della performance nel suo dialogo con le arti, fino al video e al digitale. Musica, teatro, disegno, pittura, cinema, uso creativo della luce sono esplorati da questo artista soprattutto nel loro essere “dal vivo”, nell’unicità della dimensione del tempo reale, indagato in modi del tutto originali nella dialettica che esso instaura con i mezzi di riproducibilità tecnica, in un dialogo fra tempo che fugge e tempo che consuma, volatilità dell’evento e sua fissazione su un supporto, corpo che agisce e corpo rappresentato, strumenti classici ed elettronica.Sambin fa tutto questo a partire dagli anni Settanta e continua a farlo – in varie forme – oggi. La sua attività è confluita, per buona parte del suo percorso, in quella del Tam Teatromusica, a Padova, di cui è stato uno dei fondatori: ma il volume intende far luce proprio sul suo originale apporto, sul suo percorso di artista, a partire dagli anni precedenti al Tam per arrivare alle odierne realizzazioni e agli attuali progetti.

I saggi

Il libro raccoglie testi di vari studiosi e studiose che indagano i territori dell’arte di Sambin: il video-teatro, il cinema sperimentale, il disegno e la pittura, la dimensione performativa nel rapporto col mezzo elettronico, la ricerca sulle relazioni suono-immagine, la vividezza dell’uso creativo del digitale e della luce. Ma tutto questo in un orizzonte di ampio respiro, che aiuti chi legge a capire una stagione culturale, un’epoca di scoperte e di veloci transizioni e metamorfosi tecnologiche, un quadro fluido, in cui dialogano l’utopia e l’infrazione, l’irriverenza e la serietà dell’impegno, il gioco e la sfida che da culturale si fa anche, in senso ampio e nobile, politica: con la proposta di sguardi e di ‘posture’ differenti, sia come autori sia come spettatori.

Al libro, nato come strumento di conoscenza – con contributi tutti inediti – del percorso di Sambin, si è dato una forma che possa contenere e legare i vari ambiti della sua arte inserendoli nei contesti di riferimento: da quello locale (denso di risonanze importanti e d’avanguardia) a quello nazionale e internazionale. Le parole dello stesso Sambin ci introducono a questo viaggio, attraverso una lunga conversazione iniziale con Lisa Parolo che illumina percorsi biografici e formazione culturale.

I testi successivi fanno luce sui contesti di riferimento, individuando assonanze e intuizioni, anticipazioni e ricchezze di esperienze artistiche: la figura di Sambin dialoga con quelle di artisti di altri Paesi, con l’attività di centri di produzione e diffusione italiani, con un tessuto di scoperte stimolanti, impegnative, che si sviluppa fra i luoghi della sua formazione, la rete di esperienze italiane, le intuizioni e le opere di artisti europei e statunitensi (nei testi di Silvia BordiniSandra LischiLisa Parolo). Si entra poi nell’intreccio fra le arti: la pregnanza dell’annotazione grafica e della produzione pittorica, in un approccio a un’idea estesa di pittura (in modi diversi, trattano questo tema i testi di Riccardo Caldura e di Andreina Di Brino). Roberto Calabretto affronta il tema centrale della musica: in Sambin e nel contesto delle ricerche novecentesche, anche nel modo di intendere lo strumento come protesi del corpo, sia esso sax, violoncello o dispositivo elettronico. Bruno Di Marino esplora le caratteristiche della produzione sperimentale in pellicola, fra sguardo ereticamente documentario e sinfonia visiva, mentre Francesca Gallo affronta l’opera di Sambin dal punto di vista delle pratiche performative, fra gesto e improvvisazione coniugata con una ben studiata preparazione, musica e pittura. Cristina Grazioli dedica la sua riflessione agli usi creativi e dinamici della luce in Sambin: un medium fondamentale, dalle tecniche più arcaiche e “naturali” a quelle elettroniche e digitali; e Anna Maria Monteverdi affronta le forme, le evoluzioni, i modi e i luoghi (dalla galleria alla scena al carcere) che assume in Sambin quel teatro multimediale di cui è esponente particolare e che svilupperà poi anche nella lunga esperienza del Tam.

Il volume si chiude con una riflessione oggi più che mai opportuna e urgente a cura di Lisa Parolo  sulle modalità di ricostruzione e conservazione di opere d’arte complesse come quelle di cui il libro tratta; il testo è seguito da un’accurata schedatura delle opere, raccontate anche nella loro storia ed evoluzione nel tempo che permette una fruizione (anche) in rete adeguata agli intrecci fra le arti e alla processualità della pratica artistica di Sambin, con indicazioni anche più generali.                                                   

La veste graficaUn libro così, che racconta i continui sconfinamenti da un’arte all’altra, non poteva avere una veste ‘tradizionale’. Né poteva essere eluso lo splendore iconografico del lavoro di Sambin, la bellezza delle sue immagini, oltre la loro valenza di testimonianza e di prezioso documento. La varietà di opere – dai manufatti artigianali fino al segno digitale, passando per le foto, le registrazioni video, i bozzetti, i disegni veri e propri, la pittura, i momenti degli spettacoli, gli appunti – mostra il talento di Sambin non solo nella dimensione performativa ma anche nel costruire, nel lasciare tracce, nel dipingere e progettare mondi che restano nel tempo. Sambin ha creato in queste pagine un percorso visivo che accompagna quello degli autori dei testi, riuscendo a creare una galleria di immagini funzionali e insieme bellissime (molte sono inedite o realizzate per il volume) che creano cortocircuiti imprevisti e che si snodano fittamente di pagina in pagina come un film, una partitura, uno spettacolo.

I destinatari

Il libro è rivolto a diversi tipi di fruitori: docenti e studenti universitari di teatro, cinema, belle arti, musica, arti elettroniche, cinema sperimentale, multimedialità. A studiosi delle varie discipline affrontate e a quanti vogliano approfondire la storia della videoarte e del videoteatro in Italia, nonché una intera stagione culturale nel suo rapporto fra dimensione locale e quadro internazionale.  Operatori culturali, direttori di festival, galleristi: sia per il suo apparato informativo (schede delle opere) sia in quanto “libro d’artista” a pieno titolo. È, quindi, rivolto anche agli artisti, e a quanti amano i bei libri.

Call for interactive museum in Sarzana (La Spezia)
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Call for creating new interactive museum in Fortezza Firmafede (Sarzana). Deadline: 23th sept 2014.

L’intervento “Le Due Fortezze: il centro museale  multimediale del sistema fortificato della Lunigiana presso la Fortezza “Firmafede” di Sarzana (SP) è stato inserito nel Progetto Integrato tematico “Passaggio nella Terra della Luna: Castelli e Fortificazioni” promosso dalla Provincia della Spezia ed approvato dalla Regione Liguria con D.G.R. n° 868 del 18/07/2008 a valere sui contributi europei POR FESR Regione Liguria 2007/2013, Asse IV Azione 4.1 “Promozione del patrimonio naturale e culturale”.

Obiettivo del progetto è quello di esporre ad un pubblico ampio e multiforme, la ricchezza del sistema fortificato della Lunigiana, espressione delle vicende storiche, artistiche ed umane delle due province della Spezia e di Massa Carrara, promuovendo la valorizzazione culturale e turistica del territorio con idonee tecniche di informazione e comunicazione innovativa.

QUA IL BANDO NEL SITO DELLA PROVINCIA

Art. 2

OGGETTO NATURA ED  AMMONTARE DELL’APPALTO

L’oggetto dell’appalto consiste nell’esecuzione di un servizio per la realizzazione di produzioni ed allestimenti (con relativa posa in opera) di strutture espositive e scenografiche, di sistemi illuminotecnici, di tecnologie multimediali, produzione e/o acquisto di contenuti audio-video e relativi impianti elettrici e di sonorizzazione (fornitura), progettazione ed installazione di sistemi integrati multimediali e prodotti di comunicazione (progetto grafico pannelli, sito internet, catalogazione), assieme a tutte le prestazioni connesse a quanto sopra descritto e necessarie alla realizzazione del progetto “Le due fortezze: centro museale multimediale” da inserire nella Fortezza Firmafede (Cittadella) di Sarzana (SP).

 L’appalto ha natura di “appalto di servizi”, ai sensi dell’art. 14 del D.lgs 163/2006, distinti nelle seguenti prestazioni, così articolate nel Quadro Tecnico Economico parte integrante del progetto posto a base di gara:

 

DESCRIZIONE VOCI DELL’INTERVENTO IN APPALTO

IMPORTO (€.)

A) PRESTAZIONE PRINCIPALE: realizzazione dei contenuti multimediali (clip, filmati, colonne sonore)

333.600,00

B.1) PRESTAZIONE SECONDARIA: allestimento delle attrezzature multimediali ed attivazione di software specifico di gestione del complesso sistema

234.900,00

B.2) PRESTAZIONE SECONDARIA: allestimento della scenografia e realizzazione delle opere edili accessorie

69.911,84

ONERI DELLA SICUREZZA sulle OPERE EDILI

2.676,70

Costo del personale (solo parte edile)

14.288,46

ONERI DELLA SICUREZZA sui SERVIZI

1.600,00

IVA (sulle opere edili, al 10%)

4.287,70

IVA (sui servizi, al 22%)

135.102,00

IMPORTO COMPLESSIVO DELL’INTERVENTO

796.366,70

IMPORTO NETTO SOGGETTO A RIBASSO

638.411,84

Il Progetto di servizio, redatto in un unico livello di elaborazione progettuale ai sensi dell’art. 279 primo comma I^ cpv del D.P.R 207/2010 è stato a validato dalla stazione appaltante con:

–          Verbale di validazione (relativo alla parte multimediale) prot. n° 68216 del 10/12/2013;

–          Verbale di validazione (relativo alla parte edile accessoria) prot. n° 68220 del 10/12/2013, già autorizzato dalla Soprintendenza dei Beni Culturali e del Paesaggio della Regione Liguria in data 05/12/2013 (prot. n° 35462 del 05/12/2013).

 

Art. 3
DISPOSIZIONI PARTICOLARI RIGUARDANTI L’APPALTO

Il progetto posto a base di gara è stato approvato ex art. 279 del D.p.R. 207/2010 come progetto di servizi ad un unico livello progettuale, come indicato al precedente art.2.

Le prestazioni da eseguirsi sono distinte, ai sensi dell’art. 275 del D.p.R. 207/2010, nel seguente modo:

A) prestazione principale relativa alla realizzazione contenuti multimediali;

B1) prestazione secondaria relativa all’allestimento di attrezzature multimediali ed all’attivazione di software specifico di gestione del complesso sistema;

B2) prestazione secondaria relativa all’allestimento della scenografia ed all’esecuzione delle opere edili accessorie.

Le prestazioni necessarie all’esecuzione del servizio sono descritte dall’insieme degli  elaborati che costituiscono la documentazione a base di gara, parte integrante del bando, per la cui lettura si offrono le seguenti indicazioni.

 

Per quanto attiene la parte del progetto complessivo relativa alla descrizione delle opere edili si rinvia integralmente alla documentazione di seguito elencata, parte integrante e sostanziale  del presente capitolato speciale descrittivo e prestazionale:

–          A: Relazione Tecnica Generale;

–          B: Relazione Tecnica Specialistica (analisi acustica);

–          D: Piano di manutenzione;

–          E1: Piano di Sicurezza e Coordinamento (P.S.C.);

–          E2: Allegato P.S.C. – Planimetria area di cantiere;

–          E3: Allegato P.S.C. – Fascicolo tecnico;

–          E4: Stima dei costi della sicurezza;

–          E5: Quadro di incidenza della manodopera;

–          F1: Computo Metrico Estimativo;

–          F2: Quadro Tecnico Economico;

–          G: Cronoprogramma dei lavori;

–          H: Elenco Prezzi Unitari;

–          I: Schema di Contratto e Capitolato Speciale d’Appalto (relativo alle sole opere edili);

–          Planimetria generali;

–          Planimetrie rilevo architettonico;

–          Planimetrie rilevo impianto elettrico;

–          Planimetrie rilevo impianto antincendio;

–          Planimetrie superamento barriere architettoniche;

–          Progetto opere di miglioramento acustico.

 

Per quanto riguarda la descrizione delle prestazioni costituenti la parte multimediale delle sale museali, devono essere analizzati i seguenti elaborati:

–          All. A: Relazione tecnica illustrativa;

–          All. B: Indicazioni e disposizioni per la stesura dei documenti inerenti alla sicurezza;

–          All. C: Calcolo sommario della spesa per l’acquisizione del servizio;

–          All. D: Prospetto economico degli oneri complessivi.

nonché

–          ELABORATO 1: Relazione tecnica illustrativa integrativa;

–          ELABORATO 2: Approfondimento dei contenuti scientifici e multimediali;

–          L: Schede di controllo.

 

Per garantire una chiara e completa lettura degli elaborati costituenti il progetto posto a base di gara

si illustrano, qui di seguito, le interconnessioni degli stessi documenti.

 

Per un primo approccio di inquadramento dell’oggetto del servizio può essere utile analizzare la

A: Relazione Tecnica Generaleassieme alle tavole grafiche dellePlanimetrie generali”,

documenti inseriti nella parte edile;

 

Con il documento denominato “All. A: Relazione tecnica illustrativa” si ha una descrizione dei contenuti da rappresentare per ogni singola sala del futuro museo (dalla sala n° 1 alla sala n° 27), preceduta da una parte introduttiva illustrante la possibile modalità tecnologica necessaria per rendere chiara l’esposizione, unitamente al periodo temporale minimo richiesto per la visione del filmato o del videoclip. Nelle sale con tecnologia interattiva non è stato inserito il fattore “tempo” dato che risulta soggettivo a seconda dell’interesse dei visitatori. Nell’esposizione dell’argomento, per ogni sala, sono stati inseriti dal progettista anche i riferimenti bibliografici da cui sono state ottenute tutte le informazioni storiche. Nella tabella seguente si riportano brevemente, per ogni sala espositiva del museo, il titolo dell’argomento da esporre, lo strumento tecnologico da utilizzare e la durata espositiva. Con il documento denominato “All. A: Relazione tecnica illustrativa” si ha una descrizione dei contenuti da rappresentare per ogni singola sala del futuro museo (dalla sala n° 1 alla sala n° 27), preceduta da una parte introduttiva illustrante la possibile modalità tecnologica necessaria per rendere chiara l’esposizione, unitamente al periodo temporale minimo richiesto per la visione del filmato o del videoclip. Nelle sale con tecnologia interattiva non è stato inserito il fattore “tempo” dato che risulta soggettivo a seconda dell’interesse dei visitatori. Nell’esposizione dell’argomento, per ogni sala, sono stati inseriti dal progettista anche i riferimenti bibliografici da cui sono state ottenute tutte le informazioni storiche. Nella tabella seguente si riportano brevemente, per ogni sala espositiva del museo, il titolo dell’argomento da esporre, lo strumento tecnologico da utilizzare e la durata espositiva.

 

Sala

Argomento da esporre nella sala

Strumento tecnologico di supporto

Durata della esposizione

I

Ingresso (zona ascensore)

/

/

A

Biglietteria

/

/

B

Bookshop

/

/

C

Info-point Totem monitor 42”

/

1

La fortificazione medioevale Videoproiettore home cinema+audio

10’

2

Il territorio della Lunigiana Tavolo interattivo con 4 postazioni + plastico+audio

12’

3

La strada: porti, mercati e castelli Videoproiettore

3’

4

Castelli e potere Videoproiettore

3’

5

Il Codice Pelavicino libroteca interattiva+audio

3’

6

Elementi del castello scenografie virtuali 3D

2’

7

I castelli e borghi della Lunigiana schermo interattivo+videoproiettore+audio

3’

8

I castelli e borghi nella valli interne del Vara e della Magra schermo interattivo+videoproiettore

/

9

I castelli e borghi nella bassa Val di Magra schermo interattivo+videoproiettore

/

10

I castelli e borghi della Riviera schermo interattivo+videoproiettore+audio

3’

11

Vita nel castello Videoproiettore+audio

3’

12

La cucina Videoproiettore

3’

13

La biblioteca libroteca interattiva

/

14

Le feste Videoproiettore+audio

3’

15

La vita nella città e nel borgo Videoproiettori

3’

16

Il mercato Videoproiettore+audio

3’

17

Il porto Videoproiettore

2’

18

Le feste popolari Videoproiettore

2’

19

Galleria di personaggi Videoclip+audio

1’+1’+1’+1’

20/a

Caduta di Costantinopoli Videoproiettori + n° 4 videoclip + n° 3 schermi/ologrammi

/

20/b

La guerra di Sarzana e la costruzione delle fortezze di Sarzana e Sarzanello Videoproiettori + n° 2 schermi/ologrammi + plastico

/

21

Sarzana e Lunigiana ai tempi di Carlo VIII Videoclip

1’+1’+1’+1’

22

La Cittadella sotto il dominio genovese

/

/

23

Il Golfo e le fortificazioni genovesi Scenografie virtuali 3D

/

24/a

Vita nella fortezza

/

/

24/b

L’assedio Videoproiettore 360° per filmato immersivo

7’

25

Lo sviluppo del forte bastionato Videoclip

1’+1’+1’+1’

26

Le guerre di successione austriaca e spagnola – La distruzione dei castelli Videoproiettore+audio

3’

27

La Spezia e l’Arsenale Videoproiettore

3’

 

Augmented Med- Augmented Reality for cultural heritage
110

I AM Festival 2014

     

The I AM project in brief

The project aims to bring together  experts in two fields, IT/multimedia and tourism.

This cross-sector cooperation system will develop innovative services for the enhancement of natural and cultural heritage sites. It focuses on the use of Augmented Reality (AR), multimedia and interactive techniques.

Augmented Reality refers to multimedia technologies which superimpose digital elements on reality, thus enhancing and enriching the perveived reality.

Activities include training workshops, Augmented Reality festivals and pilot AR applications for one heritage site in each of the 7 participating countries.

 I AM is a Mediterranean cooperation project funded by the European Union’s ENPI CBC Med programme. It will last 3 years, from 2012 to 2015, is led by the City of Alghero in Italy and involves 13 partners in 7 countries around the Mediterranean. Total budget is € 3.060.650 of which the ENPI CBC MED contribution makes up 90% (€ 2.754.583).

The 2014 IAM FESTIVAL is scheduled to take place in two locations:

    Taybeh, Palestine,
from 21-22 September
  Girona, Spain, from
1-3 October.

Lead Partner: Municipality of Alghero, Italy
University of Genoa, Italy
Government of Catalonia, Ministry of Culture, Spain
i2Cat Foundation, Spain
KonicLab, Spain
Library of Alexandria, Egypt
Municipality of Jbeil, Lebanon
American University of Beirut, Lebanon
Department of Antiquities, Jordan
Jordan University of Science and Technologies, Jordan
Municipality of Al Taybeh, Palestine
RIWAQ Centre for Architectural Conservation, Palestine
Regional Commisariat for Tourism of Nabeul-Hammamet, Tunisia
Association for Geographic Research and Studies, Tunisia

 

HOUSE / DIVIDED by Builders association
109

The Bank — or the Company — needs — wants — insists — must have — as though the Bank or the Company were a monster, with thought and feeling…

But the monster is sick. Something’s happened to the
monster.”

John Steinbeck, The Grapes of Wrath

(From website-Builders association)

Using John Steinbeck’s classic novel The Grapes of Wrath as a narrative backbone, HOUSE / DIVIDED (formerly ROAD TRIP) tells contemporary tales of foreclosure, following economic refugees and migrants from two different American eras. Steinbeck’s Joad family moves along the great Dust Bowl migration, while a contemporary house rooted to its site — yet connected to a web of global finance and investment – becomes a container for stories from the current, evolving crisis. HOUSE / DIVIDED explores the changing meaning of home, homelessness, and place both in the present moment and in the broader context of the American mythos.

house5

On stage, HOUSE / DIVIDED is built around an archetypal house that is sometimes inhabited, sometimes abandoned, sometimes transformed or broken, and sometimes only imagined or remembered by those who have moved on or lost their homes. In HOUSE / DIVIDED this house is more than an image or representation; it is an artifact of the current upheaval — the real thing: a foreclosed house from Columbus, Ohio dismantled and carried in pieces to the stage to tell its story (an outgrowth of the Builders’ series of creative residencies at Wexner Center for the Arts and the Ohio State University). The house is a tragic character, inhabited and manipulated by the people and institutions that have surrounded it — from an owner and renter to a local realtor all the way to the trading desk at Goldman Sachs and the Swiss headquarters of reinsurance giant AIG.

Outside the house, on the road, the Joads carry on their eternal journey. Steinbeck’s beautiful prose, both stark and lyrical, is used in voiceover as a descriptive soundtrack as we step in and out of their story, illustrating their trials and struggles as they make their way slowly west. They build their world onstage, dreaming of ‘home’, while the production ghosts forward to our complex and contemporary digital environment.

As with all of the work of The Builders Association, HOUSE / DIVIDED draws from ‘real life’ events as source material; the myriad, bizarre, humorous and lamentable stories of the current crisis. HOUSE / DIVIDED traces a line from kerosene lamps and makeshift roadside tents to the digital glow of screens under overpasses and in parked cars at Wal-Mart parking lots. HOUSE / DIVIDED finds us at our current crossroads: with a radically altering sense of home and stability, community and ownership and a retooling of the American Dream.

Under the direction of founding artistic director Marianne Weems, long-time Builders Association collaborators Jennifer Tipton (lighting), John Cleater (scenic) Dan Dobson (sonic) reunite their design forces in the Builders’ signature style of epic, technological beauty. James Gibbs and Moe Angelos create and adapt the text and Austin Switser (video) washes it all in an elegant palette of 21st century movement.

The Grapes of Wrath ©1939 by John Steinbeck. Copyright renewed, John Steinbeck 1967

VR experience: NuFormer
107

In 2014 Virtual Reality (VR) will be introduced to an undoubtedly fast growing group of users worldwide. With announced introductions of VR goggles like the Oculus Rift the consumer market will soon get acquainted with VR when using these goggles for playing video games in a more immersive way at home. Advanced full body motion tracking systems are even expanding the possibilities of VR when people are able to walk around or fly through a virtual world.
download (39)
In anticipation of the coming period NuFormer, famous for its 3D video mapping projections, has connected Virtual Reality to video projection that can be mapped on anything. As a result, the VR experience of one to four people in a specific VR environment now can be shared with an audience. For example in front of a building where the projection content is projected on.
The viewers on that venue will be able to see the virtual environment that is similar to what the players see in their goggles while tracked in a VR environment. Maybe you even like to have your audience to have a spectacular overview of the VR world the players are in. This and much more can now be realized. (NuFormer)
http://vimeo.com/66647633

PETER PAN di Bob Wilson al Festival di Spoleto 2014
105

Peter Pan di Robert Wilson CocoRosie Berliner Ensemble atterra a Spoleto.

una produzione del Berliner Ensemble in collaborazione con Change Performing Arts
 
 Maestro del teatro d’avanguardia, Robert Wilson è stato chiamato a Spoleto da Giorgio Ferrara, fin dal suo primo anno di direzione artistica, per dare inizio a una felice collaborazione che si protrae ormai da sei anni e grazie alla quale sono state presentate per la prima volta in Italia le messe in scena del grande regista con il Berliner Ensemble (Opera da tre soldi, Sonetti di Shakespeare,Lulu) e le nuove produzioni per il Festival di Giorni felici con Adriana Asti e de L’ultimo nastro di Krapp da lui stesso interpretato, originali incursioni nel mondo di Samuel Beckett, oltre a The Old Woman di Daniil Kharms, interpretato nella scorsa edizione dal leggendario Mikhail Baryshnikov e dall’attore americano Willem Dafoe. Quest’anno Wilson torna a Spoleto con il suo nuovo spettacolo Peter Pan.
 Con Peter Pan, l’eterno fanciullo, lo scrittore scozzese James Matthew Barrie ha creato uno dei miti immortali della modernità. Pochi altri testi hanno influenzato così profondamente l’immaginazione di intere generazioni come quello di Barrie che racconta il favoloso e onirico viaggio verso l’Isola che non c’è. Robert Wilson trasforma questo universo rocambolesco popolato di pirati, indiani, sirene e fanciulli che possono volare in uno spettacolo teatrale pieno di invenzioni, sostenuto dalle musiche originali create dal duo americano CocoRosie, e come sempre dagli splendidi attori e musicisti della compagnia del Berliner Ensemble.
ROBERT WILSON
ll New York Times ha definito Robert Wilson “una pietra miliare del teatro sperimentale mondiale e un innovatore nell’uso del tempo e dello spazio in palcoscenico”. Wilson, nato a Waco in Texas, è tra i più importanti artisti visivi e teatrali al mondo. Il suo lavoro si serve di diverse tecniche artistiche integrando magistralmente movimento, danza, pittura, luce, design, scultura, musica e drammaturgia.
Alla metà degli anni ’60, Wilson fonda a New York il collettivo artistico “The Byrd Hoffman School of Byrds” con cui elabora i suoi primi originali spettacoli, Deafman Glance – Lo sguardo del sordo e A Letter for Queen Victoria. Nel 1976 firma con Philip Glass Einstein on the Beach, performance che cambia la concezione convenzionale dell’opera come forma artistica.
Negli anni ha stretto collaborazioni con autori e musicisti del calibro di Heiner Müller, Tom Waits, Susan Sontag, Laurie Anderson, William Burroughs, Lou Reed e Jessye Norman.
Disegni, dipinti e sculture di Wilson sono stati esposti in centinaia di mostre collettive e personali, e fanno parte di collezioni private e musei in tutto il mondo.
Ha ricevuto numerosi premi e onorificenze, tra cui la nomination per il Premio Pulitzer, due premi Ubu, il Leone d’Oro per la scultura alla Biennale di Venezia e il premio Laurence Olivier.
COCOROSIE
Gruppo nordamericano di folk psichedelico fondato nel 2003 dalle sorelle Bianca (Coco) e Sierra (Rosie) Casady, il cui stile musicale integra canto lirico, gospel e pop music. Nate e cresciute negli Stati Uniti, la loro carriera artistica ha inizio però a Parigi; il loro universo poetico comprende anche i suoni dell’acqua, delle pentole e dei giochi dell’infanzia. Compongono insieme: Sierra alla chitarra e al flauto, Bianca alle percussioni. Il loro debutto avviene con l’album La Maison de Mon Rêve, nel 2004, dopo aver suonato in tour con altri artisti come Gena Rowlands, Battles, Ratatat e Devendra Banhart. Del 2005 è il secondo album intitolato Noah’s Ark, più elettronico, che vanta tra gli altri la collaborazione con Antony Hegarty voce del gruppo Antony and the Johnsons. Seduce la loro poesia che unisce fragilità e anticonformismo; le loro esibizioni in palcoscenico lasciano il segno. Nel 2007 pubblicano The adventures of Ghosthorse & Stillborn, la cui copertina è firmata da Pierre & Gilles. Osannate dalla critica, le due sorelle firmano quattro anni più tardi Grey Oceans e nel 2013, Tales of a Grass Widow.
BERLINER ENSEMBLE
Sull’onda del successo ottenuto con Madre Coraggio, Bertold Brecht e Helene Weigel fondano nel 1949 la compagnia del Berliner Ensemble, che dal 1954 si installa presso l’attuale sede del Theater am Schiffbauerdamm. Nel 1956, dopo la morte di Brecht, si avvicendano alla direzione Helene Weigel, Ruth Berghaus, Manfred Wekwerth e quindi un collettivo artistico formato da Matthias Langhoff, Fritz Marquardt, Heiner Müller, Peter Palitzsch e Peter Zadek.
Nel 1999 assume la direzione del teatro Claus Peymann, che già aveva diretto la Schauspielhaus di Bochum e il Burgtheater di Vienna, e che sposta la programmazione verso la drammaturgia contemporanea e la rilettura dei classici, come il Riccardo II di Shakespeare. Riprende anche molti testi di Brecht e apre la via alla collaborazione con numerosi registi, come George Tabori, Robert Wilson, Peter Stein e Luc Bondy, per la creazione di nuove produzioni che entrano nel repertorio del teatro.
Ancora oggi al centro della programmazione del Berliner Ensemble ci sono i testi dei drammaturghi tedeschi contemporanei, come Thomas Bernhard, Botho Strauss, Elfriede Jelinek e Peter Handke.

Alpsound-Paesaggi sonori. Castello di Beseno, Trentino
104

Venerdì’ 20 GIUGNO 2014
evento solo su prenotazione
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Castello di Beseno, biglietteria

PASSEGGIATA SONORA 
a cura di Sara Maino
inizio passeggiata ore 18.30
ritrovo 15 minuti prima presso la biglietteria del castello
solo su prenotazione, massimo 25 partecipanti
mob. 392 324 8514 > festival@portobeseno.it

Il Forum per il Paesaggio Sonoro FKL Italia, di cui Portobeseno fa parte, propone nel mese di giugno Walking On Soundshine, iniziativa d’ascolto e di riflessione sul paesaggio articolata in diversi appuntamenti sparsi su tutto il territorio nazionale. 
La splendida cornice del castello di Beseno propizia l’occasione di imparare ad ascoltare.
Offre la possibilità di scoprire scorci inediti, di godere di un rilassamento psicofisico, lontano dalla fretta, semplicemente camminando in silenzio tra le mura dell’antico maniero.
La collina di Beseno è un vero e proprio spartiacque sonoro, che rivela differenti peculiarità acustiche tra valle e monte e consente di abitare suoni inosservati, inascoltati. La passeggiata sonora, che ha come senso di riferimento principale l’orecchio, rende consapevoli dei suoni che ci accompagnano quotidianamente.
http://tiny.cc/besenowalk

A seguire, SOLO per i partecipanti alla passeggiata sonora:

HOLO LAPTOP ENSEMBLE 
HOLO è un ensemble di laptop ispirato dagli studi di Konrad Lorenz sulla comunicazione nel mondo animale. L’ensemble non si avvale di alcuna direzione esterna, ogni componente del gruppo è coinvolto attivamente nella conduzione musicale delle performance formulando in tempo reale proposte sonore che possono essere accettate, imitate o contrastate dagli altri membri dell’ensemble. Sulla base di questo continuo scambio di proposte e risposte, vengono prodotte forme musicali aperte in continua evoluzione, controllate da una mente collettiva, che produce suono e si costituisce attraverso il suono.
http://tiny.cc/holo2014

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venerdì’ 20 GIUGNO 2014
ingresso libero
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orario 20 – 23
Castello di Beseno, bastione Sud

Vowels 
PAESAGGIO IN DO MINORE
Descrivere il territorio interpretandone i suoni e le voci attraverso il filtro soggettivo delle musica: è la proposta con cui ci incamminiamo verso il castello.
La fonte orale acquista corpo nel momento della nota. Un dialogo tra le generazioni dentro il paesaggio acquista spazialità e fisicità nella vibrazione degli strumenti musicali.
L’orchestrina dei Vowels partecipa a Portobeseno con la collaborazione delle voci narranti tratte dai suoi archivi orali, accompagnate dal bagaglio personale di batteria e percussioni, basso elettrico, chitarra elettrica, sintetizzatore e tromba.
https://soundcloud.com/vowelsbrotherhood

Nicola di Croce 
COLLECTIVE BACKGROUND
Se i territori, i borghi e le città sono stratificazioni di storie e contesti, allora l’ascolto diventa il mezzo ideale per avvicinarsi ad essi, per seguirne lo scorrere nel tempo, per scoprire i racconti che conservano: il narratore diventa il paesaggio sonoro stesso.
La registrazione ambientale è in questo caso lo strumento indispensabile per lavorare sul contesto, per raccogliere frammenti privati e ricomporli in una storia collettiva – di sottofondo – che si apre al pubblico, in cui il valore documentaristico ed artistico dell’operazione si confondono.
Il prodotto audio da realizzare si costruirà durante una residenza in Alta Vallagarina attraverso un archivio che spingerà lo spettatore a riconoscersi nei segnali della narrazione dell’ambiente in cui si trova immerso; questa operazione vuole forzare la pratica comune dell’ascolto rendendola mezzo indentitario.
Nicola Di Croce è dottorando in Pianificazione Territoriale presso lo IUAV di Venezia; musicista e compositore, il suo principale interesse di ricerca parte dal rapporto tra suono e territorio. Le sue produzioni si concentrano sulla registrazione e rielaborazione di suoni ambientali quali tramiti narrativi, è membro e curatore dell’AIPS, Archivio Italiano Paesaggi Sonori.
http://www.nicoladicroce.tumblr.com

France Jobin 
PAESAGGI SONORI TRANSITORI
Durante la residenza prevista per l’edizione 2014 di Portobeseno, France Jobin rileggerà e reinterpreterà frammenti di storie del territorio, attingendo direttamente alle narrazioni, agli oggetti e all’ambiente culturale all’interno del quale vengono veicolati questi racconti. Attraverso l’uso di riferimenti incrociati e tramite l’indagine della sovrapposizione di confini (culturali e geografici) permeabili, l’artista canadese svilupperà un percorso creativo a partire dall’incontro con gli abitanti del territorio, dagli elementi fisici del paesaggio, dei corsi d’acqua e della vegetazione, nonchè da elementi transitori, come le condizioni metereologiche. Nel lavoro finale, che sarà presentato da France Jobin nella cornice del Castello di Beseno, verrà ricreata una storia attorno alle persone ed ai luoghi, al confine tra realtà e finzione.
France Jobin è un’artista che lavora sul suono attraverso le installazioni e le performance dal vivo. Curatrice e ricercatrice, France risiede attualmente a Montreal, Canada. La sua indagine estetica si focalizza sulla capacità di scolpire il suono, rivelando un approccio minimalista agli ambienti sonori complessi in cui analogico e digitale si mescolano. Le sue installazioni esprimono un percorso parallelo, incorporando sia elementi musicali che sonori ispirati dall’architettura degli spazi fisici. I lavori di France Jobin sono stati ospitati da diversi luoghi e festival in Canada, Stati Uniti, Sud America, Europa e Giappone.
http://www.i8u.com

Luigi Mastandrea / Andrea Pelati
DA BOLOGNA A CASTEL BESENO – NO INPUT PERFORMANCE
Intendiamo costruire un live elettroacustico partendo da due fonti sonore e di ispirazione. La prima fonte è il viaggio che compiremo partendo da Bologna alla volta di Castel Beseno. Campioneremo suoni sia durante gli spostamenti (in auto, in treno), sia durante le soste. La seconda delle nostre fonti sarà un semplice mixer audio, in cui collegheremo i canali secondo la tecnica del “no input”. Realizzeremo così una catena elettroacustica circolare, che sfrutta il rumore di fondo del mixer, per ottenere un grande paesaggio sonoro in cortocircuito, emergente tra diversi livelli di surrogazione.
http://www.concretebologna.it

Hyper!ion / Sara Filippi
MAPPE LIQUIDE
Performance visuale dove le proprietà che caratterizzano il liquido, fluidità, elasticità e incomprimibilità, si mescolano metaforicamente ai concetti di confine, frontiera e identità, sfumando quei segni di demarcazione che distinguono il limite o la soglia tra diverse realtà tipiche delle mappe geografiche.
Le immagini utilizzate provengono dagli archivi web di Portobeseno che raccolgono un centinaio di mappe storiche dell’Alta Vallagarina e le immagini create dai bambini e dalle bambine di Calliano durante i laboratori visivi promossi negli anni scorsi.
Hyper!ion – http://www.vimeo.com/hypervimeo
Sara Filippi – http://www.diluciemateriali.wordpress.com

Portobeseno
AUDIO STORIE A MATITA – installazione audio video
Durante i laboratori didattici del progetto Narrare il Territorio in Alta Vallagarina – dedicati alla raccolta e alla mappatura dei suoni del paesaggio e della memoria orale – abbiamo stimolato nei partecipanti la ridonazione delle esperienze di ascolto sotto forma di disegni e componimenti letterari. L’installazione mescola gli archivi alternando narrazioni e suoni ambientali con le interpretazioni creative da parte degli allievi dell’Istituto Comprensivo Alta Vallagarina. Evoca il metodo laboratoriale sviluppato da Portobeseno – l’ascolto attivo – che dal suono conduce alle storie e alle loro interpretazioni.
http://www.portobeseno.it/narrareterritorio.html

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venerdì’ 27 GIUGNO 2014 
ingresso libero
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Castello di Beseno, Campo dei Tornei
orario 20 – 23

Albert Mayr 
ECHI
Eseguito dal Corpo Musicale S.Cecilia di Volano, direzione Luca Malesardi.
In questo brano minimale il discorso musicale non si svolge, come di solito, attraverso la varietà delle note, ma attraverso le sottili variazioni che le (pochissime) note subiscono a seconda della posizione degli esecutori. Sappiamo che con la distanza un suono cambia, non solo in intensità, ma anche in timbro, perde un po’ della sua identità. Inoltre il brano si basa, come indicato dal titolo, su rimandi tra i gruppi strumentali di varia grandezza. Durante l’esecuzione gli ascoltatori potranno muoversi e sperimentare diverse postazioni di ascolto.

Terry Riley 
IN C 
Eseguito dal Corpo Musicale S.Cecilia di Volano, direzione Luca Malesardi.
Composto nel 1964 da Terry Riley, in C è considerato il primo esempio di brano minimalista, ed è adatto ad essere suonato indistintamente da qualsiasi tipo di strumento. 
Su un ribattuto ostinato della nota do (C appunto) i musicisti suonano in maniera aleatoria 53 frasi musicali, alcune di brevissima durata, altre più composite.
L’insieme sonoro è la risultanza di un impasto creato dalla diversità timbrica e dinamica, nonché dalla distanza spazio-temporale delle entrate di ogni musicista che crea giochi di consonanze/dissonanze, armonie canoni ed echi del tutto casuali. Questo fa sì che ogni esecuzione di “In C” sia un’interpretazione unica, in cui anche elementi esterni allo strumento musicale integrano il momento creativo sia dal punto di vista del musicista che da quello del pubblico.

Scuola di Musica Elettronica del Conservatorio Bonporti
IL SUONO DEL SEGNO – IL SEGNO DEL SUONO
Il segno, si trasforma in suono. Il suono dà vita al segno. L’immagine concorre a creare il suono e da quest’ultimo è modificata.
La ricerca che presentiamo utilizza come punto di partenza ed elabora suoni e immagini tratti dai molti luoghi del pianeta producendo, paesaggi sonori e visivi, composizioni e improvvisazioni.
L’elemento unificante di tutti questi brani è la connessione immagine-suono, l’esplorazione profonda del tessuto sonoro e visuale, fino a svelare il paesaggio che si nasconde all’interno del singolo elemento.
Ogni brano è il risultato di improvvisazioni, ricerche e/o stratificazioni di idee, costruzione ed elaborazione di scenari acustici, ma ogni suono, ogni rumore è anche lo spunto per uno sguardo oltre il visibile, dentro il reale.
Compositori, esecutori, regia del suono:
Mauro Graziani – docente
Alessandro Battisti, Roberta Dappiano, Valerio De Paola, Antonio De Rose, Riccardo Fichera, Antonia Labozzetta, Katja Marun, Raul Masu, Giacomo Maturi, Davide Panizza
http://www.conservatorio.tn.it

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venerdì 4 LUGLIO 2014 
ingresso libero
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Castello di Beseno, Bastione Sud
orario 19 – 23 
ingresso libero

ALPSOUND DUB MOUNTAINS
suoni e voci condivisi in dub
RadioFontani + Murjah Warriors
AlpSound, archivio sonoro georeferenziato in Internet e rete collaborativa di produzioni musicali di Portobeseno, incontra RadioFontani e Murjah Warriors organizzatori di Dub Mountains.
L’archivio di Alpsound è strutturato per la condivisione libera dei materiali sonori ed è aperto a nuovi contributi degli utenti in Rete; accoglie suoni ambientali, voci e racconti orali registrati localmente. Grazie al patrimonio raccolto, promosso e sviluppato dal festival Portobeseno, sono state realizzate delle performance in cui il suono ambientale si sposa a diversi generi musicali, trasformando il DJ set e la composizione elettroacustica in un’esperienza immersiva nel territorio.
Alpsound Dub Montains propone l’ascolto in contemporanea di due grandiosi sound systems autocostruiti, montati nell’area del più spettacolare bastione del castello di Beseno. Qui si alterneranno suoni ambientali e racconti orali e una selezione di vinili accompagnati da due voci, mandolino, chitarra e melodica. 
Calde vibrazioni, paesaggi sonori alpini e improvvisazioni strumentali.
http://www.portobeseno.it/alpsound



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LABORATORIO
iscrizione obbligatoria

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workshop / LABORATORIO di musica elettroacustica
HOLO LAPTOP ENSEMBLE

attività dal 17 al 20 giugno 2014
orario serale
castello di Beseno in Trentino
TERMINE ISCRIZIONE entro il giorno 15 giugno

a cura Concrete Bologna Elettroacustica
con Luigi Mastrandrea, Andrea Pelati
produzione Portobeseno 2014

Portobeseno e Concrete Bologna Elettroacustica propongono un workshop sull’uso dei laptop come strumenti musicali, portando la loro esperienza e le ricerche effettuate negli ultimi anni sulla composizione e l’improvvisazione musicale collettiva.
In compagnia di Luigi Mastandrea e Andrea Pelati saranno approfondite le caratteristiche tecniche dei diffusori dei laptop, lo sviluppo dell’ascolto reciproco, le possibilità offerte dai software più comuni di produzione musicale.
Il workshop si concluderà con una performance e un’installazione audio il giorno 20 giugno nell’ambito del festival Portobeseno 2014.

Tecnologia richiesta:
PC portatile
Ableton Live installato
controller midi
coppia di diffusori alimentati via USB
multipresa elettrica con prolunga 1-2 mt

Il laboratorio è adatto a tutti: persone curiose, principianti e professionisti.

Info e iscrizioni laboratorio HOLO:
http://tiny.cc/holo2014
mob 340 555 4516 > festival@portobeseno.it


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Video intervista al regista teatrale sloveno Tomi Janezic per Rumor(s)cena
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Anna Monteverdi per Rumor(s)cena ha intervistato il regista slavo Tomi Janezic al Festival Fabbrica Europa di Firenze dove è andato in scena in prima nazionale  “Il gabbiano” per la sezione “Balcanica”.

On line sul  canale video di Rumor(s)cena Intervista a Janezic

Stazione Leopolda Firenze 

Prima Nazionale

TEATRO NAZIONALE SERBO

Il Gabbiano

da Anton Pavlovich Chekhov

direzione, regia, allestimento e luci: Tomi Janežič

Festival Fabbrica Europa 

Definito “il Peter Brook slavo”, Tomi Janežič ha diretto un cast di 30 persone, tra attori e tecnici, per allestire unGabbiano  da Chekhov  della durata di  quasi 7 ore. Uno spettacolo che attiene al concetto di teatro come spazio di riflessione sull’essenza, oasi di pensiero sulla nostra esistenza, su noi, sulle relazioni, la vita. Il tentativo in scena è di porre interrogativi sul processo artistico, sulla creatività stessa e le arti in generale, ma il vero senso del lavoro è dare alle pubblico una ragione per prendersi del tempo e meditare sulla vita, incontrarsi e condividere impressioni.

 

 

 

Il Gabbiano regia di Tomi Janežič

Il Gabbiano regia di Tomi Janežič

 

Filip Ðuric, Dušan Jakišic, Milica Janevski, Deneš Debrei, Draginja Voganjac,
Ivana Vukovic, Boris Liješevic, Boris Isakovic, Dimitrije Dinic, Jovan Živanovic, Milica Trifunovic, Tijana Markovic Dušan Mamula
musicisti: Aleksandar Ružicic (flauti), Borislav Cicovacki (oboe)
drammaturgia: Katja Legin
costumi: Marina Sremac – assistente costumi: Snežana Horvat
compositore: Isidora Žebeljan – suono: Tomaž Grom
assistente allestimento: Željko Piškoric – assistente alla regia: Dušan Mamula e Dimitrije Dinic
regia ed editing del film: Tomi Janežic – collaborazione all’editing: Brane Klašnja
riprese: Srdan Ðuric – suono: Uroš Stojnic – tecnici luci: Miroslav Ceman, Marko Radanovic
poster design: Tomi Janežic, Katja Legin, Srdan Ðuric – produttore: Elizabeta Fabri
sound master: Dušan Jovanovic – registrazione musiche: Zoran Marinkovic

 

 

 

 

NOTTILUCENTE III edizione ”Il mondo dal tramonto all’alba”
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Le piazze, le vie, i cortili e i musei di San Gimignano Venerdì 27 giugno 2014 San Gimignano (Si) dalle 5 del pomeriggio fino alle 5 del mattino saranno gli approdi di un mondo visionario e contemporaneo in cui a tracciarne le mappe, i confini e le geografie sono gli artisti che, insieme ai cittadini, vestono a festa la città.

 Dopo aver parlato nelle prime edizioni di “Viaggio” e di “Piazza”, quest’anno Nottilucente San Gimignano affronterà il tema del “Mondo”, una parola vertiginosa che assume in sé molte contraddizioni ma che vuole e deve essere proiettata anche al più corrente senso figurato di ambiente in cui risiedono tanti popoli e culture.

La compagnia MK, Pierpaolo Capovilla (Teatro degli Orrori), Riccardo Tesi, Antonello Salis, Flavio Boltro, Bobo Rondelli, Enzo Bianchi, Zaches Teatro, Vanni Santoni, Azzurra D’Agostino, Marco Simonelli, Francesca Matteoni, Alberto Prunetti, Sacha Naspini, Graziano Graziani e tanti altri artisti insieme alle associazioni, agli scrittori, egli stessi cittadini raccontano il “Mondo” facendo brillare questo planisfero di significati con i tanti linguaggi dell’arte

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Lugano. Gabriele Marangoni presenterà in Prima Assoluta all’edizione 2014 del LongLake Festival la sua composizione ROUND – atto sonoro per pianoforte, percussioni, 2 fisarmoniche e 4 soprani Lugano,Venerdì 4 luglio 2014 – Teatro Foce –  ore 20.30

ROUND: una storia d’amore, un ‘esperienza sonora contemporanea.

ROUND è la somma di intrecci d’amore e di discese verso il blu polvere scuro, 4 voci che si compenetrano in una metamorfosi continua con 4 strumenti.

Un ensemble internazionale formato da musicisti provenienti da Svizzera, Italia, Giappone, Russia, Serbia ed Ungheria che verranno guidati da una partitura che unisce testo, suono e gesto, partitura la cui direzione è affidata a Dario Garegnani, tra i più talentuosi  direttori di oggi di musica contemporanea.

Dell’ ensemble, tutto al femminile, faranno parte la pianista Tatiana Shapovalova, la percussionista Rina Fukuda, le fisarmoniciste Ljubinka Kulisic e Sara Calvanelli e le 4 soprano Federica NapoletaniAyumi TogoMargit G.Fodor e Alice Rossi.

ROUND è un intreccio di storie e di visioni; è un intreccio di energie, di suoni ,di ruomri e di silenzi.

Anche la sua creazione  è stata un intreccio; un intreccio di competenze e di persone che hanno voluto sperimentare come Luisa Castellani, tra le più importanti voci del panorama musicale contemporaneo, voce prediletta dallo stesso Luciano Berio, che ha supervisionato la scrittura per i 4 soprani ( sue allieve) e ha profuso tutta la sua esperienza ed energia nel progetto che vede anche la collaborazione del Conservatorio della Svizzera italiana di Lugano che si dimostra sempre più, oltre che un Istituzione di alto livello nella didattica musicale, un centro  sempre attento alla sperimentazione contemporanea.

Inoltre l’artwork grafico ” Processes” che rappresenta visivamente ROUND è stato realizzato dall’artista svizzera, di origini italiane, Valentina De’ Mathà, figura tra le più originali dell’arte contemporanea.

L’innamoramento come possibilità di caos e libertà; il suono è un mezzo ma forse l’amore è solo un pretesto.

Una scrittura musicale serrata che si riposa solamente quando all’improvviso sprofonda nel silenzio per poi rianimarsi partendo da piccoli grani di rumore.

Una sovrapposizione di linee apparentemente indipendenti, guidate però da una tendenza all’ascesa comune, linee sonore che si rincorrono per ritrovarsi in punti verticali d’incontro che danno origine ad un tessuto ritmico che quasi in maniera ostinata percorre l’intera composizione.

Una visione ispirata dal testo, scritto dallo stesso Gabriele Marangoni, che pone l’attenzione su quell’istante di alienazione che segue il principio dell’innamoramento.

Una storia d’amore, dove l’amore non è quello dolce e soave, bensì è visto come una  forza capace di far si che l’essere umano si ribelli e scardini, liberandosi da essi, tutti quei meccanismi di routine e di limitazione che si è costruito nel tempo.

Lo scoppio di una grande energia, indipendente, al cospetto della quale ritrovare uno stato primordiale di libertà, pur consapevoli di poter commetere errori.

ROUND indaga i moti dello spirito umano, perennemente bisognosi di ascendere e perennemente soggetti a deviazioni; smarrimenti che sono parte integrante di un continuo sviluppo formato da delicate intimità e grandi energie.

Tutto ciò che siamo deriva dall’esplosione di una grande massa di energia, e noi siamo estremamente fragili 

ROUND in occasione della Prima Assoluta sarà preceduto dall’Ouverture “What are you?”, affidata al medisimo ensemble e sempre sotto la guida di Dario Garegnani.

L’ouverture si presenta come un esperimento di comunicazione dove tramite una scrittura musicale che fa uso di zone aleatorie ed intuitive Gabriele Marangoni crea una partitura che guida i musicisti in una sorta di affresco di ciò che sarà poi la composizione, un esperimento che tende la mani al pubblico ( non sempre abituato al linguaggio contemporaneo) per accompagnarlo, seppur sempre con una in maniera immaginativa, all’ immedesimazione con l’opera.

gabri

 

Quando vidi, lì s’inizio’ la finitudine del corpo
Le pelli ed i volti si sfogliarono fino al solo tessuto.
Nella nudita’, scarnato e chino sulle curvita’. 
Gli occhi piansero le menti, perirono e si tacque.

L’interno tremito organico fu unica litanica ripianta voce, 
orizzonte che mai più basso si vide.
Lì, chino. Ricurvo e pianto.

E li fù.    Come gocce d’amore in un campo di grano. 
Le vene si strinsero, il sangue evaporò.  

Gabriele Marangoni composizione e testo
In collaborazione con il Conservatorio della Svizzera italiana

Dario Garegnani direttore
Tatiana Shapovalova pianoforte
Rina Fukuda percussioni
Sara Calvanelli, Ljubinka Kulisic fisarmoniche
Federica Napoletani, Ayumi Togo, Margit G.Fodor, Alice Rossi soprani
Luisa Castellani consulenza artistica

Valentina De’ Mathà  artwork

Promotori

Area Turismo ed Eventi
via Trevano 55
6900 Lugano
+41 (0)58 866 74 40
eventi@lugano.ch

gabrw

Gabriele Marangoni

La sua ricerca si basa sull'ammirazione della genesi e della vita di tutti quei fenomeni che si scontrano con la necessità di ascesa che sospinge la vita. Una fenomenologia che risiede in una dimensione universale che lega indissolubilmente uomo e natura. Effetti che influenzano e modificano uno stato originario, parte di uno sviluppo formato da delicate intimità e grandi energie.
Tutto ciò che siamo deriva dall'esplosione di una grande massa di energia, e noi siamo estremamente fragili.
Ottiene il Master in Advanced Studies in Contemporary Music Performance and Interpretation con la votazione di Eccelenza sotto la guida del Maestro Sergio Scappini presso il Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano, precedentemente si diploma in fisarmonica con il massimo dei voti presso il Conservatorio G.Verdi di Milano dove affronta anche gli studi di composizione con il M° Dario Maggi. Ottiene presso l’Università degli Studi di Torino la Laurea in Scienze e Tecnologie dell’Arte con il Prof. Ernesto Napolitano.
Ha frequentato presso il centro di ricerca musicale AGON di Milano, i corsi di informatica e composizione musicale con l’ausilio di tecnologie elettroniche.Dal 2004 è compositore e strumentista di Markus Zohner Theater Compagnie, compagnia teatrale di Lugano tra le più innovative a livello mondiale.Realizza e esegue le musiche delle produzioni “Hans Christian Andersen”, “KOSOVO:BLOOD:THEATRE:PROJECT, The Last Supper”, “Giulietta&Romeo&Juliet”, “DIOfemmina” Affianca l’attività concertistica con le performance teatrali esibendosi nelle principali città mondiali, tra cui: Milano, Lugano, Zurigo, Berna, Amsterdam, Monaco di Baviera, Berlino, Londra, Firenze, Dubai (Emirati Arabi), Lahore (Pakistan), Medellín (Colombia),Bogotà (Colombia) Roma, Torino, Pristina, Istanbul, Novgorod (Russia), Marrakech Parigi, Il Cairo, Vienna, Belgrado, Shangai. Ha fondato KUNSTZ E R O, movimento d’arte contemporanea con cui produce e realizza performance sperimentali. Scrive regolarmente musica contemporanea, perennemente alla ricerca. Le sue musiche sono state trasmesse dalla Televisione della Svizzera Italiana. Ha registrato in prima esecuzione assoluta presso gli studi Rai l’opera Mise in Abime di Yuval Avital. Per la Radio della Svizzera Italiana ha inciso le musiche del radiodramma Radio 2 di Samuel Beckett. Nel 2010 scrive il testo Della morte,della follia. per la produzione di 7 performance testuali seriali con musiche di K.Stockhausen ; sempre nel 2010 è stato impegnato in una tourneè in sud America in duo fisarmonica-violoncello con il musicista svizzero Dargo Raimondi.Collabora stabilmente con la scrittrice e regista teatrale Patrizia Barbuiani. Ha eseguito alL’Auditorium della Radio della Svizzera Italiana 
Vagabonde Blu per fisarmonica sola di Salvatore Sciarrino, collaborando con Sciarrino per la realizzazione di una 
propria chiave interpretativa della composizione.Nel 2011 ha realizzato FUFURUSUFU,concerto dell’assurdo per
fisarmonica sola, progetto sperimentale nel quale ha scritto le musiche ed arrangiato partiture di F.Donatoni,
K.Stockhausen,M.Kagel, J.Cage, G.Ligety. Nel 2011 gli viene commisionata la scrittura delle musiche di scena per la realizzione di “Giorni felici” di Samuel Beckett dalla compagnia Teatro X di Lugano. Tra gli ultimi progetti
la scrittura e l’esecuzione dal vivo delle musiche per il reading RESCALE, per la compagnia MoodMachine di Parigi e il progetto Birth(re)BoundBe - atto sonoro per fisarmonica, soprano, violino, viola, violoncello, contrabbasso, 2 tromboni, 2 percussionisti, direttore e crowd di 100 persone - realizzato per il Conservatorio di Lugano.
Per il 2012 è stato ingaggiato dal Teatro Nazionale di Pristhina per la realizzazione delle musiche di scena della nuova produzione ” You Madeleine You” che ha avuto la Prima Assoluta al VolksTheater di Vienna e per il progetto ONE FLEW OVER THE KOSOVO THEATER. E’ stata invitato dal Maestro Abbado a tenere un recital solistico di musica contemporanea alla Villa Reale di Milano, occasione nella quale ha eseguito la prima esecuzione assoluta di Variations I, versione per accordion solo di John Cage.
Collabora con Roland Italy nella diffusione e nell’insegnamento della fisarmonica V accordion.

Per ulteriori informazioni
pushkunst@gmail.com o al numero telefonico +39 393 4449928
www.gabrielemarangoni.tumblr.com
www.facebook.com/pushkunst
www.facebook.com/birthreboundbe
int.mob. +39 393 4449928
skype : gabrielemarangoni

Lino Strangis. Pensiero volante non identificato. Media Art in Rome
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Il 7 giugno alle ore 18:30 presso VISIVA- La città delle dell’immagine si inaugurerà la mostra Lino Strangis. Pensiero volante non identificato curata da Veronica D’Auria Valentino Catricalà e prodotta dalla società KAPPABIT S.r.l. (www.kappabit.com) e da C.A.R.M.A.-Centro d’Arti e Ricerche Multimediali Applicate (www.carmaweb.net).

La mostra, parte di un progetto omonimo ideato e realizzato dall’artistasi inserisce all’interno del più ampio contestoMedia Art in Rome (https://www.facebook.com/mediartinrome?fref=ts).

L’evento in questione sarà corredato anche da un catalogo omonimo edito dalla nuova collana CINEMA. Cinema & Media Art delle Edizioni Kappabit, con testi di Valentino Catricalà, Veronica D’Auria, lo storico dell’arte Piero Degiovanni e con un pensiero dell’esperto di arti elettroniche Marco Maria Gazzano.

Il progetto, basato sulla metafora del volo come nuova dimensione mentale, può essere definito un “concept show itinerante” – come lo definisce l’artista stesso –, il quale, inaugurato nella città di Lamezia Terme, luogo di nascita di Strangis, toccherà ora la città di Roma dove questi vive e lavora, per poi proseguire in diverse città italiane ed estere in un “tour modulare” di esposizioni/evento di volta in volta arricchite, differenziate e rimodulate a seconda dello spazio e del contesto.

La struttura del progetto si basa su un doppio intervento che intende presentare da una parte la prima antologica di opere audiovisive monocanale realizzate dall’autore tra il 2007 al 2014 (anch’essa di volta in volta arricchita e rimodulata) con le quali ha partecipato a numerose mostre e festival internazionali ottenendo importanti apprezzamenti nei 5 continenti, e dall’altra una installazione ambientale costituita da videoinstallazioni, video-sculture, stampe digitali, opere di suono e mixed media.

Strangis, oggi considerato da molti uno dei più rappresentativi artisti di ciò che si potrebbe chiamare la nuova videoarte italiana, ha sviluppato nel corso degli ultimi anni un linguaggio audiovisivo originale caratterizzato dall’attraversamento delle più diverse tecniche di composizione oggi esistenti in ambiente digitale ricercando commistioni e confluenze tra i codici “alla ricerca di un linguaggio ulteriore, elaborato tramite il computer interpretato come metamedium capace di intermediare tra arti visive, cinema e musica, praticando tra queste discipline nuove commistioni formali e semantiche nello stesso tempo”.

Perno stabile dell’installazione sarà il video omonimo del progetto, il quale sarà presentato a Roma nella sua terza e definitiva versione ufficiale, da questo e altri video Strangis ha estrapolato vari frame per realizzare dei quadri digitali caratterizzati dall’utilizzo di software di post-produzione video e animazione in 2 3D (i medesimi usati per la realizzazione delle opere audiovisive) oltre che, come afferma l’artista, un “laboratorio di opere derivate nel quale una volta intrecciatisi i vari linguaggi cerco di recupararne ancora una volta l’origine ri-avvicinando alcuni momenti del processo totale al loro stadio iniziale e riscoprendoli irrimediabilmente mutati.”

 Lino Strangis. Pensiero volante non identificato

dal 7 al 13 giugno 2014 – dal Lunedì al Venerdì  ore 11:00 – 19:00; Sabato e Domenica su appuntamento

VISIVA- La città delle dell’immagine

Via Assisi, 117, 00181 Roma

348 038 0883 – http://www.visiva.info/ – info@visiva.info

Interview to Marko Bolkovic artistic director of the videomapping Festival Visualia in Pula (Istria-Croatia)
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Visualia is without a doubt one of the best festival of digital art, light design and videomapping in Europe. It takes place in the Istrian city of Pula (Croatia) in May and his artistic director is MARKO BOLKOVIC,28 years old, lighting designer. The 2014 edition has exceeded all expectations. The organizers speak of ten thousand spectators. Opened with an interactive exhibition of digital artists and performers Adrien Mondot and Claire Bardainne, the festival lasted a long, evocative and unforgettable night.

The much anticipated event was the videomapping on cranes of the port, also called Lighting Giants who were the iconic image of the Festival. Dean Skira, the world-famous lighting designer, with the help of sponsors and workers of the Uljanik Shipyard, has illuminated the shipyard cranes, which are a characteristic symbol of Pula. Lighting Giants have a sophisticated remote control system of lighting and scenography, and can be illuminated with 16 thousand different colors. This second edition of the festival offered light exhibitions, 3D video mapping on historic buildings of the city, two light performances and light installations by Visualia group.

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Photo by Asja Vasiljev

The public was led to various “stations” where they had visual events and places bright led by LED DRUMMERS (UK). A crowd has come to the city from Piazza Porta Aurea, with the first 3D mapping on the Arch of the Sergi and a second mapping on the tower of the Cathedral. Awesome electrified the show (in the name of Tesla) Lords of Lightening (UK), for the first time in Croatia Poetic and full of charm the light installation of the Group Visualia & Igor Vasiljev at the Park Tito. Forms of colored lights in the continuity of space, like a futuristic sculpture.

Here is yhe interview to MARKO BOLKOVIC:

Could you tell us something about  your personal background in the field of the arts and of the technology?

Well, I started working/volunteering in a alternative theatre DR.INAT as a assistant light and sound technician when I was 13. After that I continue to focus on light design for theatre, and parallel with it I finished SAE Institute for Audio Engineering in Ljubljana. After my collage, I started working as a technical director for different theatre and new media festivals. In 2008. I founded association “Sonitus” which is organisation for audio visual arts. I started with workshops for recording and producing bands, and working electronic music.

Which are your experiences in the field of videomapping and why did you  focus your festival in this sector of the arts?

In 2012. we had a meeting in our organisation and started speaking about the new ideas and projects, and then started the idea for video mapping, since it was something that wasn’t so popular in Croatia. I started talking with a friend Jean Sambolec, who is an 3D artist, and Igor Brenko, the owner of rental company for video equipment Ara Electronic, and we decided to do a 3D mapping project. Since there wasn’t any budget for it, we decided to do the first 3D mapping for free, which we did in March 2013. We were preparing it for 6 months, with a lot of testing on the field and a lot of learning. After that, we were ready to organise the first Festival Visualia, festival of 3D mapping, light design and new technologies.

You are one of the winner of the IAM contexts: which was your project and when will you make it in Girona?

We were really exited when we found out about this project, so we apply and we passed, it was a really big honour. We will do a mapping on a nice old building in Girona, Jean will do the animation, and together we will do music and sound effects. We will finish the project by mid July, and it will be in Girona in start of October, we can’t wait.

Can you tell us  something about the story of the Festival Visualia and in particular this edition?

Well, last year was the first edition, and since the budget was really small, we did everything by ourselves, so there wasn’t any artist outside our group, but it was really interesting, we did 2 big 3D mapping, few smaller with students from our video mapping workshop, and one light performance. This year it was easier in a way since we partnered up with Tourism office of Pula and Archaeological Museum of Istria, and we are really grateful to them, especially to Tourism office of Pula and the director Sanja Cinkopan Korotaj who believed in us and helped us financially and logistically to do this years festival.

The whole idea of this years festival came for the other project of Tourism office which is “Lighting Giants”, the project made by Dean Skira, Uljanik Shipyard, and some sponsors like Arenaturist, Kamgrad,Uniline, Ministry of Tourism, and others. “Lighting Giants” is a project of lighting with LED technology 8 big cranes in our shipyard, and making a nice light performances with music and light, and that was perfect for Visualia. Besides that, we had an opportunity to bring beautiful exhibition of interactive installations from AMCB Company, LED Drummers “Spark!” and “Lords of lightning” from UK,  one new 3D video mapping from Jean and his colleague Anja Ladavac, and a light installation from our Visualia Group together with Igor Vasiljev. We also wanted to do a different kind of festival, so the idea was to walk people from one performance to another thru the old city, with all the street lights turned of, and all of the participants of the festival (audience) got a small LED finger light, so they were also a creative part of the festival. The biggest surprise was the number of people that came to the festival, since we expected around 1000-2000 people, and there was over 10 000 people, which was really overwhelming, but also a good pointer that people really need this kind of festival and arts.

The light and interactive installations were of great impact and technologically innovative; did you personally choose the works in the exhibition, the projects, the artists?

 Thanks to internet, this days it’s really easier to find a good performance thru youtube or vimeo. In this case, Jean found this exhibition of Adrien and Claire, he showed it to me, and then I started talking to Archaeological Museum of Istria and their director Darko Komšo, about bringing it to Pula, which wasn’t easy because of the money, but we finally did it, and we are really proud of it to bring such an exhibition to Pula.

 How do you organize the works, the selections, the location: have you got big staff?

 Basically, we are really small team, since we started from a small organisation, and this is the second edition of the festival. The creative team is mostly made from Jean, Manuel (our technical manager, and LED technologies enthusiast), and me, my wife Ivana is working on writing projects, Facebook, and that kinda things, our Visualia group for our other projects and experiments ( Mia, Saša, Linda, Daniel). Basically, somebody find some interesting performance on internet, or some DIY project that we would like to experiment with, and that we try to do that. We had a lot help from the stuff from the Tourism Office and Museum, but we hope we will expand our little team in next years.

Membrana-Workshop interattivo di Marcel.lí Antunez Roca dal 15 al 19 luglio
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MEMBRANA
 workshop transdisciplinare, multimedia, meccatrónico e interattivo di
 Marcel-lí Antúnez Roca
 Atelier della Luna | Montefiore Conca (Rimini)- Italia

Marcel-lí Antúnez Roca, fondatore della Fura dels Baus è considerato tra gli artisti più conosciuti per l’uso delle tecnologie digitali nel campo della performance meccatronica e dell’installazione artistica.
Il corso, prevede moduli di studio teorico e pratico attraverso la trentennale esperienza artística e performativa di Antúnez.
L’obiettivo del workshop è la trasmissione delle conoscenze ed esperienze per la costruzione di un atto performativo e interattivo con le tecnologie digitali.

CONTENUTI
 Modulo 1. Sistematurgia
Antúnez ha coniato il termine Sistematurgia, intesa come complessità delle relazioni tecnologiche agite da un performer in un inedito contesto scenico, attraverso una drammaturgia basata sull’integrazione con i sistemi digitali. Il modulo pone particolare attenzione agli aspetti teorici di questo processo attraverso una teoria performativa aperta. Il percorso sarà accompagnato dal materiale audiovisivo delle opere di Antúnez.
 Modulo 2. Laboratorio interattivo
Nel secondo modulo verranno affrontate due tematiche: la prima propone, attraverso esercizi pratici, alcune delle esperienze di “carattere cerimoniale” che Antúnez utilizza nelle sue opere; la seconda esplora la pratica della natura interattiva sulla scena e da questa come produrre video interattivi. Ogni partecipante utilizzerà il proprio laptop con programma di editing video (Premiere o el Final cut.) e video camera o dispositivi mobili.
 Modulo 3. Presentazione pubblica
Programmazione di video interattivi. Si utilizzeranno le applicazioni PIXMAP librería creata per la gestione interattiva del video con il programa Open Frameworks e l’applicazione IANNIX per il controllo delle variabili OSC, queste applicazioni sono disponibili per tutti i partecipanti del workshop. Il lavoro interattivo che ogni partecipante avrà prodotto, sarà parte di una unica performance pubblica, per questa si utilizzerà l’applicazione POL v4 creata dallo studio Marcel.lì Antúnez Roca – Barcelona.
Workshop destinato a: disegnatori grafici e digitali, studenti di Accademie d’arte, architettura, arte visuale, arte scenica e a persone interessate alle nuove tecnologie applicate all’arte.

CALENDARIO DI LAVORO 15/19 luglio 2104
Primo giorno.
Sistematurgia. La Trilogía de la Fura dels Baus 1984/88 (ACCIONS, SUZ/O/ SUZ & TIER MON). Teoría degli ambiti. L’ esempio di AFASIA (SATEL·LITS OBSCENS / AFASIA / AFALUD). Altra performances mecatrónicas EPIZOO, POL y TRANSPERMIA. La dimensione del disegno. Il progetto MEMBRANA episodi e satelliti PROTOMEMBRANA, HIPERMEMBRANA y METAMEMBRANA. DMD Europa… Pseudo e l’ installazione di Sistematurgia, Azioni, Dispositivi e disegni.
Secondo giorno.
Pratica ceremoniale. Registro. Interazione in scena. Piano di lavoro.
Terzo giorno.
Produzione di video e programmazione.
Quarto giorno.
Produzione video e programmazione. Prima prova.
Quinto giorno.
Prove e presentazione pubblica.

CURRICULUM – MARCEL.LÍ ANTÚNEZ ROCA
Riconosciuto internazionalmente come una delle figure più importanti per l’uso delle tecnologie digitali nel campo della performance meccatronica e dell’installazione artistica. In trent’anni di carriera artistica Marcel.li ha sviluppato un universo visivo assolutamente personale e iconoclasta. Antúnez ha coniato il termine sistematurgia, intesa come complessità delle relazioni tecnologiche agite da un performer in un inedito contesto scenico, attraverso una drammaturgia basata sull’integrazione con i sistemi digitali. Ha realizzato installazioni e performance in musei, gallerie, teatri e spazi non convenzionali in più di 40 paesi, tra i quali il Musée Europienne de la Photographie de la Ville de Paris, l’Institute of Contemporary Arts di Londra, il DAF Tokyo, il MACBA di Barcellona e il ZDB Lisbona.

Informazioni
Web: www.atelierdellaluna.com | Fb: Atelier della Luna
Lingua: italiano-spagnolo-inglese
Durata: 5 giorni, 15-19 luglio 2014
Orari: 10-13 / 15-18

Motus, LIWYĀTĀN. Presentazione dell’atelier a Lausanne.
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LIWYĀTĀN
di Enrico Casagrande e Daniela Nicolò (Motus)
Liberamente ispirato al « Leviatano » di Paul Auster
mercoledì 21 e giovedì 22 maggio 2014 h19   
 
Dove: Manufacture – Haute école de théâtre de Suisse romande (HETSR), Rue du Grand-Pré 5, 1007 Lausanne. www.hetsr.ch
 
 
« Scegliamo di lavorare su un romanzo tentacolare, complesso, denso di valenze filosofiche e politiche:
è da tempo che nel nostro percorso artistico non affrontavamo una narrazione – non esattamente lineare, stratificata, a rebus –  ma comunque una storia.
Ma come fare con un’opera del genere? L’idea è stata di trasformare il Leviathan in un racconto collettivo,
farlo deflagrare utilizzando tutti gli spazi possibili, interni ed esterni alla sala prove della Manufacture, usando vari registri linguistici, molti mezzi tecnologici, (hi e low-tech)…  
Intrecciare il teatro alla fiction cinematografica, al documentario, alla performance… Insomma creare un Mostro ! Come il Leviatano del resto è. 
Abbiamo scelto di mantenere l’etimologia ebraica per il titolo, che evoca dunque la creatura biblica, anche per questo… 
La concatenazione di casi, coincidenze, circostanze improbabili che affollano il romanzo di Auster,
costituisce un artificio che rievoca le trame complesse, le innumerevoli azioni che si intrecciano nella vita vera
e alle quali disperatamente proviamo ad attribuire un senso, un percorso, un movimento con inizio, svolgimento e fine. 
E che facciamo fatica a trovare. 
Ma con Auster i frammenti – attraverso coincidenze casuali – si combinano e creano altro senso e significato,
sempre in una cornice filosofica, con evidente intento allegorico. »
 Motus
 
Con Simon Bonvin, Mathias Brossard, Jérôme Chapuis, Cyprien Colombo, Marie Fontannaz,
Lola Giouse, Judith Goudal, Magali Heu, Lara Khattabi, Simon Labarrière,
Jonas Lambelet, Thomas Lonchampt, Emma Pluyaut-Biwer, Nastassja Tanner, Raphaël Vachoux
Drammaturgia Daniela Nicolò
Assistante alla regia Piera Bellato
Ambiente sonoro Enrico Casagrande
Tecnica Nicolas Berseth, Robin Dupuis, Ian Lecoultre, Theo Serez
SINLAB Andrew Sempere (Interactive video), Shih-Yuan Wang
Lo sviluppo tecnologico della ricerca è stato realizzato nell’ambito della residenza di Motus al SINLAB, in dialogo con l’equipe del laboratorio di design e new media dell’EPFL.
E’ sostenuto da Fonds national suisse pour la recherche scientifique (FNS) e  associato a la Manufacture (HETSR),
l’Ecole polytechnique fédérale de Lausanne (EPFL), l’Université des arts de Zurich (ZhdK), de Munich et de Beijing en Chine.

 

New Technological Art Award 2014, an international art competition of the Liedts-Meesen. Dead line March 31st 2014
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Call For Entries – New Technological Art Award of the Liedts-Meesen Foundation (Ghent, Belgium)
Call For Entries starts on December 1st, 2013
Deadline for the submission of entries: March 31st, 2014
Exhibition: November 8th to 23rd, 2014. 

Zebrastraat: knowledge centre
During the last few years, Zebrastraat Ghent has developed into a stimulating knowledge centre with a strong interest in art. Every two years, Update/ the New Technological Art Award (NTAA) tries to fill a gap in the mainstream art world by paying attention to the technological developments which impel our global culture.

NTAA selects and presents creations in which culture-forming technology plays a central role. Whether low or high tech, or intuitive or experimental, these creations always make us attentive to the innovative trends of our times. The exhibition of achievements of the selected winners is a compass that orients you to the relevant and innovative use of technology in the artistic sector.

A new section consists of the selection, by specialists from various sectors, of key works from the art world, from scientific discoveries or from innovative breakthroughs that have significantly changed our living and thinking habits. These objects or concepts form the basis for a separate presentation and perception, while interacting with the works of the winners of the NTAA.

Colloquium ‘Immortal’
Following the exhibition Update_4 in Zebrastraat in Ghent, the art school La Cambre and iMAL in Brussels, a colloquium was organized around the theme ‘immortal’ in art. Museum directors, restaurateurs, philosophers, artists and scientists reflected on the physical and symbolic survival of artworks and more specifically computer-related or technological art. It is clear that the traditional paradigms concerning preservation and conservation are under pressure. This raises new questions about what can and should be preserved. Through the realization of ‘scores’, which act as a guide, it becomes possible to reproduce an artwork, and consequently the concept of authen­ticity gets a new interpretation. the results of this three day colloquium are published online with text and moving images.

 

GLOW Festival 2014. Videomapping open call
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The GLOWFestival is an annual festival dedicated to a particular form of augmented reality: the Videomapping and is curated by Primitivi Digitali Association andgloWArp Studio. First edition was made with Magmart Festival of Naples. From 2014 comes to life with his second stand-alone edition and starts from the town of Ostuni (Italy). The GLOWFestival aims to enhance the majority of indoor cultural heritage and make it possible for anyone to be fascinated by this technique. is a tribute to the light and its artistic implications. It will be a traveling festival and will be hosted in archaeological sites, in museums, in churches and in all the municipalities sensitive to the promotion of cultural heritage with innovative techniques and cutting edge.

 

Create four minutes of a project using the technique of video mapping on a free theme which will be screened on Church of St. Vito Martire, home of Museum of Civiltà Preclassiche della Murgia Meridionale. The aim is to draw attention to and promote the work through a technique of contemporary art. GLOWFestival is open to artists from all over the world. Participating is free.

 By submitting the registration form, the artist accepts all the rules. The jury’s verdict is incontestable. All sent materials will not be return, and will be stored in theGLOWFestival’s archive like as documentation. Sending the participation form, the artist fully accepts the present rules. The Jury verdict is incontestable. The artist accept that his videos will be broadcasted online and offline, on the site of GLOWFestival and become part of archive, and can be screened in the same place in another part of year, with exclusion of any commercial use.

 Still-frame from videos can be freely used for the GLOWFestival communication, mentioning title and author of artwork. All rights on videos remain property of author. The author asserts, under his/her own liability, the complete right of use on used material (images, sounds, videos) and that compose the artwork; the author completely undertakes the liability for any breach of copyright laws. The omission, or the incorrect filling, of one or more parts of form itself, will involve the exclusion of video by selection of Jury. It is strictly forbidden to embed any real or fictitious advertisements in the work either openly or indirectly, i.e. it is forbidden to feature any product, brand, name, logo or recognizable image, or text, etc., and/or any mark or symbol suggesting whose work it is. Entries that do not meet these requirements will be rejected automatically. The language for submission of applications is in English. Please read the rules carefully before sending the job.

 °° Videos that do not meet the constraints imposed by the mapping file and the technical requirements will be rejected automatically without communication to the author °°

 DEADLINE

Only the videos received within 12 am (Time of Rome) of 10th April 2014 will be accepted. We cannot accept any entries submitted after the deadline.

THEME

Theme is free as long as you create a visual story that has coherence and meaning. No random effects (especially collapses). GLOWFestival will support the most innovative proposals which introduce different ideas, that have never seen before.

 RESULTS

The day of 12th April on the official website will be published the final list of selected works which will be screened during the events planned for 19th and 21th at Church of St. Vito Martire in Ostuni, Italy. On the evening of 19th April, the jury will select the three winners that will be announced the next evening. We have prizes for top 3 and critics prize:

1# Resolume VJ Software / Arena Boxed Version – one license;

2# Millumin – one license;

3# Resolume VJ Software / Avenue Boxed Version – one license;

Critic’s Prize: CoGe & Vezér – one license to software;

SURFACE PROJECTION

 Altar of the Church of San Vito Martire in Ostuni, Italy.

http://www.glowfestival.it/

 

 

Digital Art in Finland (Suomi)
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Uno sguardo all‘arte digitale in Finlandia, il secondo paese al mondo situato più a Nord, confinante con la Norvegia, con la Svezia e con la Russia, e la cui superficie sta per un quarto della sua estensione al di sopra del Circolo Polare Artico.

Recentemente è la meta preferita di molti artisti e docenti anche italiani per le ideali condizioni di studio, di residenza e di produzione artistica, e in generale la mobilità Erasmus di studenti e docenti di Accademie e Università verso questo Paese Europeo sta aumentando sempre di più negli ultimi anni. La Finlandia è ricercata anche per le molte strutture specializzate in media arts come CARTES -Center of Art and Technology Espoo (che organizza anche un Festival di arte elettronica finlandese, Cartes flux) e in Information Technology come la Tampere University of Technology, l’università finlandese con il più alto numero di exchange students e ricercatori di nazionalità straniera, oltre alla Aalto University, la Kuvataideakatemial’Università di Arte e Design di Helsinki e il Jyvaskyla Polytechnic. Senza con questo dimenticare uno dei festival più interessanti del panorama Europeo performativo, l‘International Theatre Festival Baltic Circle. Chissà se arriveremo mai al modello finlandese di Università pubblica a capitale statale, dove gli studenti non devono pagare le tasse, hanno sussidi e dove si investe riccamente in ricerca….

E’ possibile avere una panoramica della videoarte e della media art che viene realizzata in Finlandia consultando il date base on line ideato dall’associazione no profit AV-arkki nel 1989 per distribuire e dare visibilità ad oltre 170 artisti finlandesi. Si può vedere anche il sito di m-cult, network di associazioni per la valorizzazione della media art finlandese.

Il Museo d’Arte contemporanea KIASMA, inaugurato nel 1998, è  un’architettura singolare di cinque piani nel cuore di Helsinki diretto da una donna, Pirkko Siitari; all’interno viene dato ampio spazio di esposizione a giovani artisti finlandesi, e molte sono le sale dedicate ai nuovi linguaggi, videoarte e arte interattiva.

Marianne Decoster-Taivalkoski

Dopo gli studi in cinema, si è specializzata in Nuovi Media al MA- Medialab dell’Università di Arte e Design di Helsinki dove attualmente insegna Sound and Media. Ha partecipato ad Ars Electronica e Interferenze-Naturalis Electronica edizione 2006. Mi ha mostrato il suo primo lavoro di interactive sound system dal titolo Aquatic (2003).

In questo lavoro sono evidenti i richiami a David Rokeby e alla serie dei suoi Very Nervous System (1983-1995)come è noto, l’opera di Rokeby, una delle più chiarificatrici della relazione tra spettatore e sistema informatico, è costituita da un dispositivo che collega una telecamera che registra i movimenti, un computer, un sintetizzatore e un sound system nel quale lo spettatore è invitato a improvvisare dei movimenti che il sistema trasforma in suoni in un ciclo continuo di stimoli e di risposte.

Anche Aquatic spinge l’utente a giocare con il sistema e a trovare un proprio equilibrio armonico, attraverso il coordinamento dei propri movimenti che generano suoni e musica in tempo reale. I movimenti associati al nuotare e all’immergersi catturati da una webcam nascosta, generano dunque, sonorità marine preregistrate: risacche, sciabordii, gorgoglii. Marianne Decoster ha usato il software VNS di David Rokeby per la cattura del movimento tramite un sensore ottico-video e Max Msp per regolare l’interazione tra i movimenti del corpo ed i suoni associati.

Così Marianne spiega le ragioni del suo lavoro: “Ho cominciato a lavorare sin da subito alla creazione di esperienze multisensoriali in ambienti sonori interattivi. Sono installazioni, spazi vuoti ma sensibili e reattivi al movimento del visitatore. L’ambiente interattivo è progettato in tempo reale dallo stesso visitatore e ogni volta è differente. Io cerco una corrispondenza tra il valore espressivo dei movimenti e la qualità fisica e semantica degli eventi sonori. Il ruolo più importante lo affido all’immaginazione del visitatore, per giocare con sensazioni sinestetiche e immagini sonore, e per costruire un senso di immersione in un ambiente sonoro immaginario”.

E ancora: “Lavoro con i suoni per usare un’estetica poetica che attinga relazioni dai vari campi di percezione. Il mio scopo è stimolare i visitatori/ascoltatori a produrre immagini mentali. Attraverso questa estetica e attraverso la struttura dell’interazione sono invitati ad adottare un’attitudine ludica e creativa. Mi piace lavorare con un approccio sperimentale, testando cioè direzioni differenti del mio lavoro, facendo evolvere progetti per molti anni. Il feedback che mi arriva dai partecipanti alle installazioni per esempio, e l’osservare il loro comportamento, mi aiuta a fare delle scelte nuove e a prendere delle decisioni circa l’interazione e il modo di progettare la forma interattiva sonora. Sto attualmente esplorando gli aspetti performativi di questa installazione.

Quando ho cominciato a sviluppare il concept di Aquatic l’ho immaginato applicato a un contesto urbano, in un ambiente, cioè, con un movimento di persone di diverse provenienze: ho pensato a un terminal del Porto di Helsinki. I diversi eventi sonori che compongono l’ambiente di Aquatic si riferiscono semanticamente ai movimenti prodotti in diversi contesti acquatici: acque calme, anche che scorrono – il fluttuare delle onde- e infine il mare in tempesta. Tutti questi eventi sonori però non appaiono contemporaneamente. Aquatic è uno spazio vuoto pronto da essere riempito, attraversato o esplorato. Parlando di strutture spaziali di Aquatic preferisco parlare di spazio sensibile, che è l’area coperta dai sensori e spazio avvolgente che è tutta l’area fisica che circonda i partecipanti e che è parte dell’installazione”.

Ulf LANGHEINRICH
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Three works are presented at the Biennale Musiques en scène in Lyons, France:

 > LAND IV (2008-2014) - 3D stereoscopic installation
> MUSIC I (2005-2014) - 3D stereoscopic installation

5 March – 20 April 2014
Musée d’Art Contemporain de Lyon
as part of the exhibition “Listen Profoundly”

Milton Feldman / Ulf Langheinrich / Heiner Goebbels

Commissioned by the Liverpool Biennial 2008LAND is a new stage in Ulf Langheinrich‘s exploration into sensory immersive environments, at the core of his recent artistic research into the nature of digital illusion.
The latest version LAND IV is presented for the first time in Lyons.

MUSIC I was filmed in 2005 during a tour with Ballet Preljocaj in Africa. In this work, the images perform like a musical score. This is also a world premiere.

> MOVEMENT C (2012) - performance with Maureen Law

25 – 26 March 2014
Maison de la danse de Lyon

When experiencing MOVEMENT C, each viewer is at first preoccupied with the dancer, but eventually loses this awareness.

No aspect of this work is designed to be spectacular, even it can strongly be. Rather, the intention is to cause a subtle sense of drift in the viewer’s perception and to act as a seductive attraction by means of aesthetic clarity, tranquility and depth.

VIA festival-Art and Technology
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For almost 30 years, VIA festival has been mixing shows and exhibitions with art and technologies. The festival’s next edition will take place between Maubeuge (France) & Mons (Belgium) from March 13th to 23rd 2014. 25 installations will explore MICRO / MACRO worlds, as usual scales are disrupted by the digital world. This teaser gives a tantalizing glimpse at the festival program:

Exhibition featuring:

PHILIPPE DECOUFLÉ : HEXABOITE / MEUBLES OPTIQUES / LA GROSSE TÊTE / KRONOFOTO
ANTI VJ : 3DESTRUCT
HEATHER DEWEY-HAGBORG : STRANGER VISIONS
IKEUCHI HIROTO : DESK TURNED DIORAMA
TOM KOK & BRITT HATZIUS : MICRO EVENTS
ALAIN JOSSEAU : AL-THANIYAH DISTRICT (COLLATERAL MURDER) / COORDONNEES : 33° 18’48.524’’ N, 4°30’43.17’’ E
RYOICHI KUROKAWA : OSCILLATING CONTINUUM
CHARLOTTE LEOUZON : MICRO MACRO (sélection de films)
BRENNA MURPHY : CRÉATION
CARSTEN NICOLAI : AOYAMA SPACES
BERND OPPL : FLOCK / DELAY ROOM
BORIS PETROVSKY : DAS VERGERÄT
ANNE ROQUIGNY : 111oOzOo111 (sélection d’œuvres du web)
CANDAS SISMAN : MAKROMIKRO / CYCL
KRIS VERDONCK : MONSTER
TERREFORM ONE : BIO CITY MAP OF 11 BILLION

Photo titre © Adrien Mondot.

VIA festival
March 13 to 23, 2014.

www.lemanege.com

Call for video works: INVIDEO (Milano)
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Sono aperte le iscrizioni a INVIDEO – 24° Mostra internazionale di video e cinema oltre (Milano, 29 ottobre – 3 novembre 2014), riservata a opere di videoarte e cinema sperimentale prodotte tra il 2012 e il 2014, senza limiti di durata.

E per i giovani registi la possibilità di partecipare al Premio Under 35!

VAI AL BANDO

VAI ALLA SCHEDA DI ISCRIZIONE

Deadline: 31 maggio 2014

Per ulteriori informazioni scrivi a: info@mostrainvideo.com

Questa e-mail viene inviata a tutti gli iscritti alla newsletter di A.I.A.C.E. nel rispetto dell’articolo 13 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 – Codice della Privacy. Se non vuoi più riceverla per favore clicca qui.

 

A.I.A.C.E. c/o Fabbrica del Vapore. Via Procaccini, 4. 20154 Milano – Italy

Tel.: +39.02.76115394. Fax.: +39.02.7528119. E-mail: info@mostrainvideo.com.

www.mostrainvideo.com

Inaugura dal 20 febbraio il progetto AREAVIDEO by MASBEDO
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Si chiama AREAVIDEO ed è un progetto ideato dal duo di videomaker MASBEDO per promuovere l’attività di artisti video, emergenti e affermati. E’ pensato come luogo fisico e come piattaforma che crea comunicazione, offre spazi di visibilità, diffonde e mette in rete gruppi, contesti, ambiti di lavoro per contrastare -si legge nel comunicato- l’arida e superata idea di arte in Italia.

AREAVIDEO è una associazione che fa capo al curatore LUCA BRADAMANTE. Tra gli obiettivi dichiarati, c’è l’organizzazione di seminari, festival, incontri e la produzione di opere d’arte. E’ possibile iscriversi all’associazione sostenendo in questo modo, l’attività di AREAVIDEO. Un’occasione imperdibile per

La prima artista che esporrà dall’imbrunire a mezzanotte del 20 febbraio all’interno di AREAVIDEO è la giovane fotografa e videomaker svizzera ESTHER MATHIS in via Gentilino 6 a Milano

Info Luca Bradamante at +39.349.1200724

 areavideo.assculturale@gmail.org

www.masbedo.org

 

English versions:

AreaVideo is a video art project.

AreaVideo is a container, offering space and visibility to the language of contemporaneity.

AreaVideo is a response to the outdated and provincial idea of art in Italy, according to which video is not accepted as a visual art language.

AreaVideo is a political act: by investing their personal resources, the founders are in fact replacing the institutions, denouncing their inaction, immobility and myopia in the field of artistic research.

AreaVideo is open to video artists of any generation and any origin.

AreaVideo is a space with a shop window facing the street, a movie theater open to anyone who walks by. The program begins at dusk and ends at midnight.

The creators are MASBEDO, video artists, and Luca Bradamante, curator.

AreaVideo supports video art:

– by displaying videos of established and emerging artists;

– by raising funds for the production of new videos;

– by constituting itself as a very specialized production house;

– by promoting contests and events (festivals, conferences, seminars, screenings in cinemas and other places);

– by producing works of art in limited edition;

– by developing a network of contacts and professionals.

AreaVideo is a not-for-profit company, it is a collective project that aims to involve in its developing process artists, professionals and public. With a little or more substantial contribution it is possible to join the company to support the activities of AreaVideo.

Subscribers will get a personal card, will always be informed about all the initiatives, will receive promotional material. Furthermore, based on the membership fee, members will receive for free a limited edition work of art.

AreaVideo is in via Gentilino nr. 6 in Milan.

For information and to join, please write to:

areavideo.ass.culturale@gmail.com

or call Luca Bradamante at +39.349.1200724

 

Visible White-concorso fotografico e di video arte. Scadenza 28 FEBBRAIO 2014
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C’è tempo fino al 28 febbraio per aderire a Visible White, il concorso internazionale per fotografi e videoartisti realizzato da Celeste Network e la Fondazione Studio Marangoni: in palio 3.000 euro di premi. Il tema di quest’anno è You see me. Personal Identities in the Digital Age e vuole indagare le nuove derive del ritratto contemporaneo d’artista, portato quotidianamente a confrontarsi con lo scenario visivo e a differenziarsi dal ritratto amatoriale. “Che valore ha oggi il ritratto fotografico d’artista nell’epoca del digitale e dei social network in cui tutti diventano ritrattisti fai-da-te?”

http://www.premioceleste.it/temayouseemevisiblewhiteopere2014/

Le opere devono essere presentate aderendo online entro il 28 febbraio e devono essere elaborate sulla base del tema proposto dai curatori Paul di Felice e Marinella Paderni.
I fotografi e i video artisti possono candidare un’opera singola (20 €) o un progetto (45 €): quest’ultimo può contenere fino a 10 opere in fotografia e/o video e deve essere corredato da uno statement. Venti opere finaliste saranno selezionate da un comitato ed esporranno i propri lavori presso la Fondazione Studio Marangoni a Firenze dal 16 maggio al 16 giugno 2014. Il comitato di selezione è composto da:
– Jim Casper, LensCulture, Parigi, Francia
– Clare Grafik, Head of exhibitions, Photographers Gallery, Londra, UK
– Hripsime Visser, Curator of Photography presso lo Stedelijk Museum, Paesi Bassi
– Bas Vroege, Director of Paradox, Amsterdam, Paesi Bassi

Leggi attentamente il Bando:
http://www.premioceleste.it/bandoyouseemevisiblewhiteopere2014/
Per partecipare si deve essere iscritti a Celeste Network (iscrizione gratuita):
http://www.premioceleste.it/ita_auth_login/

Per maggiori informazioni: info@premioceleste.it
Tel e fax: +39 05771521988

Le macchine della visione nel teatro di Robert Lepage. Andersen Project
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Pubblicato su "The scenographer" .
Il canadese Robert Lepage (Québec city, 1957) è uno dei più acclamati registi e intepreti del teatro contemporaneo. Insieme con lo stage designer Carl Fillon e con lo staff tecnico della sua equipe multimediale Ex machina, con sede a Québec city presso un’antica caserma dei pompieri, ha progettato e dato vita ad alcuni tra i più emblematici esempi di uso drammaturgico della tecnica e di integrazione del video in scena. Da Les aiguilles et l’opium a The sevens streams of the river Ota a La face cachée de la lune al recente Andersen project, spettacolo “solo” commissionato dalla Fondazione Andersen per il bicentenario della nascita dello scrittore danese presentato con lo stesso Lepage unico interprete a RomaEuropa Festival.

 

ANDERSEN PROJECT

La trama.

 Il protagonista è FREDERIC LAPOINT, paroliere di cantanti rock di successo, un albino di Montréal in crisi sentimentale e temporaneamente separato dalla moglie, a cui viene commissionato da parte dell’Opéra Garnier di Parigi la riscrittura della favola La driade di Andersen. E’ la storia di una ninfa abitante dentro la cavità di un albero che rinuncia all’immortalità per visitare per un giorno Parigi. Chi lo ha chiamato intende produrre, infatti un’opera in musica per ragazzi. L’altro protagonista è il manager francese che deve organizzare l’evento; impegnatissimo e sempre intento in lunghe telefonate, ha un’ossessione per il sesso che soddisfa frequentando un locale a luci rosse gestito da un graffitista marocchino, Rashid. Entra in scena anche Hans Christian Andersen in persona, con la sua passione per i viaggi e il suo amore non consumato per Jenny Lind. Lo spettacolo ricorda, oltre alla Driade, anche un’altra favola di Andersen, L’ombra. Tutti i personaggi, interpretati dall’eclettico Lepage, convivono con un’ombra che ne rivela la personalità interiore, le aspirazioni ideali ma anche gli obiettivi materiali e le deviazioni sessuali. Un’ombra che se lasciata libera, come nel racconto di Andersen, può portare alla rovina. Frederic arriva a Parigi pieno di speranze ma rimarrà deluso, il manager è abbandonato dalla moglie, mentre Rashid gira libero per i metro a disegnare con lo spray.

 

La scena come un bulbo oculare.

Per Andersen Project Lepage e il giovane  Le Bourdier alla prima prova di stage design teatrale, ma già collaboratore di Ex machina per lo scenario cinematografico di La face cachée de la lune, inventano una struttura scenica molto originale, guardando alla scenotecnica barocca e mostrando come si possa arrivare alla stessa illusione percettiva della realtà virtuale usando mezzi artigianali ed effetti ottici. Per lo spettacolo Lepage crea una scena avente diversi livelli di profondità e di azione (come già aveva sperimentato in The seven streams of the river Ota) e soprattutto per evocare un’epoca come quella di fine Ottocento, ricca di scoperte tecniche e scientifiche, cerca di ricreare teatralmente l’effetto di stupore e meraviglia prodotto nel pubblico dai nuovi dispositivi ottici. La scena è organizzata in profondità, con diverse aree di azione corrispondenti ad altrettanti meccanismi scenici all’interno di una cornice che permette di nascondere i “trucchi” (le macchine e i binari) nel sottopalco e a lato palco. Più arretrato è più imponente, uno spazio cubico prospettico praticabile, un  “panorama” (chiamato dai tecnici appunto, “the landscape”) rivestito di una speciale stoffa che grazie a un sistema pneumatico, può aderire all’interno della parete o gonfiarsi verso l’esterno deformando l’immagine proiettata frontalmente sulla sua superficie che sembra così un guscio o un bulbo oculare. La magia di questa tecnica permette un’artigianale ed efficace integrazione di corpo e immagine (grazie a un leggero rialzamento centrale della struttura), restituendo l’illusione di profondità, ovvero un falso 3D, con un’invisibile e repentina transizione da uno stato all’altro (concavità-convessità); il movimento di arretramento e avanzamento dell’intero panorama su binari, inoltre, fornisce  alla scena un’ulteriore aggiunta di profondità di campo. Il concetto di tridimensionalità come è noto, ha a che fare con la stereoscopia: abbiamo due occhi e percepiamo la tridimensionalità delle cose. Vediamo un’immagine unica ma un occhio vede diversamente dall’altro. In fondo la realtà virtuale si basa su questa percezione tridimensionale., riuscendo a far vedere ai due occhi due immagini diverse. La prospettiva qui, come già intuiva la trattativa e la pratica scenica del Seicento “perde il suo carattere illusionistico e si avvia a diventare lo strumento di identificazione tra spazio reale e spazio scenico” (F.Marotti).

La genesi dell’opera: Hans Christian= Robert?

Su stessa ammissione di Robert Lepage, Andersen Project rappresenta una “summa” di tutti i sui lavori, non solo dei cosiddetti one-man show. Vi ritroviamo infatti, i temi della solitudine, dell’abbandono, dell’incomunicabilità, della sessualità inappagata e della tensione romantica verso un amore o una fama che non si realizza, già presenti in Les aiguilles et l’opium, Vinci, La face cachée de la lune, Elsinore; ma riconosciamo anche la figura dell’artista indipendente, libero dagli imperativi del mercato dell’arte, già presente in Vinci e Busker’s opera; e le soluzioni visive e tecnosceniche già usate in The seven streams of the river Ota. Ritorna la biografia dell’artista illustre come in Vinci (Leonardo), La casa azul (Frida Kalho/Diego Rivera) e Les aiguilles et l’opium (Jean Cocteau e Miles Davis) di fronte alla cui storia il personaggio contemporaneo si rispecchia. L’artista danese, principe della letteratura per bambini, è così visibile in controluce attraverso la vita di personaggi d’oggi che si trovano di fronte a scelte personali in parte simili, ma cento anni dopo. La figura centrale diventa una specie di modello davanti al quale i personaggi (per lo più artisti visivi) amano confrontarsi e interrogarsi: Leonardo da Vinci (incarnazione dell’unione di arte e tecnica) e Jean Cocteau (sublime esempio di ecclettismo artistico) sono tra le presenze topiche della scena di Lepage, anche in forma di citazioni iconografiche o testuali dalle loro opere[1].

Il tema scenografico dello specchio (o dei personaggi-specchio) è una costante quasi ossessiva degli spettacoli di Lepage e secondo il critico James Bunzli introdurrebbe un inequivocabile elemento autobiografico: il personaggio e i suoi molteplici doppi, non sarebbero altro che lo stesso Lepage, il quale parlerebbe di sé specchiandosi letteralmente nelle loro angosce morali, nelle loro crisi d’amore, di solitudine, nei loro dubbi sull’arte e sulla vita[2].

In Andersen project Lepage scopre in effetti, un’affinità inimmaginabile con lo scrittore danese Andersen, riferita soprattutto all’identico amore per i viaggi e al tema dell’ossessione sessuale. The Life of a Storyteller di Jackie Wullschlager e i diari si rivelarono al momento della commissione da parte della Fondazione Andersen davvero illuminanti. Svelarono infatti lati inediti della vita dell’artista ottocentesco; ed è proprio intorno a questi aspetti che lo spettacolo fa perno: la doppia vita che si nasconderebbe dietro il romanticismo di Hans Christian Andersen che non si volle mai sposare con la sua amata Jenny Lind:

 “In the Romantic era men would write passionate letters to each other, yet it didn’t mean they wanted to sleep together; Andersen’s romanticism, though, went over the top and he wrote open love letters to a lot of young men. He also had great passions for a few women, although they were women he was pretty sure it would be impossible to love – Jenny Lind, for example, one of the great Swedish sopranos, whose touring schedule made a relationship out of the question. It was discovering that this man best known for writing children’s stories had a double life, a strange, troubled personal history, that made me agree to do a show about him”.

 Come ricorda lo stesso Lepage, sono molti i  punti in comune tra la sua personalità e Andersen, oltre l’ossessione sessuale: alcune inquietudini della propria infanzia, la questione della lingua – da sempre tema sotterraneo dei suoi spettacoli, fortemente connesso con le aspre vicende politiche del separatismo franco-canadese- e la ricerca di un riconoscimento internazionale dei propri lavori:

 “It’s hard to talk about what Andersen and I have in common without sounding pretentious, but there’s a lot about him that I identify with – not least his insatiable sexual desire and constant mood of sensuousness. The difference between us is that I have a very intense sexual life and he never did. There is a connection between sexuality and creativity, and one of the themes in The Andersen Project is to do with the imaginative and sexual development of children. Reading fairytales to children expands their imaginations. As they grow older, they replace their bedtime stories with masturbation and sexual fantasy. I always worried that I was a sex maniac because I thought about sex all the time, but actually it’s part of the imaginative process. If you’re a storyteller and spend your time imagining things, your sexual imagination is likely to be just as vivid. Perhaps Andersen’s sexual uncertainty reflects his difficult childhood.

It’s no coincidence that it was Andersen who wrote The Ugly Duckling, a metaphor for the awkwardness of childhood and the blossoming of adulthood. I can identify with this, too: where Andersen was tall and ungainly, I had alopecia. Both of us experienced how cruel children can be. That can be tough, but being put through the mill very young can also be an advantage because you don’t see the world in the same way. Another thing that connects us is the need to travel. A lot of artists in the 19th century felt that they had to travel outside their own country to be recognised. But Andersen felt he had more reason than most. First, he wrote in Danish, a language that, for a lot of people in Europe, was like speaking backwards. Second, he wrote for children, so he wasn’t taken     seriously. To be recognised, he had to go Germany and France to mingle among the great writers of the day. He’d come back to Denmark with all of that recognition. If you are a Quebecois artist, as I am, you feel the same impulse. Even an English-Canadian feels he has to be approved by London, Paris or New York. But Andersen sometimes did things for the wrong reasons – just like the   heroes in his stories”.

Il motivo della sessualità repressa volontariamente o vissuta conflittualmente sarebbe il nucleo dello spettacolo:

 “My first idea for The Andersen  Project was to do with masturbation. The theme came about not in a sleazy, crass way, but as a way of trying to understand Andersen. I don’t want to shock – I just want to show Andersen’s lucid vision of the human condition. And the theme makes extra sense because a solo show is the most solitary form of performance and masturbation is the most solitary form of sex!”.

 Ogni spettacolo “solo” di Lepage ha a che fare con la solitudine del personaggio. Solitudine che si mostra nel dolore e nella ricerca di una via di uscita attraverso l’altro o l’autoanalisi. Da Vinci a Les Plaques tectoniques il personaggio subisce nel corso della pièce una vera trasformazione, esteriore e interiore, grazie a un salvifico rispecchiamento con l’altro-da sé. Il tema comune a tutti gli spettacoli è proprio quello del vedersi dentro, del guardarsi come non ci siamo mai visti, del capire le angosce che ci assillano e le contraddizioni della nostra vita per superarle. Il motivo di partenza è sempre una rottura, di natura affettiva, psicologica o morale; il dramma sociale – ricordava Victor Turner – inizia da una perdita[3]: il dramma, letto in senso rituale e antropologico, è infatti secondo Turner, “un’unità di processo anarmonico o disarmonico che nasce in situazioni di conflitto” . In Dal rito al teatro e in Antropologia della performance, Turner espone il tema del dramma sociale, che ha luogo quando nell’ambito della vita quotidiana di una comunità si crea una frattura nelle tradizionali norme del vivere che genera un’opposizione, la quale a sua volta si trasforma in conflitto. Questo, per essere risolto, necessita di una rivisitazione critica dei particolari aspetti dell’assetto socio-culturale fino ad allora legittimato. Una rottura inaugura, quindi, il “social drama”, la crisi apre il momento della “fase drammaturgica”.

Tutti gli spettacoli “solo” di Lepage iniziano da una mancanza, uno squilibrio, (l’hamartia greca), da un lutto (in Vinci Philippe è spinto all’idea del viaggio dalla morte per suicidio dell’amico Marc; in La face cachée de la lune i due protagonisti si incontrano in occasione della morte della loro madre; in Les aiguilles et l’opium il protagonista vive l’angoscia dell’abbandono da parte del suo amore), da un delitto (Polygraphe), da una crisi matrimoniale (Andersen’s project); in alcuni casi tale dramma sarebbe rivelatore di episodi autobiografici estremi e dolorosi. La face cachée de la lune è stato ideato all’indomani della morte della stessa madre del regista associata, scenicamente, all’immagine della luna, simbolo del femminile in tutte le tradizioni. Elseneur è stato ispirato, prima ancora che dall’Amleto di Shakespeare, dalla morte del padre.

Tra Romanticismo e Modernità: il trionfo della tecnica

La Driade  fu scritta in occasione della visita di Andersen all’Expo di Parigi del 1867, anno della morte di Baudelaire il quale aveva dedicato proprio alla modernità il saggio Il pittore della vita moderna. All’Expo del 1867 furono presentate importanti novità tecniche e perfezionamenti di strumentazioni ottiche e meccaniche già brevettate, tra cui un gran numero di viste fotografiche stereoscopiche.

Il contrasto tra i personaggi dello spettacolo è esattamente quello tra il Romaticismo e il Modernismo. Come ricorda Lepage:

“L’Esposizione Universale del 1867 è la fine del Romanticismo parigino e l’inizio del Modernismo. E nel modernismo Andersen vede racconti di fate, macchine incredibili, un mondo maschile, un universo realista, matematico, fondato su cose molto concrete…Mi rimproverano il Romanticismo sia nella mia vita privata sia in quella professionale. Ma questi sono temi che tornano spesso nei miei spettacoli, il fatto che individui romantici si trovino in un mondo molto concreto dove c’è poco spazio per la poesia, per l’eccesso, per le passioni”. Se volessimo trovare un’ulteriore affinità tra Andersen e Lepage in nome dell’identica fascinazione per la tecnica, dovremmo ricordare che anche Montréal, regione natale di Lepage, ospitò nel 1969 un’Expo internazionale dove tra gli altri, lo scenografo cecoslovacco Josef Svoboda propose il polyécran, la multiproiezione per il Padigione della Cecoslovacchia.

Le costanti del suo Teatro: la macchina della visione

Andersen Project ha tutte le caratteristiche di un’opera teatrale che sembra compiacersi ad autocitarsi; questo ci permette di verificare le varianti del teatro di Lepage, contenute però sempre all’interno di poche costanti poetiche e stilistiche. Il tema che meglio identifica in generale il lavoro di Lepage è proprio la macchina, nella duplice accezione di apparato scenografico e attore: all’interno di questa macchina, produttrice di immagini video e filmiche e di una metamorfosi continua della scena, l’attore è un fondamentale ingranaggio. La scena integra  immagini e meccanismi di movimento in un unico dispositivo teatrale in cui l’uomo è ancora al centro della ricerca; il teatro in una prospettiva multimediale può così tornare ad essere laboratorio di sperimentazione antropologica e di cultura integrale, dove arte e tecnica ritrovano la loro comune etimologia. Un esempio di macchina drammaturgica è The Seven Streams of the River Ota: nell’arco di 50 anni si intersecano storie diverse che partono dall’epoca della bomba su Hiroschima per arrivare al 1995 e ritornare ancora indietro al 1945, in uno svolgimento non lineare del racconto. Durante questo mezzo secolo si intrecciano a più riprese storie di persone che hanno vissuto direttamente o indirettamente la tragedia di Hiroshima. Questa drammaturgia “a incastri” trova corrispondenza in una struttura a schermi multistrati dove si vanno ad incrostare le immagini della memoria, letteralmente rappresentata dalla luce del flash della fotocamera usata del protagonista, un fotografo americano incaricato di documentare i danni alla popolazione e alle architetture. Il legame tra le azioni e le immagini retroproiettate o moltiplicate all’infinto da specchi e l’integrazione del dispositivo video in scena è evidentemente la caratteristica dello spettacolo, in una felice soluzione visiva che trasporta idealmente in uno spazio-tempo dove i confini tra spirituale e materiale, naturale e artificiale sono scomparsi a vantaggio di una nuova umanità che partecipa della Storia e la cui memoria è affidata al bagaglio di immagini tragiche e violente ma sui cui si ha sempre la possibilità di “riscriverci” sopra, di dar loro un senso attuale, qui e ora. Ricorda a questo proposito Béatrice Picon-Vallin che il vero tema è appunto, il “trattamento della memoria” di cui le macchine stesse usate in scena, che modificano l’immagine di partenza, sono emblema.[4]

La macchina scenica e attoriale è straordinariamente visualizzata in Elsinore dove l’unico attore impersona tutti gli altri personaggi della tragedia grazie unicamente a una scena metamorfica, mobile e dinamica, e alla luce (soluzione scenica che ricorda gli screen di Gordon Craig).

La macchina scenica è presente come protagonista anche in La face cachèe de la lune: con musiche originali di Laurie Anderson, lo spettacolo di Lepage, miglior produzione canadese del 2001,  prende spunto dall’invio nello spazio delle navicelle sovietiche e americane. L’esplorazione della luna (fino a Galileo “specchio della terra”, come si racconta nel Prologo) è la metafora di cui si serve Lepage per parlare di un’altra ricerca, quella dello spazio interiore, intimo e privato: è la storia di due fratelli, uno  metereologo, l’altro venditore di abbonamenti da sempre attratto dal tema delle esplorazioni extraterrestri. Separati da diversi stili di vita e caratteri (anglofoni e francofoni?), si incontrano nuovamente dopo che viene loro a mancare la madre. La luna e la madre, con il relativo armamentario mitico e simbolico, sono i due temi centrali dello spettacolo che si intersecano continuamente. Lepage inventa un fondale metallico di color grigio scuro che occupa tutta la larghezza del palco e che nasconde al suo interno ambienti tra loro separati da pannelli che scorrono silenziosi su binari; sulla sua parete vengono proiettate immagini tratte dai documentari sull’esplorazione della Luna e filmini in Super8 della vita del personaggio. Le ante scorrevoli fanno intravedere oggetti e ambienti sempre diversi: armadio, ascensore, stanze. Questo fondale ha anche una corrispondente quarta parete “fisica”: un enorme specchio che si sviluppa per tutta la lunghezza del palco, dotato di un movimento rotatorio che lo trasforma sia in oggetto di scena sia in soffitto riflettente, restituendo agli spettatori, nel finale dello spettacolo, l’impressione di un corpo duplicato impegnato in una danza quasi in assenza di gravità.

Dunque la tecnologia a teatro, quale appare in tutta la sua evidenza proprio in La face cachée de la lune, introduce un oxymoron davvero inatteso: è “arcaica”, imperfetta e pericolosa. Il montaggio dello spettacolo richiede tre giorni e una squadra di quattordici persone. I congegni impiegati, più che sofisticate soluzioni hi-tech, ricordano i meccanismi (i cosiddetti ingegni) del teatro rinascimentale, epoca dell’invenzione della mobilità della scena, i cui apparati erano un vero connubio di meraviglia e ars mechanica .Nello spettacolo di Lepage, vero trionfo del concetto antico di techne[5], è come se ci fosse un altro spettacolo dietro lo spettacolo: tecnici e ingegneri del suono e della luce, ma anche numerosi “manovratori”, danno vita, dietro alla scena e in diretta, a questa artigianale e funzionale macchina teatrale, maneggiandola con destrezza; in un attimo  invisibili servi di scena spostano a mano i pannelli piazzando l’armamentario scenografico e tirando i proiettori con funi. La macchina scenica lepagiana mutua i suoi movimenti dall’uomo, da cui spesso prende in prestito il sembiante e il carattere mutevole; è come una creatura vivente, in movimento dinamico, e il soggetto che la abita ne è fondamentale articolazione. In fondo, seguendo la metafora cara a Leonardo, l’uomo stesso è una macchina, l’uccello è una macchina, l’edificio è una macchina, l’intero universo è una macchina.

Telefono-Casa

I personaggi delle storie di Lepage comunicano la propria solitudine, o si autoanalizzano, o ancora cercano un conforto al telefono, dentro una cabina, per trattenere il proprio amore che li ha lasciati oppure vengono a scoprire verità drammatiche. Il riferimento è indubbiamente alla piece telefonica di Jean Cocteau, La voce umana.

In Les aiguilles et l’opium il protagonista cerca di mettersi in contatto da Parigi con il proprio amante che sta in America ma tutto quello che ottiene è un dialogo a tre con la centralinista  anglofona e quella francofona e un’incomprensione linguistica generale. Nella scena finale dello spettacolo l’attore volteggia appeso con un cavo posto sopra l’arcoscenico risucchiato dentro le immagini proiettate delle opere di Duchamp e di Cocteau con un telefono sempre in mano mentre ascoltiamo lo squillare a vuoto inframmezzarsi alle note della Gymnopedia di Satie. In La face cachée de la lune uno dei due fratelli vende abbonamenti di un giornale per telefono; la sua voce viene riconosciuta casualmente da un’amica che gli rivela che la madre non ha avuto un’embolia ma si è lasciata morire.

Questi dialoghi implicano talvolta, la presenza di una cabina del telefono: in Busker’opera appaiono due cabine ravvicinatissime ma i personaggi sono geograficamente lontani nella finzione drammaturgica. I dettagli del volto della protagonista vengono ripresi da una telecamera e proiettati su un grande schermo, che in questo modo televisivizza la vicenda personale facendole assumere i contorni, falsi e ripetitivi, di una  soap opera.

Per il Secret world tour, il tour musical di Peter Gabriel, Lepage crea delle scenografie straordinarie grazie all’uso del video live. Ancora una volta si impone la presenza di una cabina telefonica (la tipica cabina rossa all’inglese) per il brano Come close to me. La situazione scenica immaginata da Lepage è significativa: Gabriel e la vocalist sono posti agli estremi di una lunga e stretta pedana uniti da un cavo telefonico/cordone ombelicale e tengono in mano una cornetta. Per tutto il brano i due cercano di uscire dalla cabina, di avvicinarsi o di allontanarsi tirando il filo del telefono. In Andersen Project il dialogo telefonico ritorna in numerose occasioni: Frederic chiama a casa perché ha nostalgia e lo coglie un presentimento di abbandono. Il manager mentre attende la figlia nell’atrio della scuola, chiama lo psicoanalista per parlargli della sua attuale situazione familiare. La moglie infatti, l’ha lasciato (per telefono…).

Teatro come composizione di immagini-corpo

La solitudine del personaggio è spezzata da dialoghi con se stesso o con altri personaggi attraverso il video, oppure il gioco di scambi è con la propria ombra.

In tutti i casi il problema è quello di creare una integrazione scenica tra immagine e corpo. Per ogni spettacolo Lepage elabora una diversa forma per questo dialogo che privilegi sempre però, l’artigianalità del supporto scenografico di proiezione e offra una magica illusione grazie alla capacità dell’attore di creare un ponte tra tridimensionalità fisica e bidimensionalità elettronica. Le tecnologie dell’immagine si coniugano perfettamente con il concetto di “macchineria” del suo teatro. In Elsinore Amleto posto dentro il varco del dispositivo rotante, ha due webcam ai due lati opposti: girandosi da una parte e dall’altra offre alternativamente il proprio profilo, destro o sinistro, alla camera che lo ritrasmette in diretta sulle due pareti laterali; è il momento dell’incontro con Rosencratz e Guilderstein che non possono comparire essendo uno spettacolo per un solo attore. L’uso delle immagini in diretta da una webcam in alcuni momenti richiama una possibile interpretazione del video come specchio: pensiamo alla confessione privata/pubblica dell’artista Frederic/Robert nel prologo di Andersen project attraverso la web cam, o al toccante dialogo via video, del principe di Danimarca con Orazio, che si rivela così il suo alter ego, il suo specchio, l’altra faccia dello stesso Amleto.

Ne Les aiguilles et l’opium il gioco è tra oggetti proiettati da una lavagna luminosa, il corpo e l’ombra. Lo spazio dell’azione si moltiplica, considerando anche il luogo retrostante lo schermo e quello che si va a creare in diretta dentro lo schermo stesso attraverso le proiezioni e le incrostazioni di immagini e ombra. Ne The seven streams of the river Ota la macchineria diventa un sistema di schermi su cui vanno a proiettarsi e retroproiettarsi immagini video e ombre, creando un’artigianale e performativa composizione di immagine in stretta relazione con i personaggi reali.

Ne La face cachée de la lune i pannelli grigi disposti su binari che attraversano la lunghezza del palco permettono una proiezione di immagini preregistrate ma anche live provenienti sia dalla parte frontale che dalla parte retrostante la scena grazie a webcam. In questo spettacolo, infatti il luogo dell’azione è nella zona frontale visibile e contemporaneamente nella parte nascosta attraversata dal protagonista dal foro della lavatrice-oblò-luna-utero. Il movimento rallentato delle immagini serve a  ricordare quello degli astronauti a gravità zero. L’esplorazione lunare diventa metafora di una scoperta interiore.

In Andersen project  Rashid disegna con lo spray sui muri. Il grafittista aggiunge alcuni elementi osceni al ritratto in posa dello scrittore danese Andersen che emerge dal bianco del panorama. In realtà tutta la situazione grafica è composta in diretta dal tecnico attraverso un sistema di fotoritocco o di scopertura di immagine preesistente, sistema che Lepage aveva già utilizzato in The seven streams of the river Ota, quando il soldato americano a Hiroschima si dedicava a pitturare pin up sulle carlinghe degli aerei. L’immagine era un fermo fotogramma su cui venivano a sovrapporsi tracce di colori e disegni. E un attimo dopo gli aerei spiccavano il volo.

Ancora in Andersen project: il personaggio è posizionato dentro il panorama, letteralmente risucchiato dentro un’immagine di un imponente scalone in marmo realizzato in grafica 3D. Lepage attore compie un paio di movimenti che simulano una salita per le scale, e mentre sembra salire, cambia anche la visuale generale sull’ambiente. L’interazione è però finta: è l’attore a stare dietro ai movimenti dell’immagine generata al computer, poiché egli non può averne alcun controllo reale e diretto (come accadrebbe invece se gli fossero applicati sensori di captazione del movimento). Il panorama progettato da Lepage in questo caso, ricorda da vicino le Perspective di Andrea Pozzo (1693), quelle del Bibbiena, e per rimanere nel Novecento, le imponenti fotografie a “panorami” di spiagge e di giardini dai colori cangianti di Massimo Vitali dalla centralissima e geometrica prospettiva.

 

 


[1] In Elsinore ricorre l’immagine dell’uomo vitruviano di Leonardo; in Polygraphe oltre che in Les aiguilles et l’opium, compaiono citazioni da film di Cocteau. Vedi A.M.Monteverdi, Il teatro di R. Lepage, Pisa, BFS, 2004.

[2] J. Bunzli, Autobiography in the house of mirrors: the paradox of identity reflected in the solo shows of Robert Lepage, in J. Donohoe, J. Koustas (a cura di), Théâtre sans frontiers, The Michigan State University Press, Lansing Michigan, 2001

[3] V. Turner, Antropologia della performance, Bologna, Il Mulino, 1993, p. 149.

[4] B. Picon-Vallin, Hybridation spatiale, registres de présence in Id (a cura di) Les écrans sur la scène, Lausanne, l’Age d’Homme, 1998, p. 26.

[5] Techne era il nome con cui nell’antichità si designava, come è noto, sia l’attività dell’artigiano che gli artisti (che erano appunto, technites).

Be a part of a new movement in DEVART-Art with Code. Call for project
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DevArt is a new type of art. It is made with code, by developers that push the possibilities of creativity and technology. They use technology as the canvas and code as the raw materials to create innovative, engaging digital art installations.

DevArt is the opportunity to open their creative process, share their art with the world and be a part of a new movement in art. HERE THE LINK

Google, with the Barbican in London, will commission a developer to create a new digital art installation alongside some of the world’s best interactive artists at the Digital Revolution exhibition: the biggest and most comprehensive exploration of digital creativity ever to be staged in the UK. From there, the exhibition will then go on tour to cities around the world.

Be a part of a new movement in art, push the artistic possibilities of code, and earn a commission from Google, with the Barbican in London, and see your digital art installation featured alongside some of the world’s best interactive artists at the Digital Revolution exhibition.

The winning creative coder will receive a budget of £25K, Google Developer support as well as curational and production support from the Barbican to help realise their concept into a digital art installation.

The Top 10 Finalists will have the opportunity to meet the DevArt judging panel during a Google+ Hangout, along with a ‘DevArt Finalist’ award for their site.

So, if you are a creative coder – either solo or a duo – we are inviting you to submit a project that pushes the artistic and the technical possibilities of code.

Masbedo firma la prima copertina video del Corriere della Sera_La lettura
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Si intitola THE WORKERS l’ultima opera video del duo MASBEDO, acronimo dal nome dello spezzino Jacopo Bedogni  e Nicolò Masazza ed è la prima copertina multimediale per l’inserto LA LETTURA del Corriere della Sera.

Masbedo_The-Workers_foto1-150x150

http://video.corriere.it/the-workers/d8c8b288-8a90-11e3-aecc-b2fa07970b97

Un’opera intensa e senza interpreti in carne ed ossa, girato come già Glima, Kreppa Babies, Teorema di Incompletezza e Ash, in Islanda. Due tute da operai collocate dietro un furgoncino, svuotate di corpi, quindi senza contenuto, sono in balia dell’aria che viene soffiata dentro. Sullo sfondo, i monti innevati e desolanti dell’Islanda. Dura meno di tre minuti e come per altre opere di Masbedo per il MAxxi di Roma o per la Biennale di Venezia, raccontano una storia senza parole, nell’evidenza di una metafora precisa e dura. Il significato lo spiegano proprio gli autori: è l’immagine degli artisti nella precarietà degli eventi, nel dramma di trovarsi in una condizione di instabilità permanente.

Al centro dell’umanesimo tecnologico dei Masbedo tematiche universali, drammi esistenziali: atmosfere cupe e avverse avvolgono uomo e donna in eterno conflitto. Come Amleti irrequieti, vaganti nel vuoto pneumatico di una condizione tragica, evocata nella sua abissalità da una camera iperbarica o da interminabili silenzi, i protagonisti vivono distillandosi l’ossigeno per una rinascita, o almeno, per una via di fuga. Le ambientazioni dei video dei Masbedo (Schegge d’incanto in fondo al dubbioTogliendo tempesta al mare, Distante un padre) grondano potenti metafore esistenziali: le vette impervie e le cime innevate del Monte Bianco, le grandi profondità marine, il mare in tempesta della Francia del Nord, il paesaggio glaciale e vulcanico dell’Islanda non sono altro che potenti e drammatiche istantanee interiori, un veritiero e scomodo specchio dell’anima; dentro questo panorama desolato un uomo e una donna nella solitudine più sfrenata ma anche nella resistenza più accanita, sono intenti in quella lotta quotidiana nel “gran mare dell’essere” (come scriveva Giacomo Leopardi).

Per un approfondimento vedi qua